• Non ci sono risultati.

Cantieri del restauro

Un’evidente consonanza se- mantica lega i termini “restauro” e “cantiere”. Se il primo, derivan- te dal greco σταυρòς rimanda al “porre in opera” e, dunque, al “ri-stabilire”, il secondo contie- ne nell’etimo χανϑήλιος (asino da soma) il significato di “sostegno”; in entrambi i casi il richiamo è sia al mezzo quanto all’attività che accompagna l’azione.

Pur compreso entro l’alveo tecnico-operativo proprio del cantiere di architettura, il cantie- re di restauro del costruito storico presenta sue forti specificità. In primo luogo, un indissolubile le- game tra conoscenza e operativi- tà: il cantiere di restauro è luogo privilegiato di verifica del grado di attendibilità delle conoscen- ze acquisite per via indiretta ma è, contestualmente, luogo ove il bagaglio conoscitivo può essere interpretato e messo in discus- sione con conseguenti riflessi sul progetto.

Proprio in virtù di ciò e a dif- ferenza del cantiere del nuovo, quello di restauro implica, pre- liminarmente, l’esistenza di un approfondito cantiere di rilie- vo pluritematico: dimensionale,

Cantieri del restauro

Un’evidente consonanza se- mantica lega i termini “restauro” e “cantiere”. Se il primo, derivan- te dal greco σταυρòς rimanda al “porre in opera” e, dunque, al “ri-stabilire”, il secondo contie- ne nell’etimo χανϑήλιος (asino da soma) il significato di “sostegno”; in entrambi i casi il richiamo è sia al mezzo quanto all’attività che accompagna l’azione.

Pur compreso entro l’alveo tecnico-operativo proprio del cantiere di architettura, il cantie- re di restauro del costruito storico presenta sue forti specificità. In primo luogo, un indissolubile le- game tra conoscenza e operativi- tà: il cantiere di restauro è luogo privilegiato di verifica del grado di attendibilità delle conoscen- ze acquisite per via indiretta ma è, contestualmente, luogo ove il bagaglio conoscitivo può essere interpretato e messo in discus- sione con conseguenti riflessi sul progetto.

Proprio in virtù di ciò e a dif- ferenza del cantiere del nuovo, quello di restauro implica, pre- liminarmente, l’esistenza di un approfondito cantiere di rilie- vo pluritematico: dimensionale,

materico-costruttivo, strutturale, delle patologie degradative, ecc. Quest’ultimo, dal ruolo squisi- tamente pre-diagnostico, mira a restituire la complessità del rea- le superando astrazioni e sem- plificazioni a favore, piuttosto, dell’individuazione di anomalie, tracce preziose dello stratificarsi della storia sul manufatto.

Cantiere di restauro, dunque, da intendersi primariamente qua- le cantiere di conoscenza, come anche emerge dagli scritti che se- guono: in tal senso, anche la fase propriamente diagnostica, fatta di indagini nel sottosuolo e in ele- vato, nel suo valore pre-proget- tuale assume un posto ben defini- to entro l’operatività cantieristica. Piuttosto che partire dal grado zero proprio della costruzione ex novo, ogni azione si misura con il già dato, il che condiziona neces- sariamente le scelte sia sul piano tecnico sia su quello esecutivo.

L’imprevedibilità è fattore insi- to in ogni operazione diretta sul costruito stratificato: habitus men-

tale indispensabile all’insieme di coloro che sono impegnati nell’e- secuzione è, dunque, una gran- de capacità di ascolto dell’archi-

tettura in cui ci si muove. In un continuo processo di azione e retroazione, la variabilità delle si- tuazioni implica la disponibilità di maestranze specializzate e com- posite, pronte ad acquisire nuove competenze per affrontare inat- tese problematiche. Maestranze, queste ultime, guidate da una di- rezione del cantiere che dovrebbe essere congiunta, possibilmente coincidente, con coloro che han- no progettato gli interventi da eseguirsi.

Nel contemperamento tra ne- cessità normative, opportunità di ottimizzazione delle lavorazioni e il giusto tempo per la riflessione, il cantiere di restauro chiede di comporre operativamente, in un modello complesso ed equilibra- to, sistemi industriali e espedienti di tipo artigianale.

Allo stesso modo, chiede co- stantemente di mediare tra as- sunti teorici e esigenze pratiche presupponendo flessibilità, aper- tura al metodo empirico, senso del dubbio, pazienza e una sana discrezione nel confronto con il monumento.

88

Il cantiere di restauro del cam- panile di Sant’Agostino alla Zec- ca, nell’area cardo-decumanica della Napoli antica, si inserisce nella tematica più ampia del can- tiere medesimo inteso quale mo- mento di conoscenza1, secondo

uno sviluppo non lineare, in cui le fasi di analisi, di progettazione, di direzione dell’opera e di ese- cuzione necessitano di continui rimandi e di ininterrotte rielabo- razioni.

In questo senso, il cantiere può essere considerato sia come spa- zio ove si esercita l’art de bâtir2,

sia come luogo ove si perfeziona- no tale specifico apprendimento e quelli ad esso correlati: una ac- quisizione di nozioni quasi espe- rimentata in corpore vili, secon- do un’accezione simile a quella esposta dal Dewey nell’«arte qua- le esperienza»3, sia concettuale o

tattile, sia fisica.

Esiste, dunque, una forte ne- cessità di un avanti e di un indie- tro, di varianti, di diversificazioni durante la realizzazione dell’ope- ra e nel corso dello svolgimento del cantiere.

Appare, in tal senso, signifi- cativo rileggere quanto scriveva uno dei sommi Padri del Restau- ro, Eugène-Emmanuel Viollet- le-Duc: «Si ces problèmes posés au restaurateur déroutent et em- barrassent à chaque instant le constructeur qui n’a pas fait une

Il cantiere di restauro di Sant’Agostino alla Zecca in Napoli come “luogo” di conoscenza Stefano Gizzi

appréciation exacte de ces con- ditions d’équilibre, ils deviennent un stimulant pour celui qui con- naît bien l’édifice à réparer. C’est une guerre, une suite de mano- euvres qu’il faut modifier chaque jour par une observation constan- te des effets qui peuvent se pro- duire»4. Si pone, quindi, il tema

della conoscenza come incentivo e come impulso: chi acquisisce una piena consapevolezza non teme eventuali variazioni proget- tuali, ma anzi le accoglie come una motivazione aggiuntiva. E, ancora, notava il Maestro fran- cese: «les architectes chargés de travaux de restauration, souvent dans des villes ou villages ignorés, dépourvus de tout, ont dû s’en- quérir de carrières, au besoin en faire rouvrir d’anciennes, former des ateliers. Loin de trouver tou- tes les ressources que fournissent les grands centres, ils ont dû en créer, façonner des ouvriers, éta- blir des méthodes régulières, soit comme comptabilité, soit comme conduite de chantiers»5.

E, peraltro, il suo principale antagonista, John Ruskin, aveva costantemente tenuto presente anche il problema dei prezzi, dei valori economici, e della loro va- riazione («che cosa intendono gli studiosi di mineralogia quando parlano di ‘Verd antique’? dove si trova e qual è il prezzo per pie- de cubo? E qual è il porfido della

miglior qualità? È il rosso rubino. Dove si trova e qual è il prezzo per piede?»)6. Nondimeno, nu-

merosi sono gli esempi di cantieri ri-iniziati come cambiamenti in corso per scoperte inattese: basti pensare a quello per la costru- zione dell’Auditorium romano di Renzo Piano, ove il rinvenimento di una villa rustica di età repub- blicana ha obbligato il progettista ad effettuare una variante che ha accolto il complesso archeologico all’interno della nuova architet- tura, con conseguenze senz’altro positive per l’opera. Ma anche in altri lavori più recenti, come in quelli condotti per la conservazio- ne della quattrocentesca Rocca Pia di Tivoli, il disvelamento di una scala “a lumaca” oblitera- ta ha condotto a rivedere sia il progetto, sia il cantiere appena avviato, nell’ottica di una valoriz- zazione di tale significativo ele- mento.

Beninteso, se è vero che le in- dagini, dettagliate e circostanzia- te, debbono sempre precedere la fase d’intervento, la successione teorico-operativa non è, però, mai univoca, nel senso che la comprensione prosegue in can- tiere con ritorni e rimandi conti- nui; è, anzi, spesso quest’ultimo a dettare soluzioni per la storia e vi- ceversa, in un intreccio comples- so. Dando, inoltre, per scontato che non possa esistere uno svol-

gimento rettilineo del genere “lettura preventiva - progetto - restauro” (se non ricadendo in posizioni ‘puriste’), né che l’i- dea propositiva possa derivare da una mera sommatoria di dati preventivamente acquisi- ti, occorre anche comprovare, in un progetto di restauro, la maggiore o minore comples- sità e i gradi di possibili ap- prossimazioni e di attuazione delle varie fasi attraverso pro- cessi più o meno complessi, che necessitano di ricorrenti rinvii e di verifiche circolari, tali da escludere una sequen- za ordinata a priori di opera- zioni singolarmente concluse. Emerge, quindi, la necessità di reiterate inversioni in rapporto al progetto e alla conoscenza: ma quest’ultima non può che incarnarsi in una cognizione storica (e critica)7.

Pur se ovvio e scontato, non appare inutile sottolineare come la prima specie di cono- scenza che occorra prevedere sia quella di tipo storico, sia a livello generale, sia in ambi- to particolare, partendo dalle varie fonti, orali, scritte, dalle ricerche archivistiche (presso fondi pubblici e privati), sia esaminando storie particola- ri, quali quelle delle religio- ni - come, appunto, nel caso specifico del campanile - o

89

Outline

Documenti correlati