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97le sue direzioni, permettendogl

Nel documento Ri-attivare per trasformare spazi in luoghi (pagine 98-100)

di apprezzare aspetti, decorativi, tecnologici e costruttivi, che solo una visione ravvicinata delle su- perfici può consentire. E’ appar- so utile mettere in mostra ciò che dal basso della scalinata può essere solo immaginato e reso inesorabilmente secondario dalla completa ed avvolgente visione dell’involucro, saturo di interessi che attraggono impedendo ogni opportuna riflessione sul carat- tere costruttivo delle componenti costitutive. Oltre il foro ellittico della prima volta, dove spiccano le Quattro Stagioni di Girolamo Starace, l’immaginazione spinge ad oltrepassare la volta superio- re che delimita l’invaso, arricchita da un intradosso totalmente di- pinto dallo stesso artista. E’ qui che troviamo un sottotetto arti- colato, come lo è l’insieme delle coperture del complesso, costitu- ito da coppie di capriate enormi a tre monaci, sapientemente or- dite a sostegno delle soprastanti falde. Un contesto di raro fascino costruttivo dove Vanvitelli pone le sue abilità di strutturista al servi- zio delle necessità imposte dalla composizione spaziale e dalle di- mensioni dilatate delle partiture senza rinunciare a soluzioni ardi- te, dando così forma a superfici leggere dalle ampie luci. Forse è proprio nei sottotetti della Reggia che si apprezza la complessità del

Tecnologie costruttive e valorizzazione. La copertura dello scalone della Reggia di Caserta

Salvatore Buonomo

cantiere reso ancora più difficile dalle quote di imposta dei vari elementi rispetto a quella delle quattro corti del palazzo e dalla non semplice movimentazione dei carichi posati a protezione di fragili volte ad incannucciata.

La Reggia di Caserta, monu- mento rappresentativo per la sto- ria e l’architettura italiana, è un bene ricco di spunti creativi rac- colti in un unico e vasto campio- nario reso sempre più disponibile alla pubblica fruizione; favorirne la conoscenza è esigenza prio- ritaria e permette di estendere quei privilegi talvolta riservati ad un pubblico ristretto, cosiddetto esperto o di settore, ovvero costi- tuito dai soli addetti ai lavori. Pur con risorse non sempre adegua- te, la Soprintendenza di Caser- ta, detentrice del bene, ha inteso consegnare alla pubblica fruizio- ne, mediante l’istituzione di per- corsi di visita, una parte significa- tiva dell’edificio nel rispetto delle norme e di quanto, sicuramente, il visitatore auspica e desidera. Bibliografia:

S. Buonomo, La volta ellittica, espressione delle tecnologie costruttive settecentesche, in “Casa di Re. La Reggia di Caserta tra storia e tutela”, a cura di R. Cioffi e G. Pe- trenga, Milano 2005, pp. 63-65.

S. Buonomo, Problemi conservativi nelle coperture di ampi spazi: lo scalone d’onore della reggia di Caserta, in “Luigi Vanvitel- li”, a cura di A. Gambardella, San Nicola la Strada 2005, pp. 383-389.

Fig. 1 Caserta, Reggia. Lo scalone d’onore

Fig. 2 Caserta, Reggia. La nuova passerella nel sottotetto

Fig. 3 Caserta, Reggia. L’estradosso della volta ad incannucciata dello scalone d’o- nore

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Nel progetto di conservazione delle architetture storiche la com- ponente impiantistica ha assunto nel tempo un ruolo sempre mag- giormente predominante in virtù di adeguamenti alla normativa, in frenetica evoluzione, nonché funzionali o di nuove esigenze conseguenti una mutata fruizio- ne. Per un teatro storico, dall’ar- chitettura molto definita nei suoi caratteri, l’inserimento/adegua- mento diviene intervento delicato che si confronta anche con il ‘fun- zionamento’ dell’architettura in termini di spettacolo: si impone, quindi, di affrontare il tema im- piantistico nei confronti della sua componente peculiare, la torre scenica, per la quale alle istan- ze di sicurezza si associano spe- cifiche esigenze di fruizione e di funzionalità rispetto alle richieste dello spettacolo.

«Si averà da fare un Teatrino dentro il Palazzo per comediole domestiche; questo lo situarò nel luogo il più oscuro, perché non vi occorre lume e vi rinviene assai a proposito»1: con tali parole Lui-

gi Vanvitelli comunica, nel 1756, al fratello Urbano l’inizio del suo progetto di un teatro per la Corte di Caserta. Vanvitelli progetta un teatro con pianta a ferro di ca- vallo e sala all’italiana dotata di cinque ordini di palchi, comple- tamente in muratura negli alzati, nella volta oltre che nei solai dei

Impiantistica a teatro: note dal cantiere del Teatrino di Corte nella Reggia di Caserta Giovanna Ceniccola

palchi (che nei contemporanei teatri, in genere, sono realizzati in legno), scelta probabilmente dettata da motivi di sicurezza ri- spetto al rischio d’incendio. Per la composizione della sala l’archi- tetto utilizza l’ordine gigante con una trabeazione conclusiva molto aggettante lungo tutto il perime- tro cui si associano decorazioni in cartapesta e indorature2. Al di

sotto del piano di calpestio della platea vi è un vano con funzione di cassa armonica cui si affianca la fossa orchestrale posta in co- municazione diretta con il primo livello di sottopalco tramite due porte laterali.

Il piano del palcoscenico appa- re, ad un’analisi attenta, come un complesso palinsesto in cui leg- gere le tracce degli usi nel tempo: su un telaio ligneo costituito da travi è ordito un tavolato in legno di abete, al di sotto del quale vi è un primo livello di sottopalco de- dicato alla movimentazione delle macchine sceniche, sovrapposto ad un secondo livello utilizza- to quale deposito degli elementi componenti le scenografie e in collegamento diretto con il piano sovrastante tramite botole o sca- le attualmente non più esistenti. Ancor oggi, sul piano inclinato del palcoscenico sono visibili i sedici tagli − sarciti con listelli in legno − in cui lasciar scorrere le quinte, movimentate tramite car-

retti e tamburi collegati ai telai e alle guide delle quinte stesse, anch’esse ben conservate. Ai tagli si affiancano le numerose botole, la buca per il suggeritore e primi impianti per le illuminazioni.

Sebbene non abbia subito dra- stiche modifiche nella sua funzio- ne − da luogo di rappresentazio- ni a spazio per conferenze − per il suo essere luogo pubblico e di spettacolo, è stato di recente ne- cessario che il teatro meglio ri- spondesse alle normative in ter- mini di sicurezza, soprattutto nei confronti del pericolo di incendio, nonostante le deroghe ad esso concesso in quanto ‘bene cultura- le’. Tuttavia, analizzando l’evento ‘incendio’ nello spazio del teatro storico emerge quanto quest’ulti- mo, oggi, possa essere letto come un ‘falso’ problema: è pur vero che tale tipologia architettonica è caratterizzata da materiale al- tamente infiammabile, ma è pur vero che, nella storia del teatro, le principali cause degli incendi − ovvero le fiamme libere, uti- lizzate sia per l’illuminazione che come componenti la scenografia − oggi non esistono, sostituite da differenti dispositivi.

Nel caso del Teatrino di Cor- te, in rispondenza alla normativa e ad una progettualità tesa ad ammodernare tecnologicamente la torre scenica, è stato realizzato dai tecnici della Soprintendenza

per i Beni Architettonici di Ca- serta e Benevento, nel 2004, un intervento che ha agito secondo il principio del ‘distacco’ dall’e- sistente e allo stesso tempo con la logica dell’’indifferenza’ ai valori della macchina lignea in- tesa come elemento semantico dell’architettura del teatro in linea con le tendenze progettuali con- temporanee: quindi, un sistema di impianti tecnologici per l’auto- mazione delle scene e un nuovo sistema di illuminazione si è af- fiancato all’esistente − unitamen- te ad un impianto antincendio − con una struttura autonoma e riconoscibile posta sul palcosce- nico mentre sono stati destinati al macero i pur rilevanti elementi della scenotecnica depositati nel sottopalco, nonostante le indica- zioni contrarie dei progettisti (cfr. Archivio Soprintendenza beni ar- chitettonici per le province di Ca- serta e Benevento, Archivio cor- rente, f. 4/1A).

Note:

1_L. Ciapparelli, Luigi Vanvitelli e il teatro di Corte di Caserta, Electa Napoli, Napoli 1995, p. 10.

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