• Non ci sono risultati.

157Fig 1 Aliano (Matera)

Nel documento Ri-attivare per trasformare spazi in luoghi (pagine 158-160)

Fig. 2 Aliano. I Calanchi

Fig. 3 Aliano. Il Caprone realizzato dagli studenti sfila per le strade del paese

tazioni hanno creato il preoccu- pante fenomeno ora di mancato utilizzo del bene anche dopo il suo recupero materiale, ora di sovrapposizione di funzioni non sempre coerenti con lo spazio della preesistenza. Il problema della giusta destinazione d’uso non va infatti visto né misurato solo alla scala del manufatto edi- lizio o del tessuto urbano. La rica- duta di tale scelta va, per esem- pio, valutato verso la fruibilità del bene che non può essere interdet- ta a chi non è un utente diretto di tale funzione, le relazioni che si innescano con il contesto sociale del territorio circostante in quanto non può essere un luogo distinto o avulso dalle dinamiche com-

plessive, la ricaduta in termini di sviluppo, economia, servizi e pro- mozione, ed infine l’integrazione e la diffusione anche in termini di cultura e formazione intesa come riscatto e avanzamento dell’inte- ra popolazione. Ciò che infatti è criticabile di molti casi realizzati è il passaggio da un sistema aperto ed integrato appartenente al bor- go, inteso come luogo di vita, a quello esclusivo e privato, elitario o settoriale delle funzioni com- merciali, turistiche o museali.

Il vero recupero infatti non è solo quello fisico quanto piutto- sto quello del soddisfacimento di bisogni e necessità utili allo svol- gimento della vita nel quotidiano dell’intera collettività.

Ecco che quindi, le ricerche a suo tempo intraprese oggi devo- no accogliere esperienze e rifles- sioni, slegandosi dalle ragioni del “come” e del “dove” e affrontan- do quelle del “perché” e “per chi”.

Il recupero di borghi o villaggi, di conventi o palazzi deve oggi andare oltre la risoluzione, pur corretta, di problematiche specifi- che - proprie dell’architettura, del restauro, dell’arte deve liberarsi da scelte a volte miopi in nome di una autonomia economica e sostenibilità temporale dell’inter- vento e deve rivolgersi al recupe- ro non delle cose ma di ciò che tali cose possono rappresentare per l’uomo in termini di sviluppo e progettazione del suo futuro.

158

Leopardi nel suo Zibaldone

scrive «All’uomo sensibile e im- maginoso che viva, come io sono vissuto gran tempo, sentendo di continuo e immaginando, il mondo e gli oggetti sono in cer- to modo doppi. Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli orecchi un suono di campana; e nel tempo stesso con l’immaginazione vedrà un’altra torre, un’altra campana, udrà un altro suono. In questo secondo genere di oggetti sta tutto il bel- lo e il piacevole delle cose». E’ il senso della ripetizione di oggetti e luoghi, della reiterazione de- gli elementi che nel loro insieme fanno la bellezza di quei paesag- gi che il poeta poco conobbe, ma molto immaginò e desiderò, che ancora oggi è una delle carat- teristiche straordinarie di questo Paese.

L’Italia è il Paese dei mille paesi e dei mille paesaggi, dei ‘territori minimi’, delle comunità, dei visi rugosi degli anziani nelle piazze e seduti sotto gli usci delle case, dei colori straordinari delle campa- gne, delle coste e del mare, ma anche delle città; è una terra in cui nel vedere un luogo, un’architettu- ra, un volto, pensi ad altri luoghi, ad altre architetture, ad altri volti. Ma è anche il Paese delle monta- gne e dei ghiacciai, delle colline e dei campi, del mare e delle spiag- ge, delle chiese e delle ville, del-

le case e dei palazzi. Oggi forse non si pensa più a questa speci- ficità, ripensare l’Italia muovendo dalla sua geografia, dalla forma e dalle caratteristiche proprie del suo stesso territorio, non solo in termini topografici, climatici e na- turali, ma anche in termini di pa- trimonio costruito, può suggerire nuove forme e nuove opportunità per abitare il Paese.

Da questa sorta di ripetitività ‘virtuosa’ è possibile muovere per riconoscere anche i segni dell’ab- bandono, perché l’Italia è anche un paese di abbandoni, di rovine, di macerie, ed in taluni casi an- che queste collaborano all’iden- tità contemporanea di parti del territorio. Resti che sono lì da de- cenni, esiti di catastrofi naturali, di paure, di desideri di migliorare la qualità della propria vita.

Ampliare lo sguardo a valle di questo riconoscimento di senso e di valore aiuta ad andare avanti, come sempre spinti dal passato. Non è all’Italia da cartolina che ci si vuole riferire, quanto al Pae- se fatto da oltre ottomila comuni, più frazioni e simili, luoghi tal- volta di struggente bellezza, tal- volta poveri ed anche squallidi, laddove l’abusivismo e la super- fetazione sono diventati il segno distintivo. I processi di “nascita, trasformazione e morte di un centro abitato” segnano in modi diversi queste realtà, a volte com-

pletamente abbandonate e diru- te, a volte semidirute ed ancora abitate, segnate dal tempo, dalle generazioni, dalle possibilità eco- nomiche e dalla composizione sociale degli abitanti.

E’ quel Paese semisconosciuto, ma in fondo è quello che stupi- sce ancora oggi profondamente, «resta nell’animo di tutti (…) il desiderio di esplorare il sufficien- temente piccolo, ovvero quella di- mensione urbana, anch’essa fat- ta di case, piazze, chiese, palazzi, castelli, che è posta a margine dei grandi flussi turistici e che riposa, più o meno placidamente, ne- gli interstizi della penisola. Sono luoghi che, a volte, non meritano un casello autostradale e dove la stazione, secondo la terminologia ferroviaria, risulta “impresenzia- ta” cioè abbandonata» (Marcari- ni 2006). Quel “sufficientemente piccolo” che nasconde e conserva una grande ricchezza materiale e immateriale, spesso celata fra le pieghe dell’abbandono. In fondo emblematica dell’abbandono è proprio quella rete ferroviaria se- condaria dismessa ormai in qua- si tutto il Paese, in special modo al meridione, che rappresenta il segno tangibile dell’incuria e del disinteresse, e che oggi restituisce “manufatti lineari” che potenzial- mente possono essere riutilizzati.

Il tema della rivitalizzazione dei centri minori in Italia, è un tema Paesi, luoghi dell’identità italiana

Marella Santangelo

tante volte messo a fuoco, ma mai realmente approfondito, perché interventi ci sono stati nell’ultimo decennio, ma quasi sempre sono rientrati in programmi specifici e azioni puntuali, alla ricerca di una terziarizzazione spinta, come se il commercio e tutto quello che si porta dietro fossero l’unica so- luzione possibile alla rigenerazio- ne dei luoghi. Ecco il proliferare di centri commerciali in antichi borghi, ed anche centri benes- sere e spa con relativi luoghi per soggiornare, o anche borghi in- teramente trasformati in resort di lusso, in luoghi di lavoro in cui prevale il pittoresco, dimentican- do che l’abitare fa la città. Questi interventi puntuali non solo non hanno avviato processi virtuosi di recupero e riqualificazione nei sistemi territoriali all’intorno, ma in molti casi hanno alterato i rap- porti tra popolazione e territorio, hanno creato stati di crisi nei si- stemi di attrezzature locali sino ad allora sufficienti ed efficienti.

In un paese in cui, con grandi differenze, beninteso, è ancora possibile individuare caratteri- stiche, specificità e potenzialità diverse tra nord, centro e sud, è allora possibile ritrovare tracce e tracciare segni nuovi che por- tino ad una rivitalizzazione, ter- mine un po’ abusato dall’urbano all’architettonico, o ad nuova vita costruendo un diverso ruolo alla

159

Nel documento Ri-attivare per trasformare spazi in luoghi (pagine 158-160)

Outline

Documenti correlati