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61Fig 1 Roma, Centro Commerciale Laurentino Il cantiere

Fig. 2 Roma, Torre Eurosky. Il cantiere

Fig. 3 Roma. Le opere concluse del Centro Commerciale Laurentino e della Torre Eurosky

Cantieri della costruzione 6

I Cantieri della Costruzione 6 hanno costituito un’esperienza significativa e singolare di appro- fondimento delle tematiche lega- te alla conoscenza dei processi che muovono la realizzazione delle architetture e della città nel- la complessità del suo insieme.

Due situazioni che apparente- mente si dispongono secondo i termini di lunghe distanze: il fa- scinoso auditorium di Ravello che con le sue forme avvolgenti do- mina lo strapiombo verso il mare di un piccolo centro che mostra come sia possibile innestare nel suo tessuto una architettura con- temporanea di grande qualità; la stazione della metropolitana della linea 1 di piazza Munici- pio, nell’avvicendarsi piranesia- no delle cavità e dei ritrovamenti, penetra il sottosuolo riscoprendo la storia della città millenaria nei

Cantieri della costruzione 6

I Cantieri della Costruzione 6 hanno costituito un’esperienza significativa e singolare di appro- fondimento delle tematiche lega- te alla conoscenza dei processi che muovono la realizzazione delle architetture e della città nel- la complessità del suo insieme.

Due situazioni che apparente- mente si dispongono secondo i termini di lunghe distanze: il fa- scinoso auditorium di Ravello che con le sue forme avvolgenti do- mina lo strapiombo verso il mare di un piccolo centro che mostra come sia possibile innestare nel suo tessuto una architettura con- temporanea di grande qualità; la stazione della metropolitana della linea 1 di piazza Munici- pio, nell’avvicendarsi piranesia- no delle cavità e dei ritrovamenti, penetra il sottosuolo riscoprendo la storia della città millenaria nei

suoi diversi livelli sino a riemerge- re di fronte al mare e al Vesuvio. Due realtà straordinarie che denunciano una vicinanza inim- maginabile che non si misura sul- la scala delle architetture o delle infrastrutture costruite, ma che si condensa e si rivela nella possibi- lità comune di svelare una interna capacità di guardare e tenere in- sieme le stratificazioni.

Da un lato l’esperienza del- la costruzione dell’auditorium di Oscar Niemeyer diventa occasio- ne impareggiabile per i progettisti della fase finale di procedere in punta di piedi verso l’immagina- rio architettonico del grande ma- estro brasiliano per farsene inter- preti corretti e rigorosi.

Si riguarda con acume e sagacia a tutta l’esperienza dell’architetto di Brasilia, quale insegnamento ne- cessario per comprenderne il pre-

sente e si manifesta, al contempo, la non comune onestà intellettuale nel riannodare i fili spezzati dalla frantumazione incontrollata del no- stro sistema giuridico-amministrati- vo che governa gli appalti pubblici. Dall’altro il progetto e il cantiere della metropolitana rappresentano allo stesso modo, in una parados- sale diversità, un’analoga capacità di lettura delle stratificazioni, que- sta volta espresse dalla successione delle profondità riconsegnate dalla storia che rivivono nella loro cele- brata restituzione alla città contem- poranea.

La città ha la possibilità di ri- leggerle quasi come fossero in una sequenza filmica e le percor- re secondo i ritmi della contem- poraneità rimanendo sbigottita dalla loro bellezza.

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La costruzione dell’auditorium progettato a Ravello da Oscar Niemeyer ha seguito un iter com- plesso durato oltre dieci anni. La legislazione italiana consente infatti di attribuire le diverse fasi progettuali a professionisti diversi ed anche nel caso dell’auditorium questa sciagurata procedura è stata attuata.

Ci siamo così trovati a dover realizzare, per conto dell’impre- sa aggiudicataria dell’appalto, il progetto esecutivo necessario alla costruzione dell’opera del mae- stro brasiliano. Anche un non addetto ai lavori comprende che questa procedura può portare a risultati tremendi. Il progetto di un’opera anche meno complessa di un auditorium dovrebbe infatti essere seguito da un unico team di professionisti, coordinato da un unico architetto; se frammentato il rischio concreto è quello del caos e della costruzione di un manufat- to che non corrisponde in alcun modo a quanto preventivato.

C’è da aggiungere che la le- gislazione italiana impone alle imprese di partecipare alle gare di appalto in associazione con un gruppo di professionisti che, in sede di gara, devono proporre alcune migliorie al progetto de- finitivo posto a base della com- petizione. Migliorie a cui viene attribuito un punteggio e che ri- schiano anch’esse di travisare gli

intenti iniziali del progetto. Consci di questo rischio abbiamo preso visione del progetto preliminare di Niemeyer e del progetto defini- tivo realizzato da un team roma- no coordinato sempre dal mae- stro brasiliano. Abbiamo quindi pensato ad alcune soluzioni tecni- che e formali che pensavamo po- tessero incontrare il gradimento della commissione. Ci siamo tro- vati così vincitori, assieme all’im- presa, dell’appalto: a noi l’onere della realizzazione del progetto esecutivo e all’impresa quello di costruire l’opera. Ma un progetto definitivo, per quanto dettagliato, possiede sempre un certo grado di approssimazione per cui, appe- na cominciato a produrre le pri- me tavole dell’esecutivo ci siamo resi conto che stavamo attuando delle scelte per conto di Niemeyer senza che quest’ultimo ne sapes- se nulla. Grazie alla disponibilità dell’impresa nostra partner siamo allora andati in Brasile per sotto- porre al maestro i nostri dubbi.

In questo primo incontro abbia- mo avuto conferma di tre cose: 1) Dividere le diverse fasi progettuali fra diversi professionisti è una fol- lia che produce nella quasi totali- tà dei casi un aborto. 2) È un puro caso che l’auditorium di Ravello sia stato costruito come Niemeyer voleva. 3) L’incontro con il mae- stro brasiliano è stata una delle esperienze più significative che un

architetto potesse realizzare. Nel primo caso un esempio concreto può sintetizzare il rischio che procedure di questo tipo in- ducono: come è noto l’audito- rium ha una grande vetrata che separa la sala dalla piazza anti- stante. Questa vetrata era previ- sta nel progetto definitivo posto a base di gara con infisso in al- luminio a taglio termico e vetri a camera d’aria di tipo tradiziona- le. Nella offerta di miglioria pre- sentata in sede di gara, al fine di aumentare la trasparenza dell’in- fisso, abbiamo proposto di realiz- zare la vetrata con un sistema a “ragno”, senza telaio e con vetri extra chiari. Quando abbiamo chiesto un parere al maestro cir- ca la questione dell’infisso lui ci ha invitato a visitare l’auditorium che nel frattempo aveva costruito a Niteroy nel quale aveva costrui- to una vetrata di dimensioni ana- loghe a quella di Ravello del tipo curtain wall con telaio nero retro- posto e vetri fumé. Visto l’ottimo risultato conseguito in quel caso ci proponeva a questo punto di realizzare lo stesso infisso perché aveva compreso che, più che la totale trasparenza, era opportuno che la grande vetrata riflettesse di giorno le montagne della costie- ra amalfitana. Nel corso degli anni i progetti, quindi, possono e devono modificarsi assieme all’esperienza dell’architetto che La costruzione dell’Auditorium a Ravello di Oscar Niemeyer

Francesco Felice Buonfantino

li ha ideati al fine di giungere ad un risultato migliore. Per questo è una follia frammentare fra diver- si professionisti le diverse fasi di progetto. Sensibilità diverse por- tano a risultati opposti che, quasi sempre, producono architetture di pessima qualità. E, come per la grande vetrata, in diverse par- ti del progetto è stato necessario “aggiustare” il tiro per far sì che quanto ci apprestavamo a rea- lizzare coincidesse con le idee di Niemeyer.

È per pura combinazione se si può affermare che quanto costrui- to a Ravello coincide con l’idea del maestro brasiliano. Se infatti non si fossero unite la caparbietà del sociologo Domenico De Masi, senza il quale non avremmo mai avuto l’auditorium, la disponibili- tà delle imprese Paco, Edil Atella- na e Cems, che hanno finanziato viaggi e modifiche al progetto, e senza la disponibilità nostra e di tutti i professionisti coinvolti nel riaggiornare più volte il progetto esecutivo, si sarebbe costruito un auditorium che non aveva alcuna relazione con quanto pensato da Niemeyer. Ma non è pensabile che si possa affidare al caso e alla disponibilità delle persone coinvolte la riuscita o meno di un’architettura. È necessario che un unico professionista, un unico team, mantenga il controllo di tutte le fasi progettuali. Costruire

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