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CooRdinatoRi A. Amati, M. Nardini

I sintomi residui nel disturbo bipolare

F. Bogetto

Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Torino

In anni recenti la ricerca sui disturbi dell’umore, uni- polari e bipolari, ha concentrato la propria attenzione sempre di più sull’episodio intercritico. La disponibilità di trattamenti efficaci per gli episodi di alterazione del- l’umore ha infatti notevolmente accresciuto la possibilità di trattare pazienti con depressione maggiore ricorrente o disturbi bipolari. Tuttavia sempre maggiore è la richie- sta da parte dei pazienti di trattamenti che determinino una completa restituito ad integrum dopo un episodio affettivo. La presenza infatti di decorso ad episodi ricor- renti sia per la depressione maggiore che per i disturbi bipolari, infatti, ha sollevato il problema della frequente persistenza di sintomatologia residua nonostante il trat- tamento in acuto e il mantenimento profilattico con an- tidepressivi o stabilizzatori dell’umore. Sintomi depres- sivi residui sono molto frequenti dopo episodi depressivi maggiori, con percentuali che arrivano fino al 60% dei pazienti a seconda del tipo e della durata del trattamen- to; alcuni studi sembrano indicare la stessa prevalenza di sintomi residui persistenti (di durata superiore a due anni) indipendentemente dal fatto che l’ultimo episodio sia inquadrabile in una diagnosi di depressione mag- giore ricorrente o di disturbo bipolare. Al contrario, la presenza di frequenti oscillazioni dell’umore senza che siano soddisfatti i criteri per la presenza di un episodio affettivo (inter-episode mood lability) durante l’interval- lo tra episodi sembra essere altamente indicativa per la presenza di una diagnosi di disturbo bipolare di tipo II. Una attenzione crescente è stata inoltre rivolta ne- gli ultimi anni alla presenza di sintomi ansiosi (attacchi di panico, sintomi ossessivo-compulsivi, sintomi dello spettro fobico-sociale) residui nel periodo intercritico del disturbo bipolare (cosiddetto intervallo libero). Tali sintomi appaiono condizionare negativamente la pro-

gnosi e la qualità di vita del disturbo bipolare e neces- sitano di trattamento adeguato. Il fatto che tali sintomi in alcuni casi rispondano a trattamenti con stabilizzatori dell’umore pone l’interrogativo se rappresentino sintomi nucleari del disturbo bipolare stesso piuttosto che sinto- mi di un disturbo d’ansia in comorbidità.

l’episodio depressivo come esperienza creatrice di cambiamento

M. Dodet

Università di Siena, Laboratorio di Psicologia Cognitiva Postrazionalista, Roma

Quando ci avviciniamo ad uno scompenso psicologico cerchiamo di stabilirne i confini e le specifiche caratteri- stiche definendo una diagnosi, tale atto di valutazione ci guida nel decidere l’intervento farmacologico.

L’atto terapeutico appare strettamente legato al rico- noscimento di una specifica patologia che deve essere “debellata” per restituire al paziente, attraverso la cura, la condizione di sanità precedente all’insorgere della malattia.

La sofferenza psichica viene così “ridotta” ad evento psicopatologico privo di senso rispetto al dispiegarsi dell’esperienza di vita del soggetto malato.

Irrompere nell’esperienza soggettiva e collocare l’emer- gere della malattia nella trama esistenziale del malato può permettere di restituirle il senso.

La diagnosi si riempie così di contenuti che non posso- no prescindere dalla trama esistenziale del soggetto e la malattia diviene espressione di un evento di scompenso emotivo che nasce in uno specifico momento di vita in un soggetto al quale appartiene uno specifico assetto af- fettivo-cognitivo che chiamiamo identità.

Nella malattia prende forma una crisi che è segnale di un cambiamento che non riesce ad essere integrato … l’evento psicopatologico acquisendo un senso si trasfor- ma in una risorsa.

Nel modello Cognitivo Costruttivista Postrazionalista l’uo- mo è considerato un sistema con capacità autoreferenzia- li e di auto-eco-organizzazione (Morain, 1993) che crea e quindi articola un nucleo invariante (Guidano 1991, 1995) che definisce una specifica modulazione emotiva e specifici temi narrativi che caratterizzano un’identità. L’esperienza umana individuale appare contraddistinta quindi, dalla creazione di un significato che permette lo sviluppo di una identità con caratteri di continuità e coerenza (Organizzazione del Dominio Emotivo). L’emergere di una psicopatologia rappresenterebbe un tentativo nel mantenere tale continuità e coerenza. L’Autore attraverso la presentazione di storie cliniche proporrà delle ipotesi esplicative della depressione che può travolgere un individuo o può rappresentare la por- ta di entrata in un nucleo fortemente generativo.

Influenza della personalità sui sintomi residui della depressione

A. Medina Leon, M.J. Moreno Diaz

Cattedra di Psichiatria, Facoltà di Medicina, Università di Cordoba, Spagna

Vengono concettualizzati i sintomi residui del disturbo depressivo nel senso dell’esistenza di segni e sintomi rilevati da una valutazione rigorosa che va oltre la ap- parente remissione sintomatologia dei quadri clinici. I sintomi residui possono costituire predittori delle pos- sibili ricadute o ricorrenze nonché indicatori di una re- missione parziale del quadro depressivo.

L’osservazione di pazienti depressi con sintomi residui implica la valutazione di persone con deficit e deterio- ramento personale, sociale e lavorativo che contribui- sce ad una evidente compromissione della loro qualità di vita. I sintomi residui spesso sono inoltre la base sulla quale poggia l’attribuzione di un decorso di cronicità. Le varianti della personalità, soprattutto quelle che si costituiscono con determinati tratti, possono essere un condizionamento molto importante, tanto per la genera- zione dei sintomi residui quanto per la stabilizzazione e la cronicizzazione degli stessi. Sulla base di ciò, ci pro- poniamo di stabilire una relazione tra i nuclei profondi della personalità o nuclei psicotici di base: Paranoide e Depressivo (E. Pichon-Riviere e J. Bleger) rappresentativi della strutturazione delle primigenie relazioni oggettuali e determinati di una peculiare relazione-legame con la realtà e con gli “altri”, che si esprimerà nei tratti di per- sonalità, dalla combinazione dei quali avranno origine le varianti prototipiche nonché la sua influenza sulla patocronia dei diversi quadri depressivi, sulla tendenza alla genesi di sintomi residui e sulle difficoltà di gestione nei trattamenti standardizzati.

L’interesse a stabilire la preponderanza dell’uno o del- l’altro nucleo psicotico di base così come delle distinte variabili della personalità contribuirà ad una adeguata ristrutturazione terapeutica sia farmacologia che psico- terapeutica.

Stating depression: development, reliability and validation of the depression early Stating Inventory

A. Amati

Cattedra, Scuola di Specializzazione e UO di Psichiatria, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università “Magna Graecia” di Catanzaro

Introduzione: lo spettro delle manifestazioni depres-

sive nella clinica appare più ampio rispetto alle cate- gorie contenute del DSM. Numerosi studi dimostrano che le condizioni depressive subsindromiche sono sottodiagnosticate nella popolazione generale ed altri sottolineano l’importanza della sintomatologia residua nelle fasi di remissione. I criteri diagnostici categoriali valutano i sintomi rilevabili essenzialmente in senso quantitativi (numerosità) e ne valutano qualitativamen- te durata e gravità, attribuendo una generica pariteti- cità psicopatologica. La valutazione dimensionale è validissima nella clinica ma non sempre organizzata in senso diagnostico. Entrambi gli approcci si rivolgono al disturbo depressivo conclamato e mostrano limiti nella valutazione psicopatologica longitudinale. Il presente studio ha come scopo la validazione preliminare del Depression Early State Inventory (DESI), uno strumen- to di quantificazione descrittiva, costruito secondo un modello teorico di comparsa sequenziale dei sintomi depressivi con l’intento di studiare la depressione rico- struendo le fasi di presentazione e di remissione della sintomatologia.

La presente ricerca è sostenuta dal Progetto MIUR Inter- nalizzazione 2006-2008, Grant n.IIO4CE4398

Metodi: il DESI è stato costruito osservando la sintoma-

tologia dei pazienti affetti da depressione sin dalle prime fasi del suo sviluppo. Il disegno sperimentale ha previsto la somministrazione del DESI, di HDRS a 21 item, e BDI a 13 item, ad un campione di 292 pazienti affetti da disturbi dell’umore raccolti e valutati in 6 centri univer- sitari italiani e 2 spagnoli, ed un gruppo di 62 controlli corrispondenti.

risultati: dopo una iniziale revisione, è stato ottenuto

un questionario a 30 item strutturato secondo una scala Likert che valuta il livello di severità soggettiva della sin- tomatologia. La consistenza interna della scala è risulta- ta elevata (alfa di Cronbach = 0,966). L’analisi fattoriale ha evidenziato tre fattori che spiegano il 59,21% della varianza totale. Il confronto con HDRS e BDI ha dimo- strato la validità discriminante del DESI, che è in grado di distinguere soggetti depressi da controlli, nonché di determinare il grado di severità psicopatologica.

conclusioni: lo strumento DESI ha rivelato capacità dia-

gnostiche nell’ambito dei disturbi dell’umore analoghe a quelle delle rating scales di riferimento, ha mostrato inoltre un’elevatissima coerenza interna. Dal punto di vista epidemiologico, ha ottenuto un’altissima specifi- cità ed un’altrettanto valida sensibilità, con un valore predittivo positivo molto significativo.

VeNerdì 13 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30

Sala PintuRiCChio

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