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La Torah e le sue rifrazioni temporal

Rispetto alle rivelazioni ricondotte alla paternità enochica, quelle che hanno come protagonisti patriarchi e profeti successivi pongono ulteriori problemi rispetto alle dinamiche temporali presupposte ed esplicitate nei testi, soprattutto per quanto concerne le interrelazioni tra il passato pseu- depigrafi co e i vari presenti a cui esso viene di volta in volta riferito.

Nell’Apocalisse di Abramo, le vicende connesse alla conversione di Abramo, presenti già in Gen 12 e 15, rappresentano l’ossatura fondamen- tale della prima parte del racconto (cfr. 1-8). Abramo si rende conto dell’i- nutilità degli idoli fabbricati dal padre Terah e invoca il vero Dio. Non appena Abramo si è allontanato dalla sua casa, Dio gli ordina (9-16) di compiere un sacrifi cio sul monte santo e, di fronte al suo turbamento, gli viene inviato in soccorso l’arcangelo Jahoel (il cui nome è dato dall’unione dei due nomi di Dio, Jhwh ed El), che accompagna Abramo fi no al monte Horeb e lo istruisce sul sacrifi cio. Il demonio Azazel (il nome riprende quello del capo degli angeli trasgressori di 1 Enoc, 6-16), rappresentato come uccello rapace (cfr. anche Gen 15,11), tenta di dissuadere Abramo dall’off rire il sacrifi cio, ma Jahoel ordina al serpente di allontanarsi inse- gnando al patriarca le parole per esorcizzarlo.

Dopo il sacrifi cio, il testo mostra il viaggio di Abramo fi no al settimo cielo, dove contempla il trono divino. Da qui il patriarca vede i cieli infe- riori e la storia dell’umanità (fi no alla fi ne dei tempi), rappresentata come un grande quadro con i gentili alla sinistra di Jhwh e Israele alla sua destra (Apocalisse di Abramo, 17-31). Abramo vede anche Adamo ed Eva che, in- dotti da Azazel, mangiano del frutto dell’albero della vite. È il momento in cui viene svelato il quadro degli ultimi tempi: i pagani attaccano Geru- salemme da quattro entrate, la distruggono e bruciano il tempio. Abramo chiede fi no a quando durerà questo scempio, e la risposta è che questo avrà termine quando si compirà la «quarta entrata» (la «quarta gene- razione» di Gen 15,16), che durerà 100 anni. Quando sarà trascorso un certo periodo, verrà uno che sarà adorato da un certo numero di gentili e di Giudei e dallo stesso Azazel; a questo punto arriverà fi nalmente, grazie ai Giudei fedeli, il giudizio divino sui pagani e sugli empi (29). Dopo la descrizione della condanna infl itta agli infedeli, Abramo torna sulla terra, dove Jhwh gli annuncia l’invio di un suo eletto, che riunirà i Giudei op- pressi dai gentili e condannerà i secondi al fuoco eterno (31).

L’attribuzione di un resoconto visionario a un personaggio come Abra- mo, chiaramente identifi cato nella prima parte dello scritto come uno che proviene da un culto falso, permette di enfatizzare l’idea che il peccato di Israele di essersi volto ad altre divinità è la causa principale delle sciagu- re presenti, sciagure che culminano nella distruzione del tempio da par- te degli stranieri (un’allusione alla distruzione del tempio del 70 d.C. per mano dei Romani, per cui una forma più o meno defi nitiva dell’Apocalisse

l’opera annuncia la vittoria sugli infedeli e la riunione in cielo, mentre gli empi subiscono il castigo nel fuoco eterno. L’avvento degli ultimi tempi è ripartito in due fasi: la prima riguarda la vittoria dei Giudei fedeli, che si vendicheranno dei nemici, i gentili, e daranno inizio a un nuovo culto; la seconda concerne la venuta di un inviato di Jhwh che sarà adorato anche da quelli che il testo rappresenta come gentili, dai Giudei e dallo stesso Azazel (29,3-8).

Nel Testamento di Mosè troviamo descritti l’esilio causato dai peccati di Giuda, il ritorno dopo la conversione degli Israeliti e una nuova ondata di trasgressioni, questa volta commesse da sacerdoti e capi del popolo, a cui segue la venuta di un re empio di stirpe non sacerdotale (forse un’allusio- ne a Erode il Grande), che li giudicherà come meritano. Ma un altro re, venuto da occidente, vincerà i fi gli del re precedente, e si assisterà allora a una ricerca di purità rituale fi ne a sé stessa, a cui seguirà un secondo castigo portato da un ulteriore sovrano che obbligherà gli Israeliti a bestemmia- re. A questo punto si solleverà una reazione a difesa della vera osservanza della legge, a opera di un uomo della tribù di Levi, di nome Taxo (7-9), e quindi giungerà il regno di Dio. Il racconto prosegue preannunciando la morte prossima e la sepoltura di Mosè, per interrompersi con le parole di consolazione che il patriarca rivolge a Giosuè, la fi gura a cui già all’inizio dello scritto è affi dato il compito di ascoltare e preservare il resoconto del patriarca.

Rispetto ai testi legati alla fi gura di Enoc – il cui fi lo rosso è chiaramen- te costituito dalle vicende anti e postdiluviane e dal peccato angelico pri- mordiale – nell’Apocalisse di Abramo e nel Testamento di Mosè gli elementi che favoriscono la ricreazione di una dimensione temporale “a specchi”, in cui il presente si rifl ette in un passato che a sua volta si rifrange nel futuro ultimo, sono dati proprio dal ruolo che la Torah, o la corretta messa in pratica di talune norme rituali, assume nei materiali tradizionali legati a questi personaggi. Stando, ad esempio, a quanto riportato nel Testamento

di Mosè, Mosè era già presente nei disegni eterni di Jhwh come mediatore

dell’alleanza stabilita nei libri (cfr. 1,14-18 = aat iv, pp. 211-2), per cui la sua missione riguarda tutto il corso della storia e il mondo intero, «fi no al giorno del castigo, quando il Signore avrà riguardo […] nel compimento della fi ne dei giorni» (1,18 = ivi, p. 212).

Il Testamento di Levi ruota, come appare evidente, attorno alla fi gura di Levi, uno degli eponimi della stirpe sacerdotale (cfr. Nm 3,1-51). Il te- sto esalta il sacerdozio come unico canale di interpretazione corretta della

Torah, ma al tempo stesso si pone in netta contrapposizione a un sacerdo- zio ritenuto indegno o comunque incapace di comprendere la vera dimen- sione delle norme contenute nella Torah.

Il racconto delle vicende biografi che di Levi nel testamento a lui attri- buito appare tutto incentrato sulla riprovazione per il ratto di Dina (cfr. Gen 34,25-31; cfr. Testamento di Levi, 1,1-2,2; 6,3-7,4; 9,1-7; 10,5; 11; 12), ma su questo motivo si innestano veri e propri resoconti visionari (2,3- 5,7 e 8,1-19), che culminano in un discorso profetico su un particolare presente. Nonostante lo scritto si presenti come una «copia delle parole di Levi» (1,1 = aat ii, p. 382), e dunque come un vero e proprio testa- mento tramandato ai propri fi gli, secondo il quale «avrebbero dovuto comportarsi» (ibid.), il preambolo non ricusa il riferimento a un futuro che costoro dovranno vivere, «fi no al giorno del giudizio». Nelle visioni che seguono, Levi è prima nominato sacerdote per sempre, per essere poi rivestito degli ornamenti sacerdotali e unto con l’olio. Pur esortando alla conoscenza e all’insegnamento della legge, egli predice il compimento delle 70 settimane di cui ha parlato Daniele (Dn 9,22-27)6, che si concre- tizza nelle mancanze dei sacerdoti contro il tempio, prospettando anche la venuta futura di un nuovo sacerdote che, agendo come un vero e pro- prio re, darà inizio al mondo futuro.

Nella parte fi nale del testo, i fi gli di Levi sono chiaramente identifi cati in tutti i sacerdoti che verranno dopo, rispecchiando una valutazione del sacerdozio molto ampia che, almeno idealmente, identifi ca tutti gli ap- partenenti a Israele come veri e propri sacerdoti (cfr. Testamento di Levi, 14,1-8 = ivi, pp. 395-6); proprio questo sembra essere il presupposto fonda- mentale della polemica contro quei sacerdoti che “rapinano” il Signore e che insegnano «le Leggi del Signore per avidità» (14,5-6 = ibid.). In una fase non chiaramente identifi cabile della storia, che precede evidentemen- te quella fi nale, il tempio sarà contaminato da sacerdoti che si sono inor- gogliti in virtù del fatto di essere sacerdoti di Jhwh (14,7-15,4 = ivi, p. 396), per cui la punizione che si abbatterà su di essi è chiaro sintomo della loro trasgressione della Torah. Ritroviamo, proprio in questo quadro, il riferi- mento alle 70 settimane di Dn 9,24, un periodo che precede il giudizio fi nale e che evidentemente nasconde l’allusione a un particolare presente, quello in cui il testo è stato composto e/o redatto, in cui questi sacerdoti sono ritenuti contaminare il sacerdozio, profanare gli altari e dismettere la Torah, arrivando a disprezzare, con la loro condotta, le parole dei profeti (cfr. 16,1-2 = ivi, pp. 396-7).

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