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99Impiantistica a teatro: note dal cantiere del Teatrino di Corte nella Reggia di Caserta

Nel documento Ri-attivare per trasformare spazi in luoghi (pagine 100-102)

Giovanna Ceniccola

retti e tamburi collegati ai telai e alle guide delle quinte stesse, anch’esse ben conservate. Ai tagli si affiancano le numerose botole, la buca per il suggeritore e primi impianti per le illuminazioni.

Sebbene non abbia subito dra- stiche modifiche nella sua funzio- ne − da luogo di rappresentazio- ni a spazio per conferenze − per il suo essere luogo pubblico e di spettacolo, è stato di recente ne- cessario che il teatro meglio ri- spondesse alle normative in ter- mini di sicurezza, soprattutto nei confronti del pericolo di incendio, nonostante le deroghe ad esso concesso in quanto ‘bene cultura- le’. Tuttavia, analizzando l’evento ‘incendio’ nello spazio del teatro storico emerge quanto quest’ulti- mo, oggi, possa essere letto come un ‘falso’ problema: è pur vero che tale tipologia architettonica è caratterizzata da materiale al- tamente infiammabile, ma è pur vero che, nella storia del teatro, le principali cause degli incendi − ovvero le fiamme libere, uti- lizzate sia per l’illuminazione che come componenti la scenografia − oggi non esistono, sostituite da differenti dispositivi.

Nel caso del Teatrino di Cor- te, in rispondenza alla normativa e ad una progettualità tesa ad ammodernare tecnologicamente la torre scenica, è stato realizzato dai tecnici della Soprintendenza

per i Beni Architettonici di Ca- serta e Benevento, nel 2004, un intervento che ha agito secondo il principio del ‘distacco’ dall’e- sistente e allo stesso tempo con la logica dell’’indifferenza’ ai valori della macchina lignea in- tesa come elemento semantico dell’architettura del teatro in linea con le tendenze progettuali con- temporanee: quindi, un sistema di impianti tecnologici per l’auto- mazione delle scene e un nuovo sistema di illuminazione si è af- fiancato all’esistente − unitamen- te ad un impianto antincendio − con una struttura autonoma e riconoscibile posta sul palcosce- nico mentre sono stati destinati al macero i pur rilevanti elementi della scenotecnica depositati nel sottopalco, nonostante le indica- zioni contrarie dei progettisti (cfr. Archivio Soprintendenza beni ar- chitettonici per le province di Ca- serta e Benevento, Archivio cor- rente, f. 4/1A).

Note:

1_L. Ciapparelli, Luigi Vanvitelli e il teatro di Corte di Caserta, Electa Napoli, Napoli 1995, p. 10.

2_Ibidem.

Fig. 1 Reggia di Caserta, Teatrino di Corte. Interno della sala

Fig. 2 Reggia di Caserta, Teatrino di Corte. Piano del palcoscenico: sono visibili i tagli per il passaggio delle quinte, ora chiusi con listelli in legno

Fig. 3 Reggia di Caserta, Teatrino di Corte. Sottopalco, I livello

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Il patrimonio urbano si defi- nisce oggi fra l’articolazione di aspetti materiali e intangibili, connessi ad usi sociali. La con- servazione del patrimonio è, per- tanto, oggi un’opzione in cui la complessità del bene culturale si esprime in termini di valore com- plesso, costruito fra valori econo- mici, sociali e culturali, fra la sua presenza e la sua suscettibilità a divenire polo in uno spazio di influenza, all’interno di una stra- tegia di conservazione integrata. “Umanizzare” lo sviluppo urbano è fra gli obiettivi attuali della con- servazione e dell’intervento sulle città, che si intendono persegui- re attraverso l’attuazione di good choises e l’individuazione di best prsctices, che restituiscano il dia-

logo fra edificio e contesto, storia e contemporaneità, e il senso di appartenenza e di identificazione con l’ambiente urbano.

L’esperienza del restauro del Real Albergo dei Poveri in Napoli si dimostra particolarmente arti- colata. Le alterne storie della pro- gettazione, realizzazione, dell’uso e dell’abbandono, del restauro e del riuso attraversano le vicende della città di Napoli: attivo pro- tagonista e imperturbabile testi- mone, il gigantesco edificio pro- gettato da Ferdinando Fuga, suo primo direttore dei lavori, e for- temente voluto da Carlo di Bor- bone, con i suoi 384 m di fronte,

Il restauro del Real Albergo dei Poveri in Napoli:

un progetto “sostenibile” in spazi interculturali complessi Francesca Brancaccio

circa 100.000 mq di superfici co- perte, vive oggi una nuova sta- gione di interesse.

A partire dal 2000 il Comune di Napoli bandisce un concorso europeo per “il consolidamen- to e la riconfigurazione architet- tonica” dell’edificio, un unicum nel panorama culturale, sociale e politico della città di Napoli, con l’obiettivo di dare una rispo- sta contemporanea alla misura dell’ambizione e del messaggio dato due secoli or sono: grandez- za della composizione e dei volu- mi, generosità degli spazi, rigore dell’organizzazione, modernità delle istallazioni. L’équipe plu- ridisciplinare europea vincitrice della gara, il Raggruppamento di Professionisti Croci-Repellin, ha ad oggi redatto le progettazioni e dato inizio alle direzioni dei lavori organizzate per lotti di intervento, nell’intento di riparare, protegge- re e valorizzare, anche in attesa di ulteriori definizioni di destinazioni di uso, e intendendo far scaturire le più nobili e autentiche vocazio- ni di questo monumento reale1.

Unicum per la scala urbana, per la rigorosa ed intelligente ti- pologia, per l’originaria idea di auto-sostenibilità, ma anche per la decisione ‘reale’ del commit- tente, con lo scopo politico di dare un esempio, ma anche un messaggio sociale all’Europa illu- minata del XVIII secolo, l’edificio

ha segnato in maniera determi- nante contemporanei e posteri: un esempio unico di una gigan- tesca e ambiziosa architettura reale per la città. Lo stato di in- compiutezza, l’uso frazionato che ha caratterizzato gli ultimi anni di vita del manufatto, fino alla sua ‘morte’, decretata dopo i crolli avvenuti a seguito del sisma del 1980, gli anni di abbandono e di progressive occupazioni abusive, hanno consegnato negli anni ’90 al Comune di Napoli un enorme, spettrale scatola vuota e dalle precarie condizioni strutturali e locative.

Il progetto di restauro redatto e in corso di esecuzione per lot- ti di intervento mira a coniugare un filologico rispetto della storia dell’edificio e delle sue stratifi- cazioni, della tipologia architet- tonica, dei materiali e della loro messa in opera, con operazioni critiche di rimozioni o sostituzioni, integrando, nel dialogo fra storia e contemporaneità, soluzioni eco- compatibili inerenti il recupero delle acque piovane, dell’energia solare, attraverso l’integrazione di una copertura vetrata conte- nente moduli fotovoltaici e l’ado- zione di coperture vegetalizzate.

Il consolidamento, con moder- ne tecniche e materiali sperimen- tali, affianca la riconfigurazione del Real Albergo dei Poveri, se- condo i principi del restauro criti-

co, tra rispetto filologico e nuova progettazione, in vista della con- servazione e trasmissione al futu- ro, della valutazione di un riuso compatibile e della protezione delle porzioni incompiute. Fles- sibilità, potenziale reversibilità e sostenibilità informano la scelta di soluzioni, predisposizioni im- piantistiche e adeguamenti: un Eco-building, che è stato scelto come caso-studio emblematico all’interno del progetto europeo S.A.R.A., in relazione all’ottimiz- zazione di scelte di riuso com- patibile e risparmio energetico2.

Puntuali operazioni di “marketing urbano” e azioni non rimandabili per la conservazione dell’edificio sono state volute e progettate in tempi e fasi diverse dai tecnici del Comune di Napoli, come ad esempio il rifacimento ‘provviso- rio’ della facciata e la sistema- zione con aiuole degli spazi anti- stanti l’edificio.

Nel 1749 Carlo III di Borbone affidava all’architetto fiorentino Ferdinando Fuga il compito di re- alizzare un immenso edificio per i poveri del regno, con lo scopo politico di dare un esempio ed un messaggio sociale all’Europa illu- minata del XVIII secolo. La com- prensione del social royal voluto

dal primo committente guida la filosofia e l’approccio del pro- getto di restauro, cui si affianca la necessità di cognizione esatta

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