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S25 Impulsività e disturbi di personalità: psicopatologia e manifestazioni cliniche

CooRdinatoRe S. Bellino

braccio placebo. Sono stati reclutati inoltre 32 controlli sani. Alla decima settimana tutti i soggetti hanno ese- guito PET (18F)-fluorodeoxyglucose (FDG) durante serial

verbal learning task.

risultati: nei soggetti con PG, il relative glucose meta-

bolic rate (rGMR) in nella corteccia prefrontale mediale era significativamente incrementato rispetto ai controlli a tempo zero. La somministrazione del litio incremen- tava il rGMR nella corteccia prefrontale, incrementando quindi la differenza tra controlli e pazienti, incremen- tando però anche l’attività metabolica della corteccia prefrontale dorsolaterale e del giro del cingolo posterio- re, normalizzando l’attività in queste aree.

bibliografia

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in the context of negative emotion in borderline personality disorder. Am J Psychiatry 2007;164:1832-41.

Impulsività e disturbo borderline di personalità

S. Bellino

Servizio per i Disturbi di Personalità, Struttura Complessa di Psichiatria 1, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino

L’impulsività è considerata un elemento nucleare del- la psicopatologia del disturbo borderline di personalità (DBP). Dalle analisi fattoriali le alterazioni comporta- mentali impulsivo-aggressive sono risultate una delle dimensioni sintomatologiche fondamentali, insieme all’instabilità affettiva e al disturbo relazionale. Le alte- razioni dell’impulsività possono anche contribuire a de- lineare un modello che spieghi la comorbilità del DBP con i disturbi di asse I.

Le linee guida per il trattamento del DBP propongono le alterazioni dell’impulsività come uno dei target della farmacoterapia, raccomandando come terapie di prima scelta antidepressivi serotoninergici e stabilizzatori del- l’umore. I correlati neurobiologici, di brain imaging e genetici dell’impulsività e dell’aggressività nel DBP so- no stati studiati per chiarirne i meccanismi fisiopatolo- gici e identificare strategie terapeutiche mirate. Coccaro ha proposto il concetto unitario di “aggressività impul- siva” correlando impulsività e condotte aggressive. Altri Autori come Critchfield non condividono l’esistenza di un singolo tratto fenotipico, considerando le misure di aggressività e di ridotto autocontrollo dell’impulsività come costrutti separati.

L’impulsività è definita come una predisposizione bio- logicamente determinata ad agire rapidamente senza pianificare la propria condotta e senza valutarne razio- nalmente le conseguenze.

Si definisce invece l’aggressività come la tendenza ad adottare comportamenti che infliggano un danno a un altro individuo; è patologica quando è sproporzionata o espressa fuori del contesto.

Per indagare le relazioni tra le due dimensioni impulsi- vità e aggressività e le caratteristiche cliniche del DBP, abbiamo condotto uno studio su un gruppo di pazienti ambulatoriali valutati tramite intervista semistrutturata, CGI-S, BPRS, HAM-A, HAM-D, SOFAS, SAT-P e BPD Severity Index.

È stata utilizzata la correlazione di Pearson per le varia- bili continue e il confronto delle medie con il t-test per quelle categoriali. I fattori significativi sono stati inseriti in un modello di regressione logistica. I nostri risultati indicano che impulsività e aggressività sono correlati a manifestazioni cliniche differenti e supportano l’ipotesi che si tratti di fattori psicopatologici distinti.

gli antipsicotici nel trattamento dell’impulsività

P. Valsecchi

SPDC, Spedali Civili di Brescia

I comportamenti impulsivi-aggressivi rappresentano un problema transdiagnostico dal momento che possono verificarsi non solo in corso di disturbi psichiatrici ma anche in presenza di malattie neurologiche e sistemi- che.

Sebbene non esistano terapie con specifica indicazione per i disturbi comportamentali, nel trattamento dell’im- pulsività/aggressività possono essere utilizzate diverse classi di farmaci.

Per quanto possibile la scelta del farmaco dovrebbe essere individualizzata per ciascun paziente e l’albero decisionale dovrebbe tener conto di molteplici fattori chiave tra cui gli obiettivi che ci si prefigge di raggiun- gere a breve, medio e lungo termine, il disturbo di base e i suoi trattamenti specifici.

Gli obiettivi principali a breve, medio e lungo termine sono, rispettivamente, il controllo e la prevenzione del- l’aggressività impulsiva.

Relativamente agli obiettivi a breve e medio termine, nella scelta del farmaco si dovrebbe tenere in considerazione l’effetto sedativo, il basso rischio di indurre EPS e acatisia, la sicurezza a breve e medio termine, i dati della letteratu- ra e le evidenze derivanti dalla clinica. Per quanto concer- ne gli obiettivi a lungo termine la scelta del trattamento, oltre al profilo di safety e alle indicazioni della letteratura e della pratica clinica, non può prescindere dalla diagnosi e dalla valutazione di specifici sintomi target.

Tra le principali opzioni farmacologiche menzionate in letteratura vi sono gli antipsicotici di prima e seconda generazione, le benzodiazepine, gli anticonvulsivanti, il litio e gli antidepressivi. Gli antipsicotici, tuttavia, so- no gli unici composti sistematicamente prescritti nella pratica clinica a breve, medio e lungo termine per il controllo e la prevenzione dei comportamenti impulsi- vi-aggressivi.

Il problema dell’attendibilità scientifica nel contesto forense

F. Bruno, B. Calabrese

Università di Salerno; AIASU (Associazione Internazionale per l’Applicazione delle Scienze Umane)

Il difficile rapporto tra Scienza e Diritto non si caratteriz- za soltanto per il significato di potere connesso alla for- mazione della legge, ma anche perché il Diritto stesso chiede spesso alla Scienza ciò che questa non può dare, ovvero “l’assoluta certezza” che renda la prova imper- meabile ad ogni dubbio.

In realtà la Scienza, da Popper in poi, non può più essere considerata la depositaria della certezza assoluta, per- ché ogni teoria, proprio per essere valida e per rivestire un carattere scientifico, deve poter essere falsificabile, quindi ciò che caratterizza la Scienza non è “l’assoluta certezza” dei risultati ma proprio la loro relatività e, so- prattutto, l’adozione di un metodo basato su presupposti epistemologici e valutativi.

Qual è il metodo che segue la Psichiatria? La Psichiatria stessa può dirsi una Scienza? Nel suo rapporto con il Diritto, a che cosa ha dato luogo?

La Psichiatria Forense e le Scienze Forensi in genere (pri- ma fra tutti la Criminologia) quale metodo adottano? I risultati di queste analisi quali attendibilità hanno? Quali sono i vantaggi e quali i limiti?

Come può la Psichiatria servire il Diritto, la Giustizia e la Democrazia senza subirne il potere ed il fascino?

I test mentali in psicopatologia forense

S. Ferracuti, P. Roma

II Facoltà di Medicina, Sapienza Università di Roma I test mentali hanno un sempre maggior uso in ambito psichiatrico e psicologico forense, dove sono conside- rati una misura “scientifica” e perciò dotata di parti- colare valore probatorio. A questa maggior diffusione non corrisponde, purtroppo, un altrettanto accurato uso degli stessi e, ancor meno una precisa qualificazione in ambito giuridico e medico-legale. I test sono molto diversi tra loro per validità e attendibilità, con precise limitazioni della possibilità del loro uso a seconda dei contesti, della modalità di somministrazione e del tipo di paziente a cui sono proposti. Questi limiti non sono quasi mai ammessi, producendosi spesso affermazioni in ambito giuridico basate sui risultati dei reattivi usati

durante le consulenze che non hanno, in realtà, alcun valore scientifico. In alcuni campi, come l’abuso ses- suale infantile, si possono avere esempi estremi dell’uso distorto delle metodiche psicometriche, ma è possibile osservare il fenomeno in molti altri contesti. I limiti e il valore delle singole tecniche in relazione alla specifica situazione deve essere accuratamente specificato e te- matizzato nella relazione medico legale o in tribunale, senza creare aspettative ingiustificate nei giuristi, cer- cando di evitare giudizi errati sulla base di risultati che non giustificano le affermazioni con il livello di certezza richiesto dal contesto processuale.

la “perizia psichiatrica”: il difficile equilibrio tra scienza e giurisprudenza

M. di Giannantonio

Università “G. D’Annunzio”, Chieti

La perizia psichiatrica è fondata su alcuni principi e pro- cedure che suggeriscono non pochi dubbi sull’opportu- nità di conferirle “tout-court” l’attributo di “atto scienti- fico”. Si rileva, infatti, che: 1) non si tratta di un’attività terapeutica rivolta all’individuo (il cliente che si rivolge al perito psichiatra è il giudice); 2) la valutazione psi- chiatrica del paziente deve riguardare sia il passato (il momento del fatto), che il presente, e deve sfociare in una prognosi (giudizio di pericolosità) riguardante il fu- turo; 3) la valutazione è collocata in un contesto in cui si discute della pena e se un’azione sia imputabile ad un determinato soggetto (al perito è chiesto di calarsi in un contesto di controllo disciplinare). Tale contesto può influenzare l’assetto mentale del perito, si può costitui- re cioè un setting profondamente divergente dal setting dell’intervista psichiatrica le cui regole non dipendono dal perito e non sono manipolabili dallo stesso perché tracciate dalla norma legale e dalla giurisprudenza. Inoltre il “quesito” è formulato in termini giuridici, come giuridico e non “naturale” è il concetto di imputabilità, come quelli di infermità, vizio totale e vizio parziale, che pongono un problema di interpretazione e di rac- cordo tra diritto e psichiatria che è poi la quintessenza dell’attività medico-legale. Da ciò si ricava l’impressio- ne che anche la diagnosi sia formulata in termini giuri- dici o con riferimento prevalente al problema giuridico di cui il perito è stato investito. Quindi la perizia è un atto medico perché condotto da un medico, basato su esami clinici, di laboratorio, sul colloquio psichiatrico, sulla somministrazione di test, perché condotto evi-

gIOVedì 12 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

Sala PintuRiCChio

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