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67sistema percettivo occidentale che

negli anni si era sedimentato nel- la mente, un tornare alle origini e ad una semplicità che dovrebbe essere l’ambizione ultima di ogni buon progettista. Ed infine l’espe- rienza umana di incontrare un maestro che, senza retoriche, nel- la sua dolce lingua mi racconta che il fine ultimo del nostro pro- gettare dovrebbe essere quello di cercare “un equilibrio tra il natu- rale e l’artificiale, tra l’organico e il costruire. Un’armonia difficile da raggiungere ma verso cui ten- dere”.

Tutto questo in uno studio di pochi metri quadri, essenziale ne- gli arredi e nelle finiture nel quale si comprende che lui questa ar- monia l’ha già raggiunta.

Cantieri della costruzione 7

L’occasione de “I cantieri della architettura” costituisce un impor- tante elemento che viene a col- mare un ‘vuoto’ all’interno della didattica del Dipartimento di Ar- chitettura. Tale ‘vuoto’ si è anda- to aggravando dagli anni ‘80 in poi, con l’inasprirsi del divieto ai professori a tempo pieno di svol- gere attività professionale, anche se orientata ad aspetti qualificanti che si intrecciano con la ‘ricerca’ della qualità dell’architettura at- traverso la sua realizzabilità.

Non è mai esistita nella storia dell’architettura altra evidenza che quella legata al fare e al sa- per fare, base anche per il saper insegnare. E’ per questo che ho voluto raccontare solo le occasio- ni che mi sono capitate di realiz- zare, tralasciando innumerevoli concorsi e progetti non realizzati. I progetti presentati hanno, insie- me alla materialità del cantiere, molti spunti teorici che li han- no orientati. L’esposizione ha messo in risalto la compresenza (dall’idea, al progetto, alla rea- lizzazione, all’uso) degli elemen- ti complessi che trasformano gli

Cantieri della costruzione 7

L’occasione de “I cantieri della architettura” costituisce un impor- tante elemento che viene a col- mare un ‘vuoto’ all’interno della didattica del Dipartimento di Ar- chitettura. Tale ‘vuoto’ si è anda- to aggravando dagli anni ‘80 in poi, con l’inasprirsi del divieto ai professori a tempo pieno di svol- gere attività professionale, anche se orientata ad aspetti qualificanti che si intrecciano con la ‘ricerca’ della qualità dell’architettura at- traverso la sua realizzabilità.

Non è mai esistita nella storia dell’architettura altra evidenza che quella legata al fare e al sa- per fare, base anche per il saper insegnare. E’ per questo che ho voluto raccontare solo le occasio- ni che mi sono capitate di realiz- zare, tralasciando innumerevoli concorsi e progetti non realizzati. I progetti presentati hanno, insie- me alla materialità del cantiere, molti spunti teorici che li han- no orientati. L’esposizione ha messo in risalto la compresenza (dall’idea, al progetto, alla rea- lizzazione, all’uso) degli elemen- ti complessi che trasformano gli

elementi necessari (usi, funzioni, accessibilità, dimensioni, ecc.) in temi di Architettura. I tre progetti illustrati hanno riguardato i pro- getti di riqualificazione del cen- tro storico di Vietri di Potenza; di piazza della Vittoria a Lioni; degli spazi comuni del centro storico di Eboli.

Tutte queste realizzazioni ri- guardano Spazi Collettivi (aree aperte nella città, piazze, strade, …’vuoti urbani’), che costituisco- no forse l’elemento più impor- tante della città stessa. Nei casi descritti si tratta di ‘piccole città’, poco più che ‘paesi’: ‘Centri Mi- nori’ ma affidando all’aggettivo ‘Minori’ un significato positivo, non sminuente rispetto a ciò che essi non sono (Centri Maggiori), né una necessità di rincorsa verso un ‘dover essere’. ‘Centro Mino- re’ è ‘pieno’ e non ‘vuoto’ di qua- lità, e non aspira ad essere il suo contrario.

Molti errori progettuali deriva- no proprio dal non saper cogliere questa particolarità quantitativa e qualitativa. Altro tema fondamen- tale: questi progetti si occupano

del così detto ‘vuoto’ tra i pieni. Anche qui si annida un errore in- terpretativo: l’idea che il ‘vuoto’ sia ‘spazio senza qualità’, mentre, per il progettista attento, lo spazio non è mai realmente ‘vuoto’.

Esso è ‘pieno’ di significati, me- morie, segni fisici impercettibili ai più, ma reali; forze che lo struttu- rano e lo fanno vibrare in relazio- ne a quanto c’è intorno. Ulteriore elemento della costruzione dello spazio collettivo è il rapporto tra ‘memoria’ e ‘futuro’, dove la ca- pacità consiste nel saper leggere e dare importanza alla memoria, senza lasciarsene annichilire; sa- per progettare per il futuro senza fughe a-storiche e fascinazioni estetizzanti.

Il tentativo, nel raccontare, è stato di far intravedere nelle pietre della realizzazione questi spunti, tradotti in scelte costruttive: in un cantiere nel suo farsi e, una volta completato, nel saper comunica- re, con le pietre ed il cemento, ciò che c’era nei disegni e nelle idee.

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Nel caso di Vietri di Potenza, si è trattato di dare forma fisica al sistema degli spazi vuoti del cen- tro storico.

Quasi completata la ricostru- zione post terremoto del 1980, il paese non possedeva più né la vecchia identità né una nuo- va: si erano ricostruiti quasi tutti i fabbricati, ma era scomparsa la minuta qualità dello spazio tra le case ed i monumenti.

Il progetto di riqualificazione degli spazi pubblici ha lavorato su due registri: uno di recupero delle vecchie pavimentazioni; l’altro di introduzione di ‘segni’ e ‘funzio- ni’ nuove finalizzate ad una ‘mo- tivazione alla conoscenza del pic- colo centro’ ed al ‘rapporto con il paesaggio’ del contesto.

A livello generale il progetto ha interessato il minuto sistema via- rio che si intreccia a partire dalla centrale Piazza del Popolo, raffor- zandone le continuità visive e ma- teriali, individuando anche in una parte quasi abbandonata (ma con un suggestivo affaccio sulla rupe e sulla valle), alcuni piccoli immobili di proprietà comunale da destinare a: museo delle tra- dizioni locali, punto ristoro della gastronomia locale, centro mo- stre ed eventi degli artisti locali.

Il luogo principale (piazza del Popolo) è stato giocato sulla qua- lità del vuoto, con l’evidenziazione, attraverso i sistemi di pavimentazio-

Vietri di Potenza: il progetto di riqualificazione del centro storico Stefania Brancaccio

ne, dell’appartenenza alle giaciture geometriche dei vari percorsi che da essa si dipartono, ma anche con una logica di “contrappunto” al paesaggio naturale dei monti al contorno ricoperti di una compatta coltre di alberi.

Sfruttando i dislivelli esistenti il progetto ha individuato al di sotto di piazza del Popolo un parcheg- gio interrato a norma per circa 20 auto, nelle cui zone laterali sono contenuti anche spazi tecnici im- piantistici generali, evitando così di dover collocare ulteriori volumi per cabine elettriche ed altri volu- mi tecnici.

In particolare, per conservare tracce della memoria storica, si sono compiute due operazioni: una relativa al disegno generale; l’altra relativa all’uso dei materiali.

Per quanto attiene al disegno generale il progetto ha voluto confermare e sottolineare le gia- citure fondamentali della struttura urbana storicizzata.

In questo disegno sono rien- trati anche gli aspetti progettuali dei sottoservizi: oltre ad eliminare l’intrico indecoroso di reti elettri- che, telefoniche, impiantistiche esterne e “volanti”, si è progettato il reticolo dei sottoservizi razio- nalizzandolo ed armonizzandolo con le giaciture delle geometrie del progetto architettonico.

Per quanto attiene all’uso dei materiali, si sono compiute due

scelte: a) recuperare i vecchi ba- soli storici di breccia lucana; b) utilizzare per le parti nuove un materiale simile (breccia irpina), ma con tagli e pezzature chia- ramente diversi. Le connessioni fra più materiali sono poi state affidate alla pietra di Apricena, più chiara e compatta, al fine di individuare, attraverso questo si- stema di continuità lineare, “il filo di Arianna” che guida il fruitore degli spazi nel piccolo sistema la- birintico locale.

La pavimentazione delle vie, della piazza ed il rivestimen- to esterno di piazza del Popolo, sono affidati ad un unico mate- riale e ad un’unica tessitura geo- metrica, in modo da far sembrare la piazza una sorta di “bastione” murario riemerso dalla storia del luogo.

Si sono evidenziati, nella espo- sizione, tutti i problemi costruttivi e tecnologici che sono stati risolti in coerenza con il disegno archi- tettonico.

Una parte significativa del progetto (non ancora realizzata) avrebbe dovuto essere costituita inoltre dalla riqualificazione e riu- so, nella parte alta del paese, di una serie di manufatti di edilizia storica minore, ceduti dagli abi- tanti all’amministrazione, in per- muta di nuove abitazioni realiz- zate con la legge 219. Si tratta di piccoli ambienti, tutti affacciati su

Fig. 1 Vietri di Potenza, piazza del Popolo. Prospettiva di progetto

Fig. 2 Vietri di Potenza. Schizzi di progetto per il riuso dell’edilizia di bordo del vallone (Vito Cappiello)

Fig. 3 Vietri di Potenza, piazza del Popolo. Vista dal basso con l’accesso ai parcheggi interrati

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