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81A-mano-libera Disegnare dal vero per toccare con lo sguardo.

Un’esperienza di conoscenza presso l’Antro della Sibilla a Cuma Teresa Della Corte

della figurazione, i segni deposti, divengono in qualche modo più visibili e più convincenti, assimi- landosi a ‘memoria’ dell’espe- rienza percettiva e conducendo alla comprensione. La loro insita astrattezza assolve la fondamen- tale funzione cognitiva3 del dise-

gno e si propone come caratte- ristica che permette di accedere alle ragioni esplicite e a quelle segrete della struttura dell’ogget- to indagato.

Coniugando il fare con il co- noscere, l’esperienza del disegno costituisce allora, al di là delle sue valenze espressive e proiettive, un idoneo ‘cantiere’ formativo.

Il disegno dal vero poi contem- pla come condizione essenziale il contatto diretto con l’architettura o il paesaggio da rappresentare, proponendosi di attingere alle forme, ai segni e ai misteri del passato e della contemporaneità indicazioni o suggestioni per la- vorare nel presente.

L’Antro di Cuma, l’antichissimo dromos tagliato nel tufo alla base dell’acropoli della colonia greca, ha origini megalitiche e si confi- gura quale sito ad alta potenziali- tà empatica, non tanto per la sug- gestione emanata dalla memoria e dal mito del luogo, quanto per la inafferrabilità e capacità evo- cativa delle sue forme, delle sue superfici, dei suoi contorni. Qui, per cogliere attraverso il disegno,

oltre gli aspetti più evidenti, il si- gnificato latente e l’essenza del luogo, non è sufficiente porsi al di là dell’esperienza comune e condivisibile del guardare e la- sciar permeare dall’interpretazio- ne individuale l’atto del vedere. E se da un lato, in presenza della eccezionalità dello spazio trape- zoidale, delle superfici diffusa- mente scolpite da piccoli incavi a coppella, delle incisioni profonde nella pietra che corrono longitu- dinalmente nel dromos, della mu-

tevolezza materica e cromatica dell’insieme, si producono molte- plici suggestioni visive, perché «è nelle cose confuse che l’ingegno si desta a nuove invenzioni»4, la

imprevedibilità dell’oggetto con- frontata con l’esigenza di coglier- ne e rappresentarne l’essenza, richiede, e pretende, un’indagine più approfondita, chiamando in causa capacità a carattere com- plementare che coniugano gli aspetti visivi e quelli tattili della percezione. «La presa di posses- so del mondo esige una sorta di fiuto tattile. La vista scivola sulla superficie dell’universo. La mano sa che l’oggetto implica un peso, può essere liscio o rugoso che non è inscindibile dallo sfondo di terra e di cielo con il quale sem- bra far corpo»5.

A differenza della visione, il tat- to non possiede un punto di vista capace di organizzare la molte- 1

2 Fig. 1 Cuma, Antro della Sibilla. Particolare delle superfici scolpite da piccoli incavi a coppella nell’area di accesso al dromos e all’acropoli

Fig. 2 Cuma, Antro della Sibilla. Dettaglio delle pareti del dromos. La singolarità evocativa del sito deriva anche dalla inafferrabilità delle forme e dalle suggestioni cromatiche della materia sottoposta al degrado del tempo

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plicità delle singole sensazioni; permette però di esplorare tutte le direzioni dello spazio, cosa que- sta negata alla visione che deve dedurre la terza dimensione da una proiezione retinica bidimen- sionale. «Fate che una creatura tutta occhi… osservi una statua per cento anni, considerandola da ogni lato; non è una creatu- ra che ha le mani… Cosa non fa per rendere la sua vista come il tatto… non ha alcun punto di vista… perché mille non gli ba- stano… Per questo egli scivola da un luogo all’altro, il suo occhio diviene mano… Io non posso apprendere l’angolo, la forma, la rotondità, come tali nella loro verità corporea per mezzo della vista… il corpo visto dagli occhi è soltanto superficie; la superfi- cie toccata dalla mano è corpo, perché in ultima istanza la vista è solo sogno, il tatto è verità»6.

All’approccio ottico-visivo, che presuppone una distanza e un distacco dall’oggetto osservato, attraverso la quale si ricevono im- pressioni strutturate in una fredda sintesi, si affianca e si sovrap- pone un approccio di tipo tattile che corrisponde ad una virtuale espansione del soggetto nello spazio fisico. L’esperienza spa- ziale avviene protesicamente e diviene infinitamente più intensa e profonda, comportando un at- teggiamento creativo del sogget-

to che tende a proiettare il proprio mondo interiore nello spazio che lo circonda. Legata all’esigenza di disegnare, dapprima virtual- mente e poi attraverso la mate- rializzazione sul foglio, ciò che rappresenta simultaneamente il contorno dell’oggetto di studio e quello dello spazio che lo rac- chiude, si delinea una particolare attività visiva, rappresentata dallo ‘sguardo tattile’, secondo la qua- le lo sguardo, interessandosi agli oggetti come per una palpazio- ne, può ‘toccarne’ puntualmente i contorni, gli spigoli, i confini o le linee di soglia. Sebbene in natura non esistano delle effettive linee, qualunque oggetto, per essere individuato nella sua singolarità, deve necessariamente darsi dei confini e, sostanzialmente, un disegno potrebbe essere ridotto all’unico elemento della sua linea di contorno.

Una sottile linea nera che at- traverso caratteristiche intrinseche al segno, quali la luminosità, la texture, l’andamento, la pressio- ne, il tempo di esecuzione, espri- me il personale punto di vista del suo esecutore. Comunicando e rivelando pensieri ed emozioni dell’autore, il segno costituisce una sorta di enunciato, una for- ma di comunicazione tra l’indi- viduo che lo ha tracciato e colui che lo legge. In questo senso, il disegno può essere assimilato ad

una complessa modalità di co- municazione dove la linea media costituisce una silente conversa- zione tra l’esecutore e la corrente delle sue esperienze. Per quanto riguarda l’andamento delle linee tracciate, esso produce linee ret- te, spezzate o fluenti, ed è perciò strettamente dipendente dalla ‘vi- sione tattile’, il particolare eserci- zio dell’esperienza visiva che non è da intendere nell’accezione me- taforica, ma come sorta di ‘tatto a distanza’, come capacità visiva di svolgere oltre che una funzione tattile, anche una sorta di funzio- ne prensile, come è riscontrabile nel linguaggio fotografico7, scor-

rendo e indugiando con interesse lungo i margini dell’oggetto, con uno sguardo quasi penetrante o pungente, simile a quando ci sen- tiamo osservati.

Questa intersensorialità, ne- cessaria per mettere in atto la funzione primaria di delimitazio- ne8 del disegno, è stata applicata

all’esperienza conoscitiva con- dotta presso l’Antro della Sibilla a Cuma. Agli allievi è stato chiesto, in particolare nel tracciamento dei contorni, di ricercare e otte- nere distinzione nell’indistinto, diversità nell’identità, differen- za nell’indifferenza, singolarità nell’uniformità, avviando il dise- gno con linee separatrici dei corpi tracciate secondo responsabilità chirurgica.

Fig. 3 Cuma, Antro della Sibilla. Disegni dal vero di studenti (Giuseppina Aiello, Mi- chela Di Muzio, Francesca Fiore, Laura Lenoci, Raffaella Ucciero)

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