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CooRdinatoRe A. Castellani

l’importanza del coinvolgimento dei gruppi di familiari per la gestione della disabilità

C. Ruggerini, G. Griffo*, S. Manzotti**

AOU Policlinico di Modena, * Disabled Peoples’

International, ** Scuola di Specializzazione in

Neuropsichiatria Infantile, Università di Modena e Reggio Emilia; Minamiyachimata Hospital, Chiba, Japan

Introduzione: molte novità concettuali hanno interessa-

to il campo della assistenza alle persone con disabilità intellettiva. Negli ultimi anni: il documento Innovative Care for Cronic Condition (OMS, 2002) ha proposto un modello di cura delle condizioni croniche basato sulla condivisione tra persone che ricevono assistenza, ope- ratori tecnici e membri della Comunità di informazioni scientifiche, di prassi operative e di motivazioni etiche. La Convenzione Internazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità (ONU, 2006) ha rappresentato a livello internazionale la base legale di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, inquadrati in un ambito di rispetto dei diritti umani; le associazione dei disabili hanno indi- viduato come proprio obiettivo la realizzazione di una funzione di empowerment personale e sociale (Barbuto et al., 2007); gli specialisti medici hanno cominciato ad

elaborare una concettualizzazione del loro ruolo nella assistenza che aggiunge quello di consulente a quello tradizionale di prescrittore (Pupuline e Caffo, 2008).

Metodologia: nel 2003 è stato firmato un documento di

intesa tra Sezione DAR dell’OMS, Azienda Unità Sani- taria Locale di Reggio Emilia, Associazioni dei Genitori di Reggio Emilia, Università di Modena e Reggio Emilia per la applicazione del documento ICCC alla condizio- ne della disabilità intellettiva nella Provincia di Reggio Emilia. Il documento ha originato una sperimentazione che si è conclusa nel dicembre 2008.

L’aspetto operativo cruciale di questa sperimentazione è stata la formazione dei genitori e la loro organizzazione in gruppi di discussione (secondo la tecnica del Focus Group) per la descrizione dei punti critici da porre al- la attenzione della Comunità per l’individuazione delle possibili soluzioni.

risultati: tre gruppi di genitori (di 26 famiglie con un

membro con disabilità intellettiva di età infantile o adul- ta) hanno elaborato tre documenti descrittivi delle aree di criticità nella assistenza ricevuta in età diverse della vita. Gli aspetti critici sono stati classificati:

sulla base del tipo di impegno richiesto da una pos- sibile soluzione: alcuni aspetti critici richiedevano

una proposta organizzativa (es.: apertura di sportelli informativi); alcune richiedevano come premessa una consapevole elaborazione culturale condivisa tra erogatori di servizi e utilizzatori (es.: nozione di trattamento evidence-based); alcune richiedevano come premessa la volontà di affrontare temi inno- vativi (es.: alternative alla residenza nel caso di im- possibilità della famiglia di mantenere l’individuo al proprio interno);

sulla base della Agenzia alla quale veniva indirizza- ta l’ipotesi di soluzione della criticità.

I tre documenti hanno promosso una attivazione di di- verse Agenzie (Scuola, Organizzazioni di Volontariato, Servizio di Neuropsichiatria Infantile) che hanno avan- zato proposte per affrontare i punti critici evidenziati.

conclusioni: i familiari e le loro Associazioni possono

ricevere ed elaborare informazioni aggiornate sulla loro condizione e proporsi come parte attiva di un processo di modellamento della rete assistenziale ad essi orien- tata. Questo percorso ha indotto modificazioni positive nella qualità della assistenza e ha permesso ai genitori di percepirsi come soggetti più in grado di incidere sul- la loro realtà assistenziale; ha innescato inoltre un pro- cesso di comunicazione più serrata dei familiari con le Agenzie della Comunità che potrebbe prolungarsi nel tempo.

bibliografia

Barbuto R, Ferrarese V, Griffo G, Napolitano E, Spinuso G.

Consulenza alla pari. Da vittime della storia a protagonisti della vita. Lamezia Terme: Comunità Edizioni 2007.

OMS. Innovative care for chronic conditions: building blocks

for action, 2002 (www.erickson.it).

ONU. Convenzione internazionale sui diritti delle persone con

disabilità, 2006 (www.venetosociale.it).

Pupulin E, Caffo E. Un nuovo statuto psichiatrico per la presa in

carico dei bambini con disabilità intellettiva. In: Ruggerini C,

Dalla Vecchia A, Vezzosi F, a cura di. Prendersi cura della

disabilità intellettiva. Trento: Erickson 2008.

aspetti medico-legali del contesto socio-assistenziale

S. Monchieri

IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia

Le persone che secondo la definizione del DSM-IV-TR presentano un: “… funzionamento intellettivo significa- tivamente al di sotto della media … concomitanti deficit o compromissioni nel funzionamento adattivo attuale (cioè la capacità del soggetto di adeguarsi agli stan- dard propri della sua età e del suo ambiente culturale) (DSM-IV-TR)”, sono soggetti di diritto al pari di qualsia- si altra persona. L’imprescindibile obbligo del rispetto della persona e nel contempo della necessità di cure e assistenza adeguate nel contesto residenziale è spesso

b.

limitato dalla difficoltà di espressione di un valido con- senso. La legge attribuisce indistintamente, a tutti con il compimento del 18 anno, la capacità di agire benché le persone affette da disabilità intellettiva (DI), a secon- da del grado di compromissione, possono non avere totalmente o parzialmente la capacità di comprendere e di agire. Nelle realtà operative residenziali è ancora oggi molto frequente dover gestire persone anche con DI grave che non abbiano un rappresentante legale no- minato con finalità di tutela. Esigenze comuni condivise derivano, dalla necessità di mantenere la tutela, dopo il raggiungimento della maggiore età per salvaguardia patrimoniale e personale. In risposta a queste ed altre esigenze specifiche il legislatore ha creato una serie di istituti giuridici, che funzionano sotto la vigilanza e l’in- tervento del giudice tutelare, con una duplice finalità: proteggere l’incapace avendo cura dei suoi interessi e rappresentarlo o assisterlo nel compimento di determi- nati atti giuridici. L’attivazione di questi istituti giuridi- ci non è sempre agevole in quanto i familiari, spesso equivocano sul termine “tutela” ritenendo il provvedi- mento, oltre che oneroso, “punitivo” per il congiunto. Accanto all’interdizione e all’inabilitazione il legislatore ha affiancato in tempi più recenti l’Amministrazione di Sostegno che consente di salvaguardare la capacità di agire equilibrando così esigenze di salvaguardia e liber- tà d’azione in un gradiente di tutela rapportato alle effet- tive condizioni della persona con DI.

l’approccio alle disabilità: confronti e paragoni

M. Bertelli, L. Lombardi*, M. Scarselli**,

D. Scuticchio*, A. Castellani, G. La Malfa

SIRM (Società Italiana per lo studio del Ritardo Mentale);

* AMG, Misericordia di Firenze, Firenze; ** Consorzio

Zenit, Firenze

Disabilità e malattia descrivono due condizioni sostan- zialmente diverse, anche se frequentemente legate da un rapporto di causalità reciproca. Il riferimento teorico per la maggior parte degli approcci riabilitativi alla di- sabilità è ancora rappresentato dai modelli di intervento sulla malattia, che a loro volta trovano definizione solo nell’antitesi alla condizione di salute.

Nell’approccio medico tradizionale la salute è integrità morfo-funzionale e l’obiettivo è la “restitutio ad inte- grum”. Il rischio di abbandono terapeutico è qui molto alto, soprattutto per quei casi di impedimento biologico permanente. In approcci più estensivi, come quello ri- scoperto dall’OMS a partire dagli anni ’50, la salute è invece “completo benessere”, psicologico e sociale, o equilibrio personale, cioè capacità di vivere in modo consapevole e libero, valorizzando tutte le energie in proprio possesso. Con la Classificazione Internaziona- le del Funzionamento (ICF), prodotta dalla stessa OMS all’interno di una progressiva sostituzione culturale del- l’approccio basato sulla disabilità con quello basato sui diritti umani, la salute si valuta per tutti gli individui in

termini di contestualizzazione di abilità e competenze. L’espressione “ritardo mentale” comincia a lasciare il posto a “disabilità intellettiva” (nel mondo la relazio- ne di utilizzo è ancora 76% contro 56,8%), i sostegni e i supporti, riferimento principale del decimo manua- le dell’Associazione Americana per il Ritardo Mentale, divengono la misura di una nuova condizione esisten- ziale, che è espressa dalla discrepanza fra funziona- mento individuale e richieste ambientali. Gli approcci contrattualisti, che derivano da questa cultura olistica, rischiano di determinare accanimenti terapeutici-riabi- litativi, verso un’autonomia indefinita che non permette di individuare limiti. L’approccio integrale si rivolge alla persona nella complessità del suo essere indipendente- mente dalla non attuazione, momentanea o permanen- te, di certe funzioni. A questa tipologia di approccio ap- partiene quello della qualità di vita generica (non legata alla salute), dove l’intervento terapeutico-riabilitativo ha come obiettivo principale l’ottimizzazione della re- lazione tra interesse e soddisfazione negli ambiti della vita applicabili a tutte le persone.

dalla prevenzione agli inserimenti: la ricaduta sulla qualità di vita

A. Ferrandi, A. Castellani*, Sergio Monchieri

IRCCS Centro San Giovanni di Dio Fatebenefratelli, Brescia; * Società Italiana per lo studio del Ritardo

Mentale

Alla disabilità intellettiva (DI) si associano spesso, ol- tre a disturbi psichiatrici-medici e neurologici, gravi e croniche combinazioni di disturbi del comportamento. Tali problematiche psicopatologiche e la loro cronicità, rendono spesso difficile la gestione del disabile da parte

del caregiver, difficoltà aggravata quando la disponibi- lità e le risorse familiari diminuiscono per la riduzione naturale del nucleo familiare e/o per la perdita di risorse personali legate alla senescenza dei genitori.

I fattori predittivi d’inserimento in struttura sono dettati, spesso, da richieste di ordine socio-familiare, da feno- meni di emarginazione e rifiuto sociale e da manifesta- zioni comportamentali disadattive.

La segnalazione da parte del Servizio Territoriale invian- te dovrebbe includere l’accertamento diagnostico, con il quale acquisire una corretta conoscenza della persona nella sua globalità bio-psico-sociale, condividendo così con la nuova struttura, oltre alla diagnosi, gli specifici bisogni dell’utente. La conoscenza dei bisogni è fonda- mentale per orientare alla scelta della struttura e neces- saria per progettare l’intervento ri-abilitativo, cosicché l’utente divenga partecipante attivo di ogni intervento per il miglioramento della sua qualità di vita (QdV). L’approccio alla QdV dovrebbe essere considerato co- me parte integrante del modello medico, poiché per chi opera nella Sanità l’obiettivo è fornire a ciascuno ciò che meglio permetta di provare soddisfazione negli am- biti di vita di interesse (Brown e Brown, 2003).

Gli studi presenti in letteratura mostrano come alcuni fattori siano predittori della QdV, quali caratteristiche del setting di cura, le variabili socio-demografiche, gli aspetti clinici, caratteristiche personali; obiettivi, priori- tà ed interessi del singolo.

La sempre più accentuata tendenza alla deistituzionaliz- zazione della DI se da un lato ha favorito gli inserimen- ti nei contesti familiari e in piccole comunità dall’altro evidenzia come il tradizionale approccio terapeutico- riabilitativo-istituzionale, nei nuovi tipi di assistenza, debba essere arricchito da particolari attenzioni sanita- rie gestionali ed assistenziali.

MercOledì 11 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

Sala BoRRoMini

S6. la ricerca in psichiatria di consultazione:

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