• Non ci sono risultati.

CooRdinatoRi L. Pavan, M. Biondi

Psicoterapie brevi in medicina

M. Biondi

Ordinario di Psichiatria, UOC di Psichiatria e Psicofarmacologia Clinica – SPDC, Azienda Policlinico “Umberto I”, Sapienza Università di Roma

I bisogni del malato in medicina generale e specialisti-

ca riguardano con prevalenze variabili dal 10 al 50% secondo vari studi – differenti per aree e tipologie di diagnosi – sofferenza di tipo depressivo, ansioso, in minor misura di natura dissociativa, psicotica o psico- organica. L’ambito riguarda tra gli altri pazienti onco- logici, cardiovascolari, neurologici, gastroenterologici, dermatologici, post-chirurgici. Alla presentazione cli-

nica si sovrappongono piani diversi, della personali- tà pre-esistente, disturbi eventualmente pre-esistenti, reazione psicologica alla malattia medica e risposta di stress da adattamento, disturbi psicopatologici in senso stretto.

Gli interventi terapeutici – in particolare nel setting di consulenza di degenza ospedaliera quando la durata lo consente oppure in ambito ambulatoriale – sono limitati dal setting. Tuttavia interventi psicoterapici brevi, cen- trati su tematiche specifiche, ad indirizzo cognitivo-esi- stenziale e con componente comportamentale, possono essere efficaci in una quota di casi. La presentazione discuterà alcuni casi illustrando i principi e i limiti.

la psicoterapia centrata sul significato (Meaning centered Psychotherapy): possibili applicazioni in medicina

A. Costantini, M. Biondi*, L. Grassi**, S. Poppito***,

W. Breitbart***

UOD Psiconcologia, Ospedale “Sant’Andrea”,

* Dipartimento di Scienze Psichiatriche e Medicina

Psicologica, Sapienza Università di Roma; ** Sezione di

Clinica Psichiatrica Università di Ferrara; *** Department

of Psychiatry and Behavioral Sciences, Memorial Sloan Kettering Cancer Center, New York

Le risorse per sostenere ed affrontare la sofferenza psi- cologica e psicopatologica nei pazienti con patologie mediche a medio lungo termine, sono piuttosto limitate, sia nel setting di ricovero che in quello ambulatoriale. Il modello tradizionale di terapia ad orientamento psi- codinamico, certamente quello fino ad alcuni anni fa principale, possiede indiscutibili vantaggi ma indub- biamente anche numerosi limiti. Le terapie cognitivo comportamentali che hanno una più ampia documen- tazione di efficacia in letteratura in questi ultimi anni, rappresentano una delle tecniche più diffuse e sono certamente di valore in numerose condizioni, tra cui la medicina cardiovascolare, l’adattamento a procedure invasive, programmi di riabilitazione ecc.

È certamente arduo trovare un indirizzo psicoterapico in grado di combinare brevità dell’intervento – adat- to quindi ad una varietà di contesti clinici e gravità di condizioni mediche – con la caratteristica di approccio umanistico ed esistenziale.

In questa prospettiva di recente è stato interessante il tentativo nel campo dell’oncologia di sviluppare la Meaning Centered Psychotherapy, in parte derivata dal filone esistenzialista di Frankl e di altri Autori, al campo dell’oncologia.

Il campo è particolarmente delicato e difficile perché questo tipo di patologie rappresenta una minaccia per la vita, spesso nella prospettiva di una vita ormai a bre- ve termine e come è noto in campo psiconcologico, la- scia scarse applicazioni per psicoterapie “tradizionali”. L’équipe di Breitbart presso lo “Sloan Kettering” Cancer Center ha sviluppato un modello manualizzato di inter-

vento individuale e di gruppo in 8 sedute, già clinica- mente testato con evidenze di efficacia su diversi para- metri, psicologici e sintomatologici di qualità di vita ed è in corso uno studio multicentrico in Italia su pazienti in fase avanzata di malattia oncologica (tumori solidi fase III e IV). Questo tipo di intervento rappresenta una sfida ai limiti delle risorse degli interventi psicoterapici, tenuto conto delle tematiche di fine vita, del grado di angoscia, delle difficoltà di intervento anche personale per gli psicoterapeuti e della rivoluzione di valori che si verifica in questo setting, così come forse per le leggi della fisica ai confini dell’universo. Questo richiede una formazione attenta e specifica sia per la qualità dell’in- tervento verso i pazienti, sia per la prevenzione di pato- logie secondarie negli operatori.

Al di là delle applicazioni in oncologia questo modello di intervento è certamente promettente anche in altre condizioni di malattie croniche gravi ed anche di media gravità (medicina cardiovascolare, malattie metaboli- che, malattie neurologiche, politraumatismi ecc.).

bibliografia

Breitbart W. Meaning Centered Psychotherapy in advanced

cancer patients: a randomized controlled trial of an interven- tion to enhance hope, meaning and spiritual well-being near the end of life. American Psychosomatic Society 65th annual

meeting, Budapest 2007, march 7-10.

Interventi di psicoterapia breve nell’Ospedale generale

G. Maina, G. Rosso, F. Bogetto

Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

La psicoterapia dinamica breve (brief dynamic therapy – BDT) nasce all’interno della psicoanalisi: considerata un tempo una terapia di secondo ordine, acquista a par- tire dagli anni ’50 una sua posizione di riguardo, con il delinearsi di teorie e tecniche specifiche 1-5.

La BDT si caratterizza per un limite temporale che vie- ne stabilito in partenza e la definizione di un focus (un sintomo, una relazione conflittuale, un evento di vita stressante) su cui verterà il lavoro psicoterapeutico. Le caratteristiche di questo tipo di psicoterapia (numero limitato di sedute; valutazione dei risultati sul piano del miglioramento clinico) si adattano bene anche alla sua applicazione nel servizio pubblico. Presso il Servizio per i Disturbi Depressivi e d’Ansia del Dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale “Molinette” di Torino, dal 1990 viene fornito un servizio di psicoterapia dinami- ca breve da specialisti psichiatri e psicologi clinici che hanno ricevuto una formazione specifica e che sono pe- riodicamente supervisionati da un terapeuta esperto. Verranno illustrati i risultati di tre studi condotti sulla base della casistica raccolta in questi anni:

un confronto tra l’efficacia della BDT vs. psicotera-

pia di supporto (BSP) nel trattamento di quadri de- pressivi minori 6;

una successiva indagine ha paragonato l’efficacia della BDT vs. quella della BSP combinate alla far- macoterapia con SSRI in pazienti con depressione maggiore. Dall’analisi emerge una sostanziale parità d’efficacia delle due tecniche al termine della fase acuta del trattamento ma i pazienti trattati con BDT migliorano ulteriormente a psicoterapia conclusa, durante la fase di continuazione 7;

l’ultimo studio confronta in un follow-up di 48 mesi il rischio di ricorrenza in pazienti al primo episodio depressivo maggiore trattati con farmacoterapia o con terapia combinata (farmacoterapia + BDT), mo- strando che coloro che in acuto sono stati sottoposti anche a questo tipo di psicoterapia hanno un rischio minore di presentare delle ricorrenze 8.

bibliografia

1 Malan DH. Toward the validation of dynamic psychothera- py: a replication. New York: Plenum 1976.

2 Davanloo H. Basic principles and techniques in short-term dynamic psychotherapy. New York: SP Medical and Scien-

tific books 1978.

3 Mann J. Time-limited psychotherapy. Cambridge, MA: Har-

vard University Press 1973.

4 Sifneos PE. Short-term dynamic psychotherapy: evaluation and technique. 2nd edn. New York: Plenum 1987.

5 Horowitz M, Marmar C, Krupnick J, Wilner N, Kaltreider N,

Wallerstein R. Personality styles and brief psychotherapy. Northvale, New Jersey: Jason Aronson inc. 1997.

6 Maina G, Forner F, Bogetto F. Randomized controlled trial comparing brief dynamic and supportive therapy with wait- ing list condition in minor depressive disorders. Psychother

Psychosom 2005;74:43-50.

7 Maina G, Rosso G, Crespi C, Bogetto F. Combined brief dy- namic therapy and pharmacotherapy in the treatment of ma- jor depressive disorder: a pilot study. Psychother Psychosom

(in press).

8 Maina G, Rosso G, Bogetto F. Brief dynamic therapy com- bined with pharmacotherapy in the treatment of major depressive disorder: long-term results. J Affect Disord (in

press).

Psicoterapia della crisi emozionale al Pronto Soccorso dell’Ospedale generale

L. Pavan, C. Pavan, M. Marini

Università di Padova

L’intervento di crisi sfrutta le potenzialità cognitive e ra- zionali mantenendo la centralità della relazione e soste- nendo l’Io dal rischio del tracollo emozionale 1.

La situazione di crisi favorisce notevolmente la dispo- nibilità ad un incontro. Spesso, solo in questo frangente alcune persone diventano accessibili in termini motiva- zionali.

I pazienti vengono inviati al nostro ambulatorio dopo aver effettuato una consulenza psichiatrica in Pronto Soccorso o in un Centro di Salute Mentale o dopo essere stati visitati dal medico di base o su consiglio di parenti o amici che hanno sperimentato una precedente espe- rienza di psicoterapia breve presso la nostra Clinica. Dopo 1-2 giorni il paziente viene contattato telefonica- mente per fissare il primo appuntamento.

Negli ultimi anni abbiamo riscontrato come l’interven- to sia efficiente (effectiveness) in termini di outcome 2 3

con una riduzione sintomatologia significativa in senso depressivo, ansioso e con una ripresa del funzionamento globale e della relazione sociale. Ulteriori studi rando- mizzati, attualmente attivi, hanno l’intento di valutare il “potere” protettivo dalla ricaduta indotto dall’intervento. Un setting istituzionale diventa accessibile dal momento che si pone come prontamente disponibile, non apriori- sticamente iper-individualizzato o troppo impegnativo. Il “dispositivo” di presa in carico deve maturare l’acco- glimento e offrire la novità relazionale fecondativa, non prevedendola come conditio sine qua non.

Soprattutto nei casi in cui l’assetto di traumaturgiche personalità si oppone per propria natura all’incontro, interponendo una sorta di barriera al trattamento, la crisi può fungere da prima esperienza da cui partire.

Quando giungono, queste persone sono spinte dalla sof- ferenza del momento senza peraltro grandi aspettative o speranze, se non quella immediata di lenire o annullare il dolore.

L’obiettivo primario quindi si produce nel favorire un primo significativo incontro ed una prima mirata costru- zione dell’alleanza terapeutica. La rapidità con cui il processo terapeutico dell’alleanza si evolve nella situa- zione di crisi indica quanto forte sia il bisogno di incon- tro e di riscontro di sé e quanto scarsa sia la consapevo- lezza di ciò. I nostri studi sul processo indicano come la coppia terapeutica tenda ad occupare più tempo all’ini- zio della terapia su temi riguardanti il “focus” e succes- sivamente a cedere il posto all’“area affine al focus” che prevede una generalizzazione della problematica e del porsi del paziente di fronte a questa in rapporto alle altre relazioni, agli aspetti affettivi e al recupero della propria storia personale 4.

bibliografia

1 Pavan L. La psicoterapia della crisi emozionale. Milano:

Franco Angeli 2003.

2 Pavan L, Fusco E, Gambaro F, Granà S, Marini M, Padoani

W, et al. Open trial on crisis psychotherapy in Padova (Italy). Brief Treatment and Crisis Intervention 2003;3:37-46.

3 Marini M, Semenzin M, Pavan L. Alcuni dati preliminari sulla valutazione dell’intervento di crisi. In: Pavan L, a cura di. Le psicoterapie brevi: attualità e prospettive. Padova: CLEUP

2004, pp. 131-40.

4 Pavan L, Vignaga F, Marini M, Gardiolo M, Corinto B, La

Scala P, et al. Studio sul processo della psicoterapia della

crisi emozionale: la coppia terapeutica ed il ruolo del tera- peuta. Rivista di Psichiatria 2006;41.

la formulazione dei circoli viziosi individuali e dei cicli dialogici di mantenimento come intervento specifico di psicoeducazione

nel trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo

A.M. Saliani, B. Barcaccia, F. Mancini

APC-SPC (Associazione di Psicologia Cognitiva e Scuola di Psicoterapia Cognitiva), Roma

Non di rado tra i pazienti ossessivi ed i loro familiari si instaurano dei cicli interpersonali che mantengono e aggravano il disturbo.

Nel presente lavoro descriviamo, sulla base dell’esperien- za clinica maturata presso lo Studio di Psicoterapia APC- SPC di Roma, quattro cicli interpersonali caratteristici e mostriamo come essi influenzano le strutture e i processi cognitivi alla base del disturbo ossessivo-compulsivo. Ad un’attenta analisi tali cicli sembrano infatti riproporre, in forma dialogica, i processi dialettici intrapsichici e i cir- coli viziosi tipici del rimuginio ossessivo.

Abbiamo chiamato i quattro cicli: “pacca sulla spalla”, “ciclo del sospetto”, “ciclo di Rock Hudson” e “ciclo del disprezzo”.

Il loro riconoscimento, da un lato, sembra consentire una più agevole modulazione della relazione terapeutica con i pazienti ossessivi, dall’altro, la loro formulazione rende disponibili informazioni utili a interventi di psico-educa- zione diretti ai pazienti stessi ed ai loro familiari.

Interventi psicoeducativi familiari per la

schizofrenia nella pratica clinica: aspetti positivi e criticità

A. Fiorillo per il Gruppo di Lavoro sugli Interventi di Sostegno Familiare nei Disturbi Mentali Gravi

Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli - SUN L’efficacia degli interventi psicoeducativi familiari per il trattamento della schizofrenia è ormai ampiamente docu- mentata. Numerose Linee Guida sottolineano che questi interventi devono essere considerati tra quelli elettivi per il trattamento di questo disturbo. Tuttavia, la loro diffusio- ne nei centri di salute mentale è piuttosto limitata. Nel periodo 2003-2004, il Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Napoli SUN ha coordinato uno stu- dio multicentrico sugli interventi psicoeducativi familia- ri per la schizofrenia in 23 CSM italiani. Lo studio si è proposto di: a) valutare la fattibilità di questi interventi in condizioni di routine; b) verificare l’effetto di questi

interventi sullo stato clinico e la disabilità sociale dei pazienti, e sul carico e le risorse sociali e professionali del nucleo familiare.

Al programma di formazione hanno preso parte 46 operatori provenienti da 23 CSM, i quali – dopo aver seguito un corso modulare di formazione all’interven- to psicoeducativo e quattro supervisioni nell’anno suc- cessivo – hanno utilizzato l’intervento con famiglie di utenti psicotici in carico al servizio. Durante il periodo formativo, le difficoltà e i vantaggi incontrati dagli ope- ratori nell’uso dell’intervento sono state registrate sulla Scheda degli Interventi Familiari.

L’83% dei partecipanti ha completato il corso di forma- zione. 71 famiglie afferenti a 17 CSM sono state suc- cessivamente randomizzate in un gruppo a trattamento immediato e in un gruppo in attesa per 6 mesi. Il 76% degli operatori ha utilizzato tutto l’intervento con 2-5 famiglie, mentre il 13% ne ha utilizzato solo la compo- nente informativa. Nel periodo di supervisione, le diffi- coltà organizzative sono risultate stabili, mentre i bene- fici clinici e nelle relazioni con l’utenza sono aumentati. Sia i vantaggi che le difficoltà sono risultate influenzate dall’esperienza in campo psichiatrico e dal ruolo profes- sionale dei partecipanti.

Questi dati suggeriscono che la diffusione su larga sca- la degli interventi psicoeducativi familiari richiede che siano affrontati specificamente aspetti relativi all’orga- nizzazione dei servizi e alla ripartizione dei carichi di lavoro.

ruolo della psicoeducazione nei disturbi bipolari

A. Tundo, I. Lega, R. Necci

Istituto di Psicopatologia, Roma

I dati riportati in letteratura a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso indicano che nei pazienti con disturbo bipolare il solo trattamento farmacologico non è spesso sufficiente per prevenire le ricadute, controllare i sinto- mi residui tra un episodio e l’altro, migliorare il funzio- namento globale. L’efficacia della terapia farmacologica è limitata inoltre dalla scarsa adesione alle cure. Queste evidenze hanno cambiato l’approccio ai disturbi bipola- ri con il passaggio ad un trattamento combinato in cui la psicoeducazione riveste un ruolo importante. Negli ul- timi venti anni sono state proposte diverse tecniche pu- ramente psicoeducative: individuale (R. Morrison) 1, di

gruppo (E. Vieta e F. Colom) 2 3 e focalizzata sulla fami-

glia (D. Miklowitz) 4. Inoltre, le psicoterapie più spesso

VeNerdì 13 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

Sala Mantegna

Outline

Documenti correlati