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S55 depersonalizzazione e disturbi affettivi: aspetti clinici ed implicazioni terapeutiche

CooRdinatoRi M. Mula, S. Pini

la depersonalizzazione tra psicopatologia, neurobiologia e psicofarmacologia

M. Mula

Clinica Neurologica, Università del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara

È definita depersonalizzazione (DP) il sentirsi distaccato o estraneo a se stesso, o il sentirsi un esterno osservatore dei propri processi mentali o del proprio corpo. Durante

l’esperienza di DP il test di realtà deve rimanere intatto e il paziente prova un disagio clinicamente rilevante. Nel DSM-IV-TR il disturbo di DP fa parte dei disturbi dissociativi ed è caratterizzato dalla presenza persisten- te o ricorrente di sintomi di DP. Sul piano clinico, la caratteristica essenziale dei disturbi dissociativi è rap- presentata dall’alterazione delle normali funzioni inte- grative dell’identità, della memoria e/o della coscienza intesa come “coscienza di sé” (attuale o passata). È opi-

nione condivisa che i disturbi dissociativi riconoscano alla loro origine eventi traumatici e che la comparsa dei sintomi dissociativi abbia una funzione adattativa, rappresentando l’allontanamento dalla coscienza degli eventi traumatici stessi. Tuttavia, la dissociazione è un processo neuropsicologico complesso che si colloca in un continuum di esperienze che vanno dalla normale dissociazione che si può sperimentare nella vita di tutti i giorni (immergersi nella lettura perdendo la cognizio- ne del tempo, fare “sogni ad occhi aperti”, perdere una parte di una conversazione perché assorbiti da altri pen- sieri) alla multiframmentazione dell’identità del disturbo dissociativo dell’identità.

La neurobiologia della DP è strettamente legata a quella dell’elaborazione emozionale delle percezioni che ve- dono nell’amigdala, il cingolato anteriore e la corteccia prefrontale mediale le strutture cardine. Sulla base di precedenti studi di neurologia del comportamento, Sier- ra e Berrios hanno postulato l’ipotesi della disconnessio- ne sensori-limbica nella patogenesi della DP e recenti studi di neuroimaging funzionale hanno confermato tale ipotesi. Tuttavia non esistono ancora studi che abbiano dimostrato quali sistemi neurotrasmettitoriali siano mag- giormente coinvolti nei pazienti con DP. In letteratura ci sono casi aneddotici di miglioramento della sintoma- tologia durante trattamento con clomipramina o fluo- xetina, mentre la lamotrigina si è dimostrata efficace, soprattutto in terapia combinata con SSRIs.

la depersonalizzazione nei disturbi affettivi

S. Pini, M. Mula

Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa

Nonostante il recente rinnovato interesse nei confronti dei disturbi dissociativi, la depersonalizzazione rimane ancora una condizione scarsamente chiarita e valutata sia in ambito clinico sia di ricerca. La sua esatta pre- valenza non è del tutto nota, recenti studi hanno evi- denziato che esperienze di depersonalizzazione sono comuni nella popolazione generale con un tasso di prevalenza lifetime superiore al 26% e tra il 31%-66% dopo un evento traumatico, mentre studi condotti su una casistica di pazienti psichiatrici ambulatoriali han- no dimostrato tassi di prevalenza, per disturbo psichia- trico, compresi tra il 30% del disturbo post-traumatico da stress e il 60% della depressione unipolare, fino al 82,6% del disturbo di panico con o senza agorafobia. Il corteo sintomatologico dei disturbi dissociativi, oltre ai sintomi specifici che individuano i quattro disturbi maggiori dissociativi codificati dal DSM, comprende anche una serie di manifestazioni accessorie che con- figurano uno spettro che attraversa in modo trasversa- le molteplici disturbi psichiatrici, da quelli depressivi a

quelli d’ansia, ai disturbi di personalità, ai disturbi so- matoformi e psicotici. Inoltre, studi del nostro gruppo stanno evidenziando che la depersonalizzazione possa rappresentare un indice clinico prognostico per quanto riguarda disturbi d’ansia e dell’umore, identificando un gruppo di pazienti con una forma di malattia più grave con resistenza alla terapia farmacologica, maggiore co- morbilità e tendenza alla cronicità. Per questo motivo è importante avere a disposizione strumenti di valuta- zione clinica in grado di esplorarla più dettagliatamente di quanto accada nelle comuni scale per l’ansia o la depressione.

The temporal lobes between neurology and psychiatry

M.R. Trimble

Institute of Neurology, University College London, Queen Square, London, United Kingdom

The 20th century saw a growing division between a lo-

calisationalist based neurology and an essentially non- brain-based psychiatry, which separation left much ster- ile debate about such topics as the relationship of the brain to the mind, and how might the brain modulate emotion.

The rediscovery of the limbic system (by amongst other MacLean) changed our perspectives on such matters, ushering in a revolution of thought as profound as that promoted by Darwin a century before. MacLean (1958) and others had shown that the limbic system was not simply a rhinencephalon, related to smell and not of great use to Homo sapiens, but was linked to several brain structures that formed circuits for the modulation of emotions. Indeed, some neurological texts would have been bold enough to acknowledge such syn- dromes, although the term Kluver-Bucy syndrome was still largely recondite.

In the past two or three decades neurologists and psychi- atrists have used a common language which relate not only to neuroanatomy (limbic system), neurochemistry (neurotransmitters) and neuroimaging (of function and structure of the brain), but also because of the growing realization that many neurological disorders are linked with behavioural problems, which can be viewed as psychiatric disorders. In fact, many behavioural changes seen more interwoven with the neurological process itself, reflecting on brain-behaviour relationship which years of clinical observation and subsequent research have begun to unravel.

The role played by the limbic system inpsychiatric dis- orders, especially in mood and anxiety disorders, is now widely recognized. Data coming from epilepsy will be presented to corroborate the importance of these struc- tures at the interface between neurology and psychiatry.

SabaTO 14 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

Sala leonaRdo

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