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91rappresenti una base formante e

fondativa dell’analisi storica13.

Esso va considerato unitamen- te allo studio delle tecniche, me- diante indagini non distruttive.

In tutto ciò, nel caso specifi- co del cantiere di restauro del campanile di Sant’Agostino alla Zecca, appaiono significativi le ricognizioni ed i rilievi delle bu- che pontaie, degli alloggiamenti, delle sedi di appoggio delle tra- vi, delle cavità, delle sporgenze e delle convessità, delle saldature e delle stagnature, delle staffe e delle briglie di rame, dei residui di impiombature, dei giunti, delle scarniture e delle levigature14; ma

anche di elementi architettonico- stilistici quali le modanature o i tori dei cornicioni in piperno o in calcare e in marmo bianco, o il genere di inclusi sia del piperno stesso sia della medesima mal- ta, nonché il tipo di lavorazione dei mascheroni apotropaici (qua- si pippeschi barocchi divertisse- ments15) posti all’imposta degli

archivolti.

Fondamentale e di grande in- teresse appare altresì lo studio dei restauri pregressi, di quelli precedenti all’intervento di Adolfo Avena, oltre a quelli condotti da lui stesso16 (nonché della possibile

datazione di altri interventi di dif- ficile reperimento nelle “perizie di spesa”, quali, ad esempio, le tas- sellature “ad elementi contigui” di

reintegrazione dei cornicioni in piperno, o quelle, in verità più limitate, in marmo bianco).

In questo senso, uno studio oculato sul tipo di materiale di interpolazione da lui ado- perato, ed in primo luogo dei mattoni impiegati, comparati a quelli dallo stesso utilizzati per il restauro del paramento di Palazzo Donn’Anna a Posilli- po17, può senz’altro fornire no-

tazioni interessanti, oltre alla conferma del suo particolare modo di intervento, a fronte della collocazione di altri in- serti laterizi (di dimensioni non canoniche e di color giallino) di difficile individuazione tem- porale.

Ugualmente attinente si pro- fila un approfondimento critico dei provvedimenti statici ‘stori- ci’, quali quelli effettuati dopo i vari terremoti del XVIII, XIX e XX secolo, iniziando dalla ricerca e dalla classificazione dei vari tipi di catene e di cerchiature messe in atto. In particolare, non appaiono ancora del tut- to chiarite le caratteristiche, il tipo e il genere delle catene in ferro del 1732, a seguito de- gli eventi sismici del 1688 e del 1694, e se ve ne siano di occulte, e quali esattamente gli inserti del duo Avena-Abatino del secondo decennio del No- vecento (con precipuo riguar-

do alle tassellature in marmo e in piperno).

In questo senso, l’analisi de visu del monumento, percorren-

do i ponteggi ai vari livelli, collo- quian-do con il manufatto, con- duce a scoperte non indifferenti, quali, per esempio, il dato sinora ignorato che la quantità di rein- tegrazioni compiute dai due in- gegneri summenzionati sia stata considerevolmente maggiore di quanto da loro dichiarato nelle relazioni progettuali, ove veni- vano previste «poche sarciture di mattoni»18; così come ancora

parzialmente da indagare risulta l’effettivo ruolo ricoperto da en- trambi, ovvero se realmente l’in- gegnere Abatino, pur così esper- to ed autore di svariati restauri in Campania e in Puglia, abbia tenuto una funzione decisamente inferiore rispetto a quella svolta dal Commendatore Avena.

Ecco, quindi, che il cantiere di restauro, in questo caso, si ap- palesa più come un momento di conoscenza, di studio degli in- terventi pregressi, dei materiali e della loro deperibilità, che non un procedimento consolidativo tout- court, pur necessario alla stabilità

delle masse, specie dopo gli ulti- mi distacchi dell’aprile del 2011 (per i quali pur occorrerebbe ve- rificare se si tratti di fenomeni ci- clici19 o di un evento eccezionale).

Pertanto, oltre a provvedimen-

ti puntuali, quali la ricucitura dei frammenti crollati all’ultimo livello e di quelli rovinati dal cornicione, l’eliminazione della vegetazione infestante, la sostituzione delle parti in ferro ossidate che hanno comportato aumenti di volume e lesioni di ampie porzioni lapidee, la revisione delle balaustre, e alle operazioni di pulitura e di elimi- nazione delle croste nere sulle parti marmoree (specialmente sui capitelli e sui mascheroni), occor- re una rilettura generale dell’as- setto della compagine muraria, tale da poter chiarire gli aspetti sino ad oggi non noti o trascurati.

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distinti ruoli potenzialmente storiografici, in N. Stanley-Price, J. King (a cura di), Con- serving the authentic. Essays in honors to Jukka Jokilehto, ICCROM Conservation Studies 10, Roma 2009, vol. 1, pp. 37-45; Id., Le rôle potentiellement historiographi- que du relevé et de la restauration, in «Le relevé en architecture ou l’éternelle quête du vrai», Journées Internationales d’études, (5-6 nov. 2007), Lieux Dits, Lyon 2011, pp. 60-72. Cfr., altresì, «Tema. Tempo Materia Architettura», 3-4, 1996, numero mono- grafico «Un rilievo per il restauro?», non- ché l’interessante saggio di Roberto Parenti e Andrea Sbardellati, La sperimentazione di tecniche di rilievo fotografico per la ri- costruzione del processo di degrado di un manufatto architettonico, in «Progettare i restauri», cit., pp. 637-646.

9_Anche se, afferma Arnaldo Bruschi, «è un po’ una favola che nei suoi rilievi Leta- rouilly ‘correggesse’ sempre la realtà. [...] In certi casi è vero, soprattutto per quanto riguarda l’insieme dell’edificio in pianta, ma in certi altri credo che i rilievi di Leta- rouilly, specie per quanto riguarda i parti- colari, siano i più precisi che esistano. Però è pur vero che egli pensava, come Viollet- le-Duc, d’altra parte, che bisognasse fare dei disegni che rispecchiassero le ‘intenzio- ni’ dell’architetto, prescindendo da imper- fezioni che potessero derivare da circostan- ze occasionali magari non direttamente imputabili all’architetto. E questo portava Letarouilly a regolarizzare soprattutto i disegni d’insieme, le piante generali. Ma quando, invece, si scende nel particolare, i rilievi sono molto scrupolosi, molto preci- si. Per esempio, per palazzo Farnese, sono molto più attendibili i rilievi quotati eseguiti da Letarouilly piuttosto che il moderno rilie- vo fotogrammetrico»; cfr. S. Gizzi, Relazioni tra Storia dell’Architettura e Restauro, oggi. Intervista ad Arnaldo Bruschi, in «Quaderni ARCo», Roma 1997, pp. 67-74, ma p. 75. 10_Ivi, p. 73.

11_Ibidem. Si vedano pure i numerosi richiami al pensiero di Bruschi, in questo senso, operati da Salvatore Boscarino, in

A. Cangelosi, R. Prescia (a cura di), Salva- tore Boscarino. Sul restauro architettonico, Franco Angeli, Milano 1999, pp. 134-137. 12_Cfr. P. Fancelli, Indagini preliminari e diagnostica. Il rilievo storico-critico delle fasi costruttive, in Manuale del Restauro, a cura di P. Rocchi, Mancosu, Roma 2001, sez. E, p. E9: «Il rilievo si svolge come ope- razione tendenzialmente sistematica, ma inevitabilmente discreta, vale a dire per punti (più o meno fitti), mirata ad appro- priarsi, misurandolo, di un edificio, nelle sue componenti ed articolazioni, entro lo spazio dell’esperienza».

13_Ivi, Sez. E, p. E11: «il rilievo, se con- dotto con le accortezze del caso […], co- stituisce elemento prezioso ed addirittura fondante dell’analisi storica».

14_Ivi, p. E15.

15_Come notava Paolo Marconi, sia pure a proposito di un contesto del tutto diverso, come quello degli interventi ottocenteschi sul Colosseo: cfr. P. Marconi, Roma 1806- 1829: un momento critico per la formazio- ne della metodologia del restauro architet- tonico, in «Ricerche di Storia dell’arte», 8, 1978-1979, pp. 63-72, ma p. 64.

16_V. Russo, Sant’Agostino Maggiore. Storia e conservazione di un’architettura eremitana a Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2002; Id., Adolfo Avena e il campanile di Sant’Agostino alla Zec- ca in Napoli: “integrità artistica” e pro- getti di “robustamento” (1911-1919), in «ANAΓKH», 20, 1997, pp. 4-12; S. Ca- siello, G. Bezoari, V. Russo, Il campanile di Sant’Agostino Maggiore in Napoli. Fo- togrammetria e conservazione della fab- brica, in «Le tecniche del rilevamento in ambito interdisciplinare», Atti del I Conve- gno AUTeC, (Napoli 17-18 maggio 2001), Associazione Universitari di Topografia e cartografia, Torino 2001, pp. 11-22. Cfr., inoltre, V. Russo, M. de’ Gennaro, P. Cap- pelletti, G. Ceniccola, The Bell Tower of the Basilica of Saint Augustine Mayor in Naples (Italy): Interdisciplinary Researches for the Conservation of an Architecture at Risk, in «Structural Analysis of Historical Construc-

tions», a cura di J. Jasieńko, Proceedings of the International Conference on Structural Analysis of Historical Constructions, (Wro- claw, 15–17 ott. 2012), DWE, Wroclaw 2012, vol. II, pp. 1922-1930.

17_Per queste problematiche, S. Gizzi, Adolfo Avena, in «Dizionario Biografico dei Soprintendenti Architetti (1904-1974)», Mi- nistero per i Beni e le Attività Culturali, Di- rezione Generale per il Paesaggio, le Belle Arti, l’Architettura e l’Arte Contemporanee, Centro Studi per la Storia del Lavoro e del- le Comunità Territoriali, Bononia University Press, Bologna 2011, pp. 40-51.

18_V. Russo, Sant’Agostino Maggiore, cit., p. 179, nota che Giuseppe Abatino e Ore- ste Siviero, sotto la regia di Adolfo Avena, avevano previsto «poche sarciture di matto- ni e pochissime demolizioni».

19_V. Russo, M. de’ Gennaro, P. Cappel- letti, G. Ceniccola, The Bell Tower, cit., p. 1923: «the cyclic problems of the tower, as it will be put in evidence in the paper, asks to afford the issue with a very deep attention to each detail and with the con- sciousness that the bell tower represents a stratified palimpsest of construction techni- ques, strengthening interventions, restora- tions».

Note:

1_Mi permetto di rinviare a S. Gizzi, Il re- stauro tra conoscenze e attività di cantie- re, in Atti del Convegno «Scienza e Beni Culturali. Il Cantiere della Conoscenza, Il Cantiere del Restauro», a cura di G. Bi- scontin, M. Dal Colle, S. Volpin, (Bressano- ne, 27-30 giugno 1989), Libreria Progetto ed., Padova 1989, pp. 613-617, e, più in generale, alla lunga serie di convegni su analoghi temi, dalla serie tematica «Scien- za e Beni Culturali», svoltisi annualmente a Bressanone a partire dal 1986.

2_P. Planat, L’art de bâtir, Librairie de la Construction moderne, Paris s.d. [ma 1905].

3_J. Dewey, Art as experience, Minton, Balch & C, New York 1934.

4_E. E. Viollet-le-Duc, Restauration, s.v. in «Dictionnaire raisonné de l’architecture française du XIe au XVIe siècle», B. Bauce - A. Morel, Paris 1866, vol. VIII.

5_Ibidem.

6_Cfr. le lettere di John Ruskin al padre (Ruskin’s Letters from Venice). Il passo è riportato nel saggio di A. Petrella, John Ruskin e l’economia politica dell’arte, in «Restauro», a. XVI, n. 91-92, maggio-ago- sto 1987, pp. 7-89, ma p. 73. Cfr. anche S. Gizzi, Aspetti economici del restauro ar- cheologico, in «Note di Economia dei Beni Culturali e Ambientali», II, 1, 1994, pp. 22-41, ma p. 24.

7_Id., Differenze e analogie tra progetto di restauro archeologico e progetto di restau- ro architettonico, in «Progettare i restauri. Orientamenti e Metodi – Indagini e Mate- riali», Atti del Convegno di Studi «Scienza e Beni Culturali», a cura di G. Biscontin, G. Driussi, (Bressanone, 30 giugno – 3 luglio 1998), Arcadia Ricerche, Venezia 1998, pp. 663-670.

8_P. Fancelli, Rilievo, metrologia, restau- ro, in «Storia e restauro dell’architettu- ra: aggiornamenti e prospettive», Atti del XXI Congresso di Storia dell’architettura, (Roma, 12-14 ottobre 1983), Istituto del- la Enciclopedia Italiana, Roma 1984, pp. 129-139; Id., Il rilievo e il restauro e i loro

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