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CooRdinatoRi G. Bersani, F. Benedetti

Lo scopo di questo studio è stato quello di individuare la prevalenza del SAD e della sua variante subclinica nel campione studiato. Inoltre abbiamo cercato di valutare eventuali differenze nel profilo circadiano dei soggetti con sensibilità stagionale e dei soggetti sani attraverso l’analisi degli indici di tendenza centrale.

Metodi: 1431 soggetti (sia di sesso femminile che ma-

schile, di età media 31,0 ± 5,1) sono stati esaminati nei mesi di Novembre, Dicembre e Gennaio, attraverso l’esecuzioni del Seasonal Pattern Assessment Question- naire (SPAQ) e il Morning-Eveningness Questionnaire (MEQ).

risultati: dall’analisi dei risultati è emerso che il 3%

dei residenti del Centro Italia soddisfaceva i criteri per il Winter-SAD ed il 14,3% soddisfaceva i criteri per il Subsyndromal-SAD.

Rispetto alle differenze di prevalenza nei due sessi, il campione femminile mostrava una frequenza del 4,8% rispetto al 1,4% negli uomini (χ2 = 7,3 p <,001) per il

SAD e del 12,3% rispetto al 5,7% (χ2 = 10,6, p <,001)

per il Subsyndromal-SAD.

Dall’analisi degli item della SPAQ emerge che il livello di energia (tra il 60 e il 27% dei soggetti riferisce varia- zioni di grado moderato-grave legate alle stagioni nel livello di energia), l’umore, l’attività sociale, l’appetito, la durata del sonno e il peso sono differentemente sog- gette all’influenza delle variazioni stagionali. Inoltre, il campione femminile presenta una sensibilità stagionale maggiore rispetto al campione maschile.

conclusioni: alla luce dei punteggi ottenuti nei questio-

nari utilizzati per valutare l’attività circadiana, e in ac- cordo con i dati presenti in letteratura, è stato osservato che alle nostre latitudini il Winter-SAD (3%) si manifesta con una frequenza inferiore rispetto al Nord Europa e con una frequenza maggiore rispetto al Giappone. Il nostro studio ha permesso inoltre di rilevare una più al- ta prevalenza di Winter-SAD e Subsyndromal SAD nelle donne rispetto agli uomini (3:1). Quest’ultime presenta- no un più alto Seasonal Score e riferiscono più spesso problemi legati alle stagioni nell’energia, nell’umore, nel sonno, nell’attività sociale, nel peso e nell’appetito. Questi dati confermano il ruolo dei fattori cronobiologi- ci nello sviluppo del disturbo affettivo stagionale e riba- discono le maggiore suscettibilità del sesso femminile ai disturbi dell’umore.

Tuttavia, la prevalenza dell’evening type, riscontrata nel gruppo SAD appare in contrasto con dati presenti in let- teratura.

deficit di cognizione e sensibilità stagionale

M. Mazza, F. Pacitti, R. Roncone, M. Casacchia

Dipartimento Scienze della Salute, Università dell’Aquila Il SAD è un disturbo che si manifesta con sintomi af- fettivi e comportamentali, le cui variazioni d’intensità presentano una periodicità tipicamente circannuale. Si tratta di un disturbo molto frequente nella popolazione e caratterizzato dalla presenza di sintomi ricorrenti che si presentano esclusivamente durante la fase premestruale o nei primi giorni del ciclo.

Una delle più importanti è il livello delle funzioni co- gnitive come l’attenzione, le capacità esecutive, la de- strezza manuale e la coordinazione neuromuscolare. Queste capacità presentano il minimo nelle prime ore del mattino, ed il massimo nelle ore pomeridiane. Gli studi sulla cronobiologia ha permesso inoltre di com- prendere meglio il funzionamento dell’organismo e del- le funzioni esecutive tra cui le capacità di planning e di attenzione.

Obiettivo dello studio: è stato quello di valutare la ri-

sposta terapeutica alla light therapy e nelle componenti delle funzioni esecutive quali pianificazione, flessibilità e controllo, attenzione selettiva spaziale e attenzione sostenuta.

Metodi: abbiamo studiato un campione di 50 pazienti

con diagnosi di SAD e 50 pazienti con diagnosi di PMS reclutati presso la Clinica Psichiatrica dell’Università dell’Aquila. Gli strumenti clinici utilizzati sono stati: una versione italiana modificata del Seasonal Pattern Assessment Questionnaire (SPAQ), Seasonal il Seasonal Food Preference Questionnaire e il Morningness-Eve- ningness Questionnaire (MEQ) e la Beck Depression Inventory (BDI), Questionario per l’Osservazione Retro- spettiva e di Stato del Comportamento Circadiano. L’as- sessment delle funzioni esecutive è stato eseguito me- diante i seguenti test: Torre di Londra, Winsconsin Card Sorting Test, Test di Fluenza Verbale, Doppio Compito. L’attenzione selettiva e la compatibilità spaziale verran- no valutate con il Compito Simon. L’attenzione sostenu- ta verrà valutata con il Continuous Performance Test. I soggetti sono stati sottoposti ad un ciclo di light the- rapy di 2 settimane, con esposizione giornaliera di 30 minuti.

risultati: i risultati hanno evidenziato un miglioramento

significativo delle funzioni neurocognitive in particola- re nelle capacità attentive e nella pianificazione e pro- grammazione delle azioni.

la perseverazione dell’errore diagnostico

A. Bellomo

Dipartimento di Scienze Mediche e del Lavoro, Sezione di Psichiatria e Psicologia Clinica, Università di Foggia La professione psichiatrica, rispetto ad altre aree di inter- vento sanitario, presenta peculiarità proprie che rendo- no più difficoltosa la valutazione di eventuali comporta- menti inadeguati e che possono concretizzare profili di responsabilità del tutto particolari.

La valutazione e la gestione del rischio e dell’eventuale errore in psichiatria è da qualche tempo argomento di continue discussioni in questo particolare settore della medicina.

Si può definire errore: “ogni giudizio o valutazione che contravvenga al criterio riconosciuto valido nel campo in cui il giudizio si riferisce, oppure ai limiti dell’applica- bilità del criterio stesso”.

L’errore non appartiene alla sfera delle “proposizioni” (o degli enunciati), ma a quella del “giudizio”, in altre pa- role ad un atteggiamento “valutativo” che stimi se sussi- stono le due condizioni necessarie per il verificarsi della possibilità d’errore: a) che vi sia, e sia applicabile in una data situazione, un valido criterio di giudizio, senza il quale non è possibile distinguere l’errore dal non erro- re; b) che tale criterio non sia necessario e infallibile, altrimenti l’errore dovrebbe essere stato impossibile in partenza, e saremmo in questo caso di fronte all’appli- cazione di una pratica palesemente “sbagliata”. Due sono le categorie generali degli errori:

errori di commissione, causati dall’esecuzione d’atti medici e/o assistenziali non dovuti o praticati in mo- do scorretto;

errori di omissione, dovuti alla mancata esecuzione d’atti medici e/o assistenziali ritenuti necessari per i pazienti, in base alle competenze e conoscenze pro- fessionali.

Peraltro è ormai chiaro che un eventuale errore in psichiatria si può evidenziare in varie fasi ed in va- ri momenti della gestione clinica del paziente affetto da disturbi mentali, potendo riguardare anche la fase iniziale di tale gestione, quella, cioè, in cui sussiste la necessità di formulare una diagnosi corretta al fine di impostare un adeguato intervento terapeutico-ria- bilitativo.

Monitoraggio medico: a chi, quando e perché

G. Di Sciascio, S. Calò, R. Melpignano, M. Nardini

AOU “Policlinico Consorziale”, Bari

La storia del trattamento farmacologico dei disturbi psi- chiatrici ha assunto una direzione assolutamente nuova dal momento in cui al proposito di ottenere la migliore gestione possibile del sintomo, si è sostituito quello del- la migliore gestione del paziente.

Questa svolta ha di fatto portato in luce alcuni aspetti della terapia farmacologica connessi alla sua capacità di incidere sia sul piano psicopatologico che su quello della salute fisica.

In questa ottica proprio il trattamento psicofarmacolo- gico dei disturbi mentali rappresenta uno degli aspetti più delicati dell’agire psichiatrico, soprattutto se si tiene conto che, in alcuni pazienti, una adeguata risposta cli- nica si associa alla comparsa di alcune collateralità che possono compromettere il risultato terapeutico oltre che determinare una riduzione della qualità e della quantità di vita dei pazienti stessi.

Questo dato appare ancora più rilevante soprattutto se si tiene conto del fatto che tali pazienti spesso presenta- no in comorbidità patologie internistiche che risentono fortemente delle collateralità indotte dal trattamento psi- cofarmacologico.

Appare chiaro quindi che una corretta valutazione e gestione di tali problematiche sia una delle principali responsabilità dello psichiatra al fine di raggiungere il miglior risultato possibile allo stato delle conoscenze attuali.

L’obiettivo di questo contributo è quello di rilevare, alla luce dei dati presenti in letteratura e delle disposizio- ni dell’AIFA e di altre agenzie regolatorie, le principali collateralità legate ai trattamenti psicofarmacologici e le raccomandazioni relative alla loro gestione e monito- raggio.

ragionando sull’off-label …

R. Brugnoli

Fondazione Paolo Pancheri, Roma

Off-label è un termine inglese, entrato nell’uso comune, traducibile in italiano come utilizzo di un farmaco al di fuori delle condizioni autorizzate.

Per off-label si intende la pratica di prescrivere un far- maco per scopi e secondo modalità diversi da quelli ap-

gIOVedì 12 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30

Sala BoRRoMini

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