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CooRdinatoRe M. Guazzelli

correlati genetici dei disturbi dell’umore e del ciclo sonno-veglia

I. Guerrini

Molecular psychiatry laboratory, Department of Mental Health Sciences, University College, London, London (UK)

I disturbi del ciclo-sonno veglia ed i ritmi circadiani so- no elementi importanti nella patofisiologia dei disturbi dell’umore. Le basi neurobiologiche della loro intera- zione rimangono a tutt’oggi parzialmente sconosciute. Studi di familiarità indicano che nei figli di famiglie ad alto rischio per disturbi dell’umore un disturbo del son- no è frequentemente presente ed è un fattore predittivo di sviluppo successivo di un disturbo dell’umore (Duffy et al., 2007). Una suscettibilità genetica è stata ipo- tizzata ed i geni implicati nella regolazione dei ritmi circadiani e quindi del ritmo sonno-veglia sono stati estensivamente esplorati con metodiche di genetica molecolare. Studi volti a esplorare il ruolo dei clock genes nella patogenesi dei disturbi del sonno in indi- vidui affetti da un disturbo bipolare, hanno indicato un’associazione con un gruppo di varianti genetiche nel gene CLOCK sul cromosoma 4 e del gene GSK3B sul cromosoma 3, la cui proteina è il target endogeno del litio in diversi tessuti (Lamont et al., 2007). Studi sull’animale condotti su topi con una delezione omo- zigota del D-box binding protein (Dbp), appartenente alla famiglia dei clock genes, mostrano una attivazio- ne maggiore se sottoposti a deprivazione di sonno, in analogia a quanto avviene nei pazienti bipolari (Le-Ni- culescu et al., 2008). Comprendere i correlati neuro- biologici dell’interazione dei disturbi del ciclo sonno veglia e dei ritmi circadiani ha notevoli implicazioni non solo sul piano della pura conoscenza scientifica ma anche sul piano terapeutico. Studi di espressione genica hanno infatti mostrato una modulazione funzio- nale sui clock genes da parte di agenti farmacologici come fluoxetina e i sali di litio.

bibliografia

Duffy A, Alda M, Crawford L, Milin R, Grof P. The early mani-

festations of bipolar disorder: a longitudinal prospective study of the offspring of bipolar parents. Bipolar Disord

2007;9:828-38.

Lamont EW, Legault-Coutu D, Cermakian N, Boivin DB. The

role of circadian clock genes in mental illness. Dialogues Clin

Neurosci 2007;9:333-42.

Le-Niculescu H, McFarland MJ, Ogden CA, Balaraman Y, Patel S, Tan J, et al. Phenomic, convergent functional

genomic, and biomarker studies in a stress-reactive ge- netic animal model of bipolar disorder and co-morbid alcoholism. Am J Med Genet B Neuropsychiatr Genet

2008;147B:134-66.

basi neurofisiologiche della relazione sonno-umore

A. Gemignani, M. Guazzelli*

Dipartimento di Fisiologia Umana “G. Moruzzi”,

* Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia Farmacologia

e Biotecnologie, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Pisa

L’interesse scientifico e clinico per le relazioni tra son- no e umore ha ricevuto un ulteriore impulso in que- sti ultimi anni grazie allo sviluppo delle tecniche di biologia molecolare e di esplorazione funzionale in vivo del cervello. Dagli studi che ne sono conseguiti è emerso che l’umore depresso si associa ad una profon- da alterazione delle variazioni omeostatiche del meta- bolismo cerebrale e della funzione sinaptica durante il sonno. Nel 2003, è stato ipotizzato che la funzione del sonno delta (SWS) sarebbe riconducibile ad un fenomeno di riduzione del “peso” sinaptico corticale (down-scaling sinaptico). Sulla base di questa ipotesi la significativa riduzione del SWS presente nei pazien- ti depressi è da riferire ad una conseguente alterazio- ne del down-scaling sinaptico e quindi delle funzioni corticali. Sul piano fisiopatogenetico, le perturbazioni delle funzioni cognitive presenti nella depressione, parallelamente alle alterazioni del SWS, potrebbero essere proprio ricondotte alla abnorme evoluzione dei livelli sinaptici corticali notturni che si verifica nel pa- ziente depresso.

Per quanto attiene il sonno REM (RS), la breve latenza e la maggiore densità sono state messe in rapporto con un ipertono colinergico centrale che si ritiene parte integrante della fisiopatologia del disturbo dell’umore. Alcune recenti evidenze indicano che le strutture coli- nergiche pontine che generano il RS sono tonicamente attivate durante il sonno da gruppi neuronali del com- plesso amigdaloideo (CA). Questa struttura che duran- te la veglia gioca un ruolo chiave nella modulazione della paura o dello stress, risulta iperattiva nella veglia e nel sonno dei pazienti depressi. La disfunzione del

CA, ritenuta responsabile delle alterazioni della sfera affettiva, potrebbe contribuire a determinare le altera- zioni del RS tipiche della patologia depressiva. Le alterazioni del SWS e del RS hanno anche un rilievo diretto nella clinica poiché sono positivamente correlate con i livelli di stress e sono verosimilmente sottese da una vulnerabilità genetica multifattoriale per la depressione.

Modulazione farmacologica del ciclo sonno- veglia. Prospettive per la terapia dei disturbi dell’umore

G. Biggio

Università di Cagliari

Lo stress cronico riduce l’attività basale dei neuroni monoaminergici in specifiche aree cerebrali importan- ti per la regolazione del tono dell’umore, dei processi cognitivi e del pattern del sonno.

Questi eventi si traducono spesso in alterazioni nella capacità di adattamento dei neuroni in specifiche aree cerebrali quali l’ippocampo.

Queste modificazioni morfologiche e funzionali sono associate a variazioni dei processi di neurogenesi e nella sintesi di alcuni importanti fattori trofici (BDNF). Recenti ricerche hanno evidenziato una riduzione della sintesi di BDNF e del processo di neurogenesi in associazione con la privazione del sonno. Infatti, la privazione di sonno è associata a riduzione della neurogenesi e della capacità di apprendimento. Uno stress debole ma continuativo riduce il sonno e la capacità di adattamento dei neuroni. Verranno di- scussi i meccanismi neurobiologici associati alla pro- duzione di nuovi neuroni durante la privazione del sonno.

l’insonnia nella prospettiva della psicopatologia di spettro

M. Guazzelli, C. Gentili

Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa

L’introduzione e lo sviluppo dell’approccio diagnosti- co di spettro in psichiatria ha prodotto riflessi impor- tanti sia nella ricerca che nella pratica clinica. Con il superamento della dicotomia “tutto-nulla” dell’im- postazione rigidamente categoriale del DSM nelle sue diverse edizioni, la costellazione dei disturbi del- l’umore si presenta in una prospettiva nuova, in cui le condizioni cosiddette sottosoglia, paucisintomati- che, minori o residuali confluiscono nella dimensio- ne, appunto, dello spettro dell’umore, i cui domini, isolati dalla ricerca empirica, integrano validamente i raggruppamenti sindromici forniti dalla tassonomia ufficiale, consentendo un inquadramento più aderente alla realtà clinica.

Promettenti sono le prospettive teoriche e pratiche del- le applicazioni dell’approccio diagnostico di spettro ai disturbi del sonno ed in particolare all’insonnia, che la nosografia psichiatrica attuale distingue in primaria e “correlata ad altro disturbo mentale”. L’approccio di spettro, tuttavia, è recente e non ha ancora trovato ap- plicazione specifico allo studio dei disturbi del sonno in rapporto alle patologie dell’umore per cui al mo- mento attuale lo stato dell’arte su questo argomento non può fare a meno della letteratura fondata sui criteri tassonomici categoriali classici.

Alcune ricadute, potenzialmente rilevanti per la clini- ca dei disturbi dell’umore, in rapporto con il paradig- ma di spettro nella valutazione dei disturbi del sonno, possono tuttavia essere già ipotizzate specialmente riguardo alle forme di insonnia, considerate primarie dalla medicina del sonno attuale. Adottando questa prospettiva, a nostro parere, le forme suddette rientra- no a buon diritto nell’ambito teorico e operativo della psicopatologia e non rischiano di essere consegnate al rigido inquadramento nella patologia d’organo e con- seguentemente destinate ad un trattamento non ade- guatamente integrato che è possibile evitare solo se ci si avvale delle conoscenze psicopatologiche, oggi in grado di ricomprendere anche quelle condizioni che la tassonomia categoriale del DSM, con i suoi di rigidi criteri soglia, ha sottratto al suo ambito di studio e di intervento.

SabaTO 14 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

Sala Mantegna

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