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Ricuciture di materiali preesistent

Rientra a pieno titolo nei procedimenti di testualizzazione e/o scrittura- lizzazione la tendenza ad amplifi care le narrazioni e i resoconti visionari con materiali di diversa provenienza e, come tali, circolanti in maniera autonoma; questi appaiono inglobati e riconfi gurati all’interno di una diversa narrazione grazie a espedienti di ricucitura di varia natura (il rife-

rimento a un personaggio o a un evento rispetto ai quali sono noti e dispo- nibili resoconti e narrazioni ulteriori, o il richiamo a tematiche e problemi aff rontati anche altrove) e li ritroviamo, di conseguenza, come parte inte- grante delle singole opere nella successiva scritturalizzazione evidenziata dalla trasmissione manoscritta. Che questi materiali possano essere noti anche per vie di trasmissione autonome mette in luce come la successi- va ricucitura in una diff erente narrazione non abbia sempre e comunque implicato la scomparsa del testo o della composizione testuale nelle sue forme preesistenti.

La presenza della fi gura di Noè nei primi capitoli del Libro dei vigilanti (soprattutto in 1 Enoc, 6-11) ha portato numerosi studiosi a intravedere nell’attuale testo la presenza di un Libro di Noè oggi perduto nella sua interezza, e di cui, però, si sono conservati alcuni frammenti nella biblio- teca di Qumran (tq, pp. 432-5); l’esistenza di questo libro è peraltro con- fermata dalle citazioni esplicitamente identifi cate come tali in Giubilei 10,13 e 21,10 (nelle quali appare tra l’altro evidente che la connessione tra i libri attribuiti, rispettivamente, a Enoc e a Noè era già nota a chi ha mes- so insieme il successivo testo) e nella versione del Testamento di Levi del manoscritto della Genizah del Cairo (v. 57 dell’aggiunta a Testamento di

Levi, 18,2 = aat ii, p. 537). Frammenti o excerpta forse riconducibili allo

stesso libro di Noè, o a narrazioni in vario modo connesse alla sua fi gura, si trovano anche in 1 Enoc: cfr. 54-55,2; 60; 65-69, 25; 106-107 (cfr. García Martínez, 1992, pp. 1-44).

Le coincidenze tra 1 Enoc, 9,1-4 e 1Q19, fr. 2 (cfr. tq, p. 432) lasciano pensare che il Libro di Noè attestato a Qumran trattasse del peccato ange- lico primordiale, ma questo non prova in maniera defi nitiva una dipen- denza del Libro dei vigilanti dal Libro di Noè, dato che è ugualmente ipo- tizzabile una dipendenza inversa, nonostante il manoscritto qumranico sia databile, su base paleografi ca, all’inizio del i secolo d.C.

Il fr. 3 di 1Q19 (cfr. ibid.) sembra trattare della nascita di Noè, e mostra talune coincidenze con 1 Enoc, 106-107, la cosiddetta Apocalisse noachica (= aat i, pp. 249-52), di cui esiste anche una versione latina molto più breve ( James, 1893, pp. 146-50); questa sezione di 1 Enoc racconta i prodigi che hanno accompagnato la nascita di Noè e le questioni sorte intorno a questo evento, che costringono il padre Lamec a consultare direttamente Enoc per cercare di conoscere la vera identità del fi glio. Enoc spiega che la bellezza quasi sovrumana del bambino non deriva dal suo essere stato generato da un angelo che ha deciso di abbandonare il cielo per unirsi ses-

sualmente alle donne, ma è diretta conseguenza di ciò a cui egli è desti- nato. Il testo continua sottolineando come il diluvio non sarà suffi ciente a estirpare il male sulla terra, male che è stato introdotto proprio dagli angeli che hanno commesso il peccato sessuale con le donne. Dopo il di- luvio, le cose andranno peggio di prima, fi nché non verrà una generazione che coinciderà con l’eliminazione del male che ha contaminato il mondo proprio in seguito all’atto di ribellione angelica. In questo caso, è interes- sante notare come la ricucitura di un racconto autonomo, almeno stando a quanto documentato dal frammento latino (sempre ammesso che questo sia riconducibile a un testo non facente parte di 1 Enoc), sia già attestata nei frammenti qumranici (cfr. tq, p. 419) e nel testo greco trasmesso da P. Chester Beatty, xii (cfr. Stuckenbruck, 2007, p. 615).

Parti che possono essere ritenute vicine a un perduto Libro di Noè si trovano anche nel Libro delle parabole. 1 Enoc, 54,7-55,2 è una sezione in- clusa nella terza parabola che compone lo scritto, il cui argomento prin- cipale riguarda la narrazione della beatitudine degli eletti e la descrizione degli elementi cosmici. Il racconto prende le mosse da una descrizione delle dimore celesti, per poi proseguire con la menzione del diluvio ai tem- pi di Noè, ed è proprio a questo punto che troviamo una digressione che potrebbe avere coinvolto materiale presente anche nel precedente Libro

di Noè (cfr. Chialà, 1997, pp. 236-8). Il riferimento esplicito, in 54,6, ai

«ministri di Satana», che hanno indotto in errore gli abitanti della terra, evoca la conseguenza più ovvia di quella trasgressione, stando almeno a quanto narrato in Gen 5-7, il diluvio. Per mezzo di questo atto, Dio ha cer- cato di porre rimedio all’ingresso del male nel mondo, ma ben presto ha dovuto arrendersi all’evidenza. Secondo il Libro delle parabole è necessario seguire un’altra via per eliminare il male dal mondo, e questa sarà appunto rappresentata dal giudizio fi nale, che condannerà defi nitivamente la vera causa che ha sovvertito l’ordine creato, gli angeli peccatori. Il diluvio e il giudizio, in questo quadro, sono speculari: entrambi mirano a estirpare il peccato dal mondo, ma solo il secondo raggiungerà pienamente il suo scopo. A ciò si unisca che il diluvio, proprio per la sua funzione purifi ca- trice, appare come una sorta di prefi gurazione e anticipazione del giudizio fi nale.

1 Enoc, 60,1-10 sembra costituire un ulteriore frammento riconduci-

bile a questo perduto Libro di Noè (cfr. ivi, pp. 245-52). Si tratta anche qui di un passaggio inerente al diluvio e, più precisamente, alle fasi che lo precedono. Rispetto a quanto descritto in 54,7-55,2, che qui si tratti

di una ricucitura di materiale tradizionale lo si evince abbastanza chiara- mente dai tentativi, piuttosto malriusciti, di adattarne il contenuto alla struttura generale del Libro delle parabole. È possibile ipotizzare una so- stituzione maldestra del personaggio che parla, non più Noè ma Enoc, e ciò emerge abbastanza chiaramente da 60,8, dove, accennando al giardino dell’Eden, Enoc aff erma che lì fu collocato il suo antenato, «il settimo dopo Adamo». Stando alla cronologia biblica, il settimo dopo Adamo è proprio Enoc e poiché colui che parla si dichiara suo discendente deve necessariamente trattarsi di Noè, che tra i posteri di Enoc è sicuramente quello più noto.

L’ipotesi di una sostituzione del nome di Noè con quello di Enoc già nell’incipit della sezione (60,1) solleva, però, ulteriori questioni. Il testo etiopico si presenta più o meno così: «Nell’anno cinquecento […] del- la vita di Enoc, vidi questa similitudine»; secondo la tradizione, Enoc sarebbe vissuto “solo” 365 anni (cfr. Gen 5,23), mentre Noè, proprio al compimento dei suoi 500 anni, avrebbe generato Sem, Cam e Iafet (cfr. Gen 5,32); ma l’idea di una completa sostituzione del nome nell’esordio del discorso signifi cherebbe che Noè stesso può parlare di sé in terza perso- na («Nell’anno cinquecento […] della vita di Noè, [io Noè] vidi»). Forse è più corretto ritenere, come d’altronde fa Sabino Chialà (ivi, pp. 245-6), che a una frase più vaga del tipo «Nell’anno cinquecento […] della vita, io», si sia sostituita una in cui viene esplicitata più chiaramente l’identità del protagonista della visione.

Anche 1 Enoc, 65,1-69,25 sembra riprendere elementi tratti da materia- le noachico circolante sotto altra forma; come già in precedenza, il testo lo riassembla per fornire ulteriori elementi in merito al diluvio. Questa specifi ca sezione del Libro delle parabole è una descrizione dell’agitazione precedente il diluvio che culminerà, nei capitoli successivi, nella costru- zione dell’arca. La ricucitura tradizionale, in questo brano, è soprattutto evidente nell’incipit, dove al soggetto in prima persona subentra quello espresso con la terza, specifi cando che chi parla è proprio Noè (cfr. 65,1-3). Se nell’ambito di un vero e proprio Libro di Noè tale specifi cazione doveva essere tutto sommato superfl ua, qui si rende necessaria proprio per non sovrapporre la fi gura di Enoc e il contenuto del discorso di Noè. La tradi- zione manoscritta, non a caso, presenta talune oscillazioni tra la prima e la terza persona, volte probabilmente a conciliare le due parti (ivi, p. 123, nota 178). In questo caso, comunque, la ripresa di materiale circolante al- trove e sotto altra veste si deve forse anche alla funzione che lo stesso Enoc

doveva svolgere in esso, evidentemente assimilabile a quella di chi, per le particolari conoscenze di cui è stato investito direttamente dall’alto, è in grado di spiegare e svelare ciò che appare incomprensibile e invisibile agli altri esseri umani.

La cosiddetta Appendice di Melchisedec

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