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CooRdinatRiCe D. Marazziti

I disturbi correlati allo stress: un nuovo approccio alla nosografia psichiatrica?

M. Catena Dell’Osso, C. Faravelli

Dipartimento di Psicologia, Università di Firenze Il ruolo dello stress nella genesi della psicopatologia è noto da tempo. Gli eventi traumatici precoci sono con- siderati fattori di predisposizione allo sviluppo di quadri psicopatologici in età adulta, gli eventi stressanti che si verificano in età adulta avrebbero invece un ruolo di fattori precipitanti la psicopatologia. La disregolazione dell’asse HPA, ed in particolare una riduzione dell’effi- cienza del fisiologico meccanismo di feed-back negativo, è stata più volte chiamata in causa come uno dei fattori tramite cui lo stress condurrebbe all’esordio dei disturbi psichici. Mentre i risultati provenienti dagli studi animali sembrano più solidi, i dati sull’uomo risultano poco con- sistenti e non univoci. In ogni caso, sia gli eventi stressanti che l’asse HPA sembrano implicati, in vario modo, nella maggior parte dei disturbi psichiatrici in cui sono stati va- lutati. Tuttavia, una dimensione transnosografica sembra comune a quasi tutte le variabili (sociali, cliniche e biolo- giche) che sono state riscontrate alterate in psichiatria. La debolezza dell’attuale nosografia, che prevede categorie diagnostiche eterogenee, che spesso concomitano nello stesso paziente, rappresenterebbe uno dei fattori alla base della mancanza di specificità. In questo contesto, come proposto da Van Praag, appare più proficuo studiare po- tenziali anomalie biologiche in ampi gruppi di pazienti, per identificare quei fattori connessi alla suddetta altera- zione indipendentemente dalla diagnosi.

Novantacinque pazienti psichiatrici in fase acuta di malat- tia sono stati reclutati secondo un approccio transnosogra-

fico e confrontati con 34 soggetti sani. Un’alterazione del- l’asse HPA, significativamente più frequente nei pazienti rispetto ai controlli (34,7% vs. 3%, p < ,001), è risultata associata alla presenza di eventi stressanti precoci e, in- dipendentemente dalla diagnosi, ad uno specifico pattern sintomatologico caratterizzato da umore depresso, num- bing, anedonia, riduzione dell’autostima, difficoltà di con- centrazione, indecisione, astenia e sintomi psicotici. Un approccio transnosografico alla psicopatologia potrebbe contribuire all’identificazione di modelli fisiopatologici su cui fondare la classificazione dei disturbi mentali.

bibliografia

Van Praag HM. Over the mainstream: diagnostic require-

ments for biological psychiatric research. Psychiatry Res

1997;72:201-12.

Faravelli C, Catena Dell’Osso M, Gorini Amedei S, Rotella F, Faravelli L, Palla A, et al. The dexamethasone suppression

test administered trans-nosografically: association with symp- toms but not with diagnoses (Submitted to J Clin Psychiatr).

alterazioni immunologiche in pazienti con disturbo ossessivo-compulsivo prima e dopo trattamento farmacologico

D. Marazziti, G. Consoli, M. Catena Dell’Osso, S. Baroni, M. Carlini, M. Picchetti, F. Golia

Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa

Obiettivi: pochi studi condotti su pazienti affetti da di-

la presenza di alterazioni di alcuni parametri del sistema immunitario, in particolare l’aumento delle cellule na- tural Killer (NK), o di alcuni anticorpi e interleuchine. Si è inoltre ipotizzato che un sottotipo di DOC a in- sorgenza infantile possa essere dovuto ad una reazione autoimmunitaria scatenata da infezioni di Streptococco beta-emolitico. Molte scarse sono anche le informa- zioni sugli effetti delle terapie con inibitori selettivi del re-uptake della serotonina (SSRI) sul sistema immuni- tario in pazienti con DOC. Un persistente incremento dei marker della risposta infiammatoria (cellule NK) è stato riscontrato in pazienti DOC adulti dopo 12 setti- mane di terapia. In uno studio più recente, invece, non è stato evidenziato nessun parametro immunitario alte- rato dopo 12 settimane di trattamento con paroxetina e venlafaxina. L’obiettivo di questo studio è stato quello di esaminare i possibili effetti di 12 mesi di trattamento con farmaci anti-ossessivi (clomipramina e SSRI) sulle sottopopolazioni linfocitarie in 20 pazienti con DOC drug-free.

Materiali e metodi: il campione era composto da 15 uo-

mini e 5 donne (età media: 26,7 ± 8,9 anni, età media di esordio del disturbo 19,8 ± 2,5 anni). La diagnosi è stata effettuata mediante l’Intervista Clinica Strutturata per il DSM-IV (SCID). I pazienti non presentavano altri disturbi di asse 1 in comorbidità. I pazienti sono stati definiti responders se ottenevano una riduzione di al- meno il 25% al punteggio totale della Yale Brown Ob- sessive-Compulsive Scale (Y-BOCS). Il sangue periferico dei pazienti è stato analizzato tramite un citofluorimetro Facstar Flow Sorter misurando numero assoluto e per- centuale delle cellule CD4+, CD8+, CD3+, CD19+ e CD56+. Il rapporto tra linfociti T-helper e T-suppressor è stato valutato misurando il rapporto CD4+/CD8+. Lo stesso campione è stato sottoposto alla valutazione degli stessi parametri dopo 12 mesi di trattamento.

risultati: a t0 i pazienti presentavano un aumento signi-

ficativo dei linfociti CD8+ e un decremento dei CD4+, sia come numero assoluto che percentuale, rispetto a un gruppo di controllo di soggetti sani (15 uomini e 5 donne, età media 27,7 ± 9,1). Dopo un anno di terapia (t1) tutti i pazienti presentavano una riduzione signifi- cativa dei punteggi totali alla Y-BOCS (12 ± 5,4, p = 0,001) rispetto alla valutazione basale e, parallelamente modificazioni significative delle due sottopopolazioni linfocitarie alterate a t0: i CD4+ aumentavano (media ± DS: 984 ± 78 vs. 813±60, Z = -2,97, p = 0,004 e media ± DS: 49 ± 2 vs. 43 ± 7, Z = -2,84, p = 0,005, rispet- tivamente), lo stesso il rapporto CD4+/CD8+ (media ± DS: 1,85 ± 0,38 vs. 1,45 ± 0,36, Z = -3,10, p = 0,002), mentre i CD8+ diminuivano (media ± DS: 480 ± 194 vs. 624 ± 279, Z= -3,07, p = 0,002 e media ± DS: 27 ± 4 vs. 31 ± 5, Z = -2,87, p =,004, rispettivamente).

conclusioni: i risultati di questo studio hanno eviden-

ziato una riduzione significativa dei linfociti CD8+ e un incremento significativo sia dei CD4+ che del rap- porto CD4+/CD8+ dopo un anno di terapia specifica in pazienti con DOC. Questi dati suggeriscono che le

alterazioni del sistema immunitario riportate in questa patologia si normalizzano col trattamento a base di far- maci serotoninergici; quindi, tali marker possono essere considerati “stato-dipendenti” e probabilmente sono in relazione allo stress psicologico. Resta da stabilire se la normalizzazione dei linfociti T sia dovuta al migliora- mento sintomatologico o piuttosto a un potenziamento delle difese immunitarie indotto da tali farmaci.

bibliografia

Barber Y, Toren P, Achiron A, Noy S, Wolmer L, Weizman R, Laor N. T cell subsets in obsessive-compulsive disorder. Neuropsychobiology 1996;34:63-6.

Ravindran AV, Griffiths J, Merali Z, Anisman H. Circulating

lymphocyte subsets in obsessive compulsive disorder, major depression and normal controls. J Affect Disord 1999;52:1-

10.

Denys D, Fluitman S, Kavelaars A, Heijnen C, Westenberg HG.

Effects of paroxetine and venlafaxine on immune parameters in patients with obsessive-compulsive disorder. Psychoneu-

roendocrinol 2006;31:355-60.

Trattamento con farmaci antidepressivi

e modulazione stress-dipendente della neurotrofina bdNF

M.A. Riva

Centro di Neurofarmacologia, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università di Milano

Sebbene le ipotesi classiche sulla patogenesi della de- pressione maggiore riconoscano il coinvolgimento dei sistemi serotoninergico e noradrenergico, numerose evidenze suggeriscono che i disturbi dell’umore sono caratterizzati da una ridotta plasticità neuronale. Geni di suscettibilità ed esposizione ad eventi avversi, come lo stress, alterano il profilo di espressione e funzionalità di proteine come la neurotrofina BDNF che svolgono un ruolo fondamentale nei meccanismi di plasticità cel- lulare. Pertanto, l’intervento farmacologico oltre che a riequilibrare l’assetto neurotrasmettitoriale deve miglio- rare la funzionalità cerebrale regolando l’espressione di tali proteine.

Nei nostri studi abbiamo utilizzato l’antidepressivo du- loxetina per valutare la capacità della molecola di mo- dulare BDNF, e per stabilire se il trattamento cronico con l’antidepressivo potesse alterare la responsività ad uno stress acuto, uno dei principali fattori scatenanti per la patologia depressiva.

I nostri risultati dimostrano innanzitutto che il tratta- mento cronico con duloxetina regola in modo com- plesso l’espressione e la localizzazione subcellulare di BDNF in specifiche aree cerebrali. Inoltre, rispetto ai ratti controllo, negli animali trattati cronicamente con duloxetina si evidenzia una diversa responsività ad uno stress acuto di moderata entità (5’ di nuoto forza- to). Infatti, il trattamento cronico con l’antidepressivo

influenza la trascrizione stress-dipendente di specifi- che isoforme di BDNF, la traslocazione della proteina a livello sinaptico, nonché l’attivazione di vie di tra- sduzione del segnale.

I nostri risultati consolidano l’idea che la modulazione di BDNF e delle proteine ad esso correlate possa rap- presentare un evento cruciale per l’azione dei farmaci antidepressivi. Inoltre, questi dati evidenziano la capa- cità di tali molecole di aumentare il pool sinaptico della neurotrofina e modificare l’attivazione delle cascate di traduzione del segnale ad essa sottese, fornendo ulterio- re prova del ruolo dei farmaci antidepressivi nella mo- dulazione della plasticità sinaptica e della responsività allo stress.

recettori per i glucocorticoidi e antidepressivi

C.M. Pariante

Institute of Psychiatry, King’s College London

Le nostre ricerche, e quelle di altri gruppi, hanno per- messo di sviluppare un modello secondo cui la depres- sione è una risposta comportamentale causata da mol- teplici meccanismi molecolari legati alla risposta allo stress, che coinvolgono sia il sistema nervoso centrale che sistemi periferici come il sistema immunitario ed il sistema neuroendocrino, e che sono attivati da varie cir- costanze psicologiche, mediche ed ambientali. Inoltre, abbiamo descritto uno specifico effetto del trattamento antidepressivo in vitro sulla funzione del recettore per glucocorticoidi linfocitario, che sembrerebbe distinguire i pazienti depressi clinicamente resistenti al trattamento. Questi risultati indicano una diretta azione dei farmaci antidepressivi sui meccanismi molecolari che regolano lo stress. La ricerca nel campo della psico-neuro-endo- crino-immunologia sta fornendo nuove idee non solo per capire i meccanismi patogenetici operanti nella de- pressione ma anche per scoprire nuovi approcci alla te- rapia della depressione usando farmaci “antistress”, che alterano i sistemi endocrino ed immunitario.

MercOledì 11 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

Sala PeRugino

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