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CooRdinatoRe M. Casacchia

Nuove frontiere nelle neuroscienze: dalla cognizione sociale all’empatia

M. Casacchia, M. Mazza, R. Roncone

Dipartimento della Salute, Università dell’Aquila Negli ultimi anni è stata proposta l’ipotesi del cervello sociale, secondo la quale la progressiva espansione del- le aree prefrontali umane è una risposta adattativa alla complessità dei sistemi sociali. Questo testimonia l’evo- luzione in queste aree cerebrali di meccanismi neuro- cognitivi in atti a manipolare le molteplici informazio- ni della sfera sociale. Tra questi particolare interesse è stato posto alla “Teoria della Mente” che permette agli individui di formulare inferenze sugli stati mentali altrui. Tecniche di neuroimaging funzionale hanno permesso di dimostrare l’esistenza di un sistema neurale che sot- tostà a questo meccanismo (che comprende anche altri aspetti) ma che viene meglio definito come “cognizione sociale”. Recentemente la scoperta del sistema spec- chio, nel campo della neurofisiologia (Rizzolatti, 2005) ha permesso di sottoporre a verifica sperimentale tutte le abilità cognizione che sono alla base della cognizione sociale (capacità empatiche, comprensione delle inten- zioni, social knowledg ecc.) sia mediante l’applicazione di nuove metodiche di valutazione fino ad arrivare al- l’utilizzo di fMRI.

Nel presente studio ci siamo proposti di effettuare un analisi delle competenze che sono alla base della cogni- zione sociale nella schizofrenia affiancando a metodi- che classiche di valutazione (compiti di falsa credenza) altre metodiche di indagine in cui è possibile esaminare le capacità empatiche attraverso l’ausilio sia di questio- nari che di tecniche computerizzate. Un altro obiettivo dello studio è stato anche quello di avvalerci per un pic- colo gruppo di soggetti con schizofrenia dell’utilizzo di fMRI.

Metodi: hanno partecipato allo studio 210 soggetti affet-

ti da schizofrenia (DSM-IV-TR, APA, 2000). Al momento della valutazione (gennaio 1999-maggio 2008) i sogget- ti erano utenti della Clinica Psichiatrica dell’Università dell’Aquila.

Tutti sono stati sottoposti ad una valutazione clini- ca, neuropsicologica mediante i classici strumenti di valutazione e ad una valutazione della cognizione sociale mediante compiti di falsa credenza (ToM); compiti di priming affettivo (empatia per le emozio- ni); compiti di orientamento dell’attenzione guidato da indizi sociali (direzione dello sguardo) e scale per la valutazione dell’empatia (Baron-Cohen, 2006). Un piccolo gruppo di soggetti (dieci) al primo episodio schizofrenico (DSM-IV-R, APA, 2000) è stato succes- sivamente sottoposto a fMRI durante l’osservazione di stimoli ad elevata salienza emozionale. Le immagini funzionali (acquisite con un 1.5T scanner MRI-Signa Horizon, General Electric). I soggetti con schizofrenia sono stati confrontati con d10 volontari sani di pari età e scolarità.

risultati: i risultati hanno evidenziato che tra le com-

ponenti della cognizione sociale, le capacità empati- che, intese come riconoscimento e condivisione delle emozioni e la comprensione della falsa credenza so- no compromesse in egual maniera nel campione dei soggetti con schizofrenia e correlano in maniera si- gnificativa con tutte le aree del funzionamento sociale rispetto alle altre misure utilizzate. Inoltre dai risultati emersi dall’esame fMRI emerge una ridotta attivazio- ne delle aree limbiche (in particolare dell’amigdala e dell’insula) in soggetti con schizofrenia sottoposti a stimoli ad elevata valenza emotiva, rispetto a con- trolli sani.

conclusione: i risultati indicano che i deficit di cogni-

zione sociale rappresentano un elemento fondamentale nel disturbo schizofrenia sia per quanto riguarda la ca- pacità di comprendere la ToM sia per quando riguarda l’empatia (Brüne; 2005). Inoltre i dati relativi all’utilizzo di neuroimaging, seppur preliminari, suggeriscono la necessità di indagare le anomalie strutturali e morfo- funzionali presenti in soggetti con schizofrenia fin dal primo episodio di malattia.

attivazione neuronale nel riconoscimento dei canoni estetici: implicazioni cliniche e riabilitative

C. Di Dio

Dipartimento di Neuroscienze, Università di Parma In uno studio fMRI abbiamo investigato in soggetti uma- ni i correlati neurali associati alla percezione estetica indotta dall’osservazione di stimoli artistici.

In una prima analisi dei dati, abbiamo confrontato due campioni di immagini rappresentanti, nella cultura occi- dentale, capolavori artistici, diversi tra di loro solo nella di- mensione proporzione. I risultati hanno mostrato, in corri- spondenza delle opere caratterizzate da parametri estetici canonici, una maggiore attivazione di aree corticali depu- tate all’analisi visiva dello stimolo e l’attivazione dell’in- sula, un’area la cui funzione è associata alla percezione, nell’uomo, di sensazioni emozionali. La qualità di questa “sensazione emozionale” deriva dalla relazione che l’insu- la intrattiene con altre aree del sistema limbico e con aree di controllo e regolazione del sistema autonomo. Sarebbe, secondo questa caratterizzazione, proprio l’attività insulare a definire la qualità emozionale della percezione estetica in risposta ai parametri intrinseci dell’opera d’arte. In parallelo, un secondo meccanismo è implicato du- rante l’espressione esplicita di piacere estetico da parte dei singoli soggetti. Questo meccanismo è basato non più sui parametri stabili dell’opera, quanto più sulla re- lazione tra esperienza dell’osservatore ed opera. Que- sto processo è implementato dall’attività dell’amigdala, la cui funzione fondamentale è l’attribuzione di valori emozionali a stimoli di per sé neutri mediante processi associativi dettati dall’esperienza individuale.

Poiché la natura dell’apprezzamento estetico potrebbe essere generalizzata alla capacità insita dell’uomo di provare piacere, un ulteriore studio è atto a compren- dere se tale capacità è alterata in pazienti schizofreni- ci all’esordio con prevalente sintomatologia negativa. Considerata l’efficacia del paradigma sperimentale im- plementato nel primo studio nel catturare risposte emo- zionali specifiche, in questo lavoro viene esaminata la reazione dei pazienti alle immagini artistiche, al fine di rapportare il deficit emozionale manifesto dall’esordio della malattia ad una più generale incapacità di provare piacere indotto da stimoli con valenza positiva. I risultati verranno discussi alla luce delle nuove implicazioni sui correlati neuroanatomici dei deficit di cognizione socia- le tipicamente presenti in soggetti con schizofrenia.

Percezione delle emozioni (espressioni facciali e prosodia) nelle psicosi

P. Rocca, F. Castagna, C. Montemagni

Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Torino

Introduzione: recenti dati suggeriscono che la social

cognition sia un modulo indipendente dell’intelligen-

za e che una sua alterazione possa essere responsabile della compromissione funzionale osservata nei disturbi psicotici. Lo studio della social cognition comprende la valutazione della percezione delle emozioni, i cui prin- cipali ambiti di indagine sono il riconoscimento del- l’espressione facciale e quello dell’espressione vocale (prosodia). La percezione delle emozioni è compromes- sa nei pazienti con schizofrenia rispetto ai controlli sani; la compromissione maggiore è evidente nel riconosci- mento delle emozioni negative; il deficit è presente dal- l’esordio della malattia ed è stabile nel tempo. Per quan- to riguarda le relazioni tra percezione delle emozioni, psicopatologia e cognitività, i risultati non sono ancora conclusivi. Non è ancora chiaro se questi deficit siano specifici della schizofrenia, in quanto tale compromis- sione è evidente nel confronto schizofrenia e disturbi depressivi, mentre si attenua nel confronto schizofrenia e disturbo bipolare, dove i disturbi della percezione emotiva variano a seconda della fase di malattia. Pochi sono i dati sul disturbo delirante e sul disturbo schizoaf- fettivo.

Metodi: lo scopo della relazione è presentare i risultati

di una nostra ricerca sul processamento emotivo nella schizofrenia, nel disturbo schizoaffettivo, e nel disturbo bipolare. Sono stati reclutati 82 soggetti affetti da schi- zofrenia, 21 soggetti affetti da disturbo schizoaffettivo e 25 soggetti affetti da disturbo bipolare, e un gruppo di controlli sani (n = 30) al fine di confrontare le loro per- formance. Abbiamo utilizzato un protocollo compute- rizzato (Comprehensive Affect Testing System – versio- ne italiana realizzata dal nostro gruppo di ricerca) che prevede la somministrazione di test volti ad esplorare differenti aspetti dell’espressività facciale e del tono di voce.

risultati: i risultati preliminari del nostro studio evi-

denziano che, rispetto ai controlli, i pazienti dimo- strano una compromissione nell’esecuzione di tutti i compiti di riconoscimento emotivo. I pazienti con schizofrenia o disturbo schizoaffettivo sono risultati maggiormente compromessi rispetto ai pazienti con disturbo bipolare nei compiti di denominazione, se- lezione e associazione delle espressioni facciali. Non sono emerse differenze significative tra i sottogrup- pi clinici nelle prove di percezione della prosodia emotiva. In entrambe le condizioni sperimentali i tre sottogruppi non differivano nei compiti di controllo (riconoscimento dell’identità facciale e della prosodia non emotiva).

conclusioni: i pazienti con disturbi dello spettro schi-

zofrenico sono risultati maggiormente compromessi dei pazienti con disturbo bipolare nelle prove di riconosci- mento delle espressioni facciali, suggerendo un ruolo sugli esiti funzionali di entità maggiore rispetto a quella che si osserva nei pazienti con disturbo bipolare, in un continuum di gravità caratteristico dei disturbi psicotici. Per quanto riguarda la prosodia, i dati raccolti sono pre- liminari e non sembrano differenziare le prestazioni tra i due gruppi clinici.

cognitive behaviour therapy for improving social recovery in early psychosis: a report from the ISreP Mrc Trial Platform study

D. Fowler1, J. Hodgekins1, M. Painter2, T. Reilly3,

C. Crane2 4, I. MacMillan3, M. Mugford1,

T. Croudace4, P.B. Jones2 4

1 School of Medicine, Health Policy and Practice,

University of East Anglia, Norwich, UK; 2 CAMEO,

Cambridgeshire and Peterborough Mental Health Partnership NHS Trust; 3 Norfolk Early Intervention

Service, Norfolk and Waveney Mental Health Partnership NHS Trust; 4 Department of Psychiatry, University of

Cambridge, Cambridge, UK

background: this study reports a randomised control-

led trial of a novel cognitive behavioural intervention to improve social recovery from early psychosis. The in- tervention was specifically focused on improving activ- ity levels while managing social anxiety and psychotic symptoms. Therapists used a combination of vocational case management and CBT techniques.

Methods: seventy-seven participants were recruited from

secondary mental health teams presenting with a history of unemployment and poor social outcome. The study was a

single-blind RCT with two groups, 35 participants receiving CBT plus TAU, and 42 participants receiving TAU alone. Participants were assessed at baseline and post-treatment. The intervention was delivered over a nine-month period with a mean of 12 sessions. Primary outcome measures were weekly hours in constructive economic and struc- tured activity. Secondary outcomes included symptoms, beliefs about self and others, and hopelessness.

results: in the non-affective psychosis group there were

clinically meaningful and significant improvements in weekly hours in constructive and structured activity, PANSS scores, and beliefs about self and others. In the affective psychosis group there was a striking improve- ment in activity and symptoms across both TAU and treatment conditions but there were no significant ben- efits for treatment.

conclusion: the study provides promising preliminary

evidence for CBT in improving constructive and struc- tured activity amongst patients with poor social out- comes, relatively early in the course of disorder. Prom- ising indications of benefits in symptoms and beliefs about self and others were also observed. The study provides a useful basis for a definitive large multi-centre randomised controlled trial.

VeNerdì 13 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30

Sala Mantegna

S49. Integrazione tra farmaci e psicoterapie:

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