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Cantieri della virtualità

Nel documento Ri-attivare per trasformare spazi in luoghi (pagine 127-130)

Il ruolo della modellazione tri- dimensionale e delle tecnologie digitali nella comunicazione del patrimonio culturale è stato il tema principale delle attività svol- te nell’ambito dei Cantieri della Virtualità. Nei quattro incontri previsti sono stati approfonditi alcuni aspetti fondamentali della questione, sono state analizzate le principali procedure attualmen- te più utilizzate per la costruzione di modelli 3D e le basi teoriche e pratiche necessarie per l’elabo- razione di un efficace progetto di comunicazione.

L’apporto di alcuni esperti del settore ha consentito di offri- re una panoramica sulle attuali possibilità comunicative derivanti dalla disponibilità di nuovi canali di comunicazione e dei nuovi de- vices devices che stanno profon-

damente modificando l’approc- cio cognitivo dell’utente e quindi le modalità di accesso all’infor- mazione e alla conoscenza. L’e-

Cantieri della virtualità

Il ruolo della modellazione tri- dimensionale e delle tecnologie digitali nella comunicazione del patrimonio culturale è stato il tema principale delle attività svol- te nell’ambito dei Cantieri della Virtualità. Nei quattro incontri previsti sono stati approfonditi alcuni aspetti fondamentali della questione, sono state analizzate le principali procedure attualmen- te più utilizzate per la costruzione di modelli 3D e le basi teoriche e pratiche necessarie per l’elabo- razione di un efficace progetto di comunicazione.

L’apporto di alcuni esperti del settore ha consentito di offri- re una panoramica sulle attuali possibilità comunicative derivanti dalla disponibilità di nuovi canali di comunicazione e dei nuovi de- vices devices che stanno profon-

damente modificando l’approc- cio cognitivo dell’utente e quindi le modalità di accesso all’infor- mazione e alla conoscenza. L’e-

voluzione tecnologica dell’ultimo ventennio ha, infatti, determinato la diffusione di sistemi di comu- nicazione che utilizzando il 3D come medium privilegiato, hanno favorito la nascita di nuove figure professionali: i progettisti di con- tenuti 3D multimediali.

L’aspetto tecnologico, legato alla diffusione in ambito domesti- co di dispositivi come la Wii, la Kinect e di tablet e smart phone

di ultima generazione, è diventa- to la base vincolante per proget- tare ogni genere di installazione culturale che non sia un semplice prototipo.

La tecnologia rappresenta in questo settore un mezzo per di- vulgare contenuti culturali mentre grande attenzione va posta nella scelta dell’approccio narrativo che deve essere opportunamente calibrato in relazione all’utenza.

I casi studio presentati hanno consentito di valutare criticamen- te diversi approcci narrativi desti-

nati a diverse tipologie di utenti, dal video a sistemi con vari livelli di interattività fino a giungere alle applicazioni più sofisticate che consentono di interagire con gli ambienti virtualmente ricostruiti tramite avatar.

Dalla costruzione di modelli 3D possono essere relizzati diversi prodotti comunicativi con diversi livelli di interattività: immagini, video, ambienti virtuali immersivi ma anche semplici sistemi infor- mativi su base tridimensionale.

La panoramica sulle tecniche di costruzione dei modelli 3D dimo- stra come il modello da un lato rivesta un ruolo fondamentale di supporto alla ricerca, agevolan- do la verifica, la discussione ed il confronto delle diverse ipotesi interpretative, mentre dall’altro assolva ad una specifica esigenza comunicativa, migliorando i pro- cessi cognitivi.

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Il presente contributo vuole af- frontare alcuni presupposti della comunicazione multi-canale che sottindendono ad ogni traferi- mento di informazione e, nel- lo specifico, quelli che usano il 3D come medium privilegiato nell’ambito dei Beni Culturali, partendo da tre concetti fondanti.

Il primo concetto deriva dall’au- tomotive: è lo “human in the loop”1, ovvero l’auto progetta-

ta intorno all’uomo. Tale punto di vista è focale nel considerare come l’utente sia divenuto la co- stante intorno la quale organizza- re le variabili che, nella trasmis- sione culturale, sono costituite dalle informazioni e dai percorsi relativi agli oggetti esposti, siano essi materiali o immateriali, espo- sti in spazi reali o virtuali.

Il secondo concetto è che, da qualunque punto di vista si voglia osservare il tema, è sempre que- stione di comunicazione. Esporre, tradurre, trasmettere conoscenza, misurarne l’efficacia... la scienza cognitiva si è fatta strada cer- cando di comprendere quando e dove la mente umana inizia a dare un significato ai segnali che arrivano dai sensi, trasmessi da qualcuno o qualcosa.

Cent’anni fa la mente era una tabula rasa, senza ruolo attivo nel processo dell’attribuzione del significato2. A metà del secolo

scorso la Gestalt Theorie3 enun-

Multichannel 3D for Virtual Cultural Heritage Davide Borra

ciava come la mente avesse ruolo attivo nel riconoscere la ‘buona forma’ grazie a modelli menta- li di riferimento già presenti fin dalla nascita4. A partire dalla

seconda metà del secolo5 si tra-

ghettarono le conoscenze verso il Cognitivismo, ove la mente è uno strumento attivo nell’interpretare modelli mentali dinamici, in con- tinua evoluzione, in cui l’indivi- duo inizia ad essere considerato il costruttore della propria visione del mondo. E se ricordiamo che il termine deriva dal latino cum- munis e actio ritroviamo i concetti

cardine dei più recenti paradigmi cognitivi sviluppati in questo se- colo6: la mente elabora costante-

mente il significato grazie all’em- bodiment, ovvero la cognizione

del proprio ‘se stesso’ nel mondo, reale o virtuale che sia. E ciò che differenzia i paradigmi preceden- ti è che il senso è continuamente rinegoziato tra i partecipanti della comunità che si ritrova in quello spazio comune e che crea così quell’ecosistema7 cibernetico di

cui il sociologo e psicologo Gre- gory Bateson8 ne ha disegnato i

contorni.

Il terzo concetto è che l’utente contemporaneo sta maturando esigenze di interazione mai sen- tite prima: se nel museo ottocen- tesco si entrava con composta passività, nell’exhibit contempo- raneo si richiedono guide inte-

rattive, applicazioni adattive per il proprio palmare, spazi comuni con proiezioni 3D, spazi dedicati ai bambini, ai diversamente abili, agli stranieri e così via. L’offerta di informazione culturale deve divenire ‘adattiva’, ed il gestore dell’exhibit ha l’esigenza di mo- tivare l’interesse del visitatore fin da quando è ancora in casa, at- traverso un sito web pro-attivo e, possibilmente fare in modo che egli divenga un fan del museo, veicolando buoni commenti sui social network, una volta tornato a casa.

Ed il 3D? A cosa può tornare utile?

In questo genere di contesto, il ruolo del 3D9 ha assunto quali-

tà comunicative di tutto rispetto, divenendo non più soltanto un medium visuale, quanto un am- biente immersivo collaborativo totalmente sintetico oppure so- vrapposto alla realtà10.

Può acquisire una responsa- bilità maggiore nel diventare il contesto informativo dentro cui si rinegoziano i significati dell’in- formazione che viene proposta e questo territorio può mutare esso stesso in tempo reale, a causa degli interventi interni o esterni di altri esploratori. Siamo nel pieno del virtuale 2.0 e già ci stiamo affacciando al 3.0 in cui inizia il contributo della cibernetica. Questa collaborazione tra utenti

Fig. 1 Una villa palladiana in 3DMetaversity, una grid di Open Simulator usata da studenti di Architettura. Si notano l’Ambient Occlusion, le ombre proprie e portate, calcolate in tempo reale

Fig. 2 Screenshot di un ambiente naturale su SL e OS

Fig. 3 Specifici plug-in permettono di pilotare il proprio avatar in SL e OS con sistemi di tracking come la Kinect e simili. Si pilota l’avatar col movimento del proprio corpo

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