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CooRdinatoRe A. Pascotto

Il processo di mutua regolazione affettiva in coppie madre-bambino a rischio depressivo e psicosociale

M. Ammaniti, A.M. Speranza, R. Tambelli, C. Trentini

Dipartimento di Psicologia Dinamica e Clinica, Sapienza Università di Roma

La mutua regolazione affettiva deriva dall’intreccio tra la capacità biologicamente determinata dei bambini di autoregolarsi, la loro predisposizione a produrre comportamenti interattivi e l’abilità delle madri di in- terpretarne i segnali, rispondendovi secondo modalità appropriate. Nei quadri depressivi queste competen- ze materne possono essere compromesse, andando a limitare l’espressione emozionale e la qualità degli scambi relazionali diadici. L’assunzione di stili in- terattivi disfunzionali (caratterizzati da interferenza, ritiro emozionale o da modalità miste) riduce, inoltre, la capacità delle madri di accogliere le iniziative dei figli di riparare scambi non reciprocamente orientati: nel tentativo di fronteggiare i fallimenti della mutua regolazione, i bambini possono strutturare un nucleo affettivo negativo, caratterizzato da tristezza o rabbia, oppure sviluppare modelli relazionali difensivi, defi- niti da un eccesso o da una limitazione delle proprie capacità di autoregolazione. Il disagio psicopatolo- gico materno risulta ulteriormente esacerbato nelle

condizioni di rischio psicosociale, nel cui ambito il sommarsi di stress familiari e di fattori ambientali avversi influenza negativamente le capacità materne di caregiving, esponendo i bambini alla possibili- tà di esiti psicopatologici sin dai primi mesi di vita. Recentemente, abbiamo condotto un’indagine al fine di esplorare gli effetti del rischio depressivo e psico- sociale sui processi di co-regolazione diadica. Sulla base di uno screening effettuato durante la gravidan- za, sono stati selezionati quattro gruppi di donne: a rischio depressivo (n = 33), a rischio psicosociale (n = 32), a doppio rischio (n = 26) e di controllo (n = 31). Le diadi sono state contattate ai 6 e ai 12 mesi del bambino per la videoregistrazione di sequenze in- terattive, codificate mediante scale osservative appo- sitamente costruite. Nonostante sia stato evidenziato un generale miglioramento nel tempo della qualità in- terattiva, nelle diadi a doppio rischio è stata rilevata, sia ai 6 che ai 12 mesi, una più evidente problemati- cità nello scambio diadico, caratterizzato da modalità interattive materne disfunzionali (scarsa responsività, comportamenti interferenti ed espressione di stati af- fettivi negativi) e dalla compromissione delle compe- tenze autoregolative infantili.

rilevamento e intervento precoce nella depressione materna perinatale

M.C. Stefanini, G. Lino, L. Giardinelli, V. Svelto, C. Lunardi, M.G. Martinetti

Cattedra di Neuropsichiatria Infantile di Firenze, AOU Careggi, Firenze

Introduzione: Centro “Nascita” dell’Azienda Ospedalie-

ro Universitaria Careggi di Firenze ha messo a punto un percorso assistenziale multidisciplinare rivolto al disa- gio psichico in epoca perinatale (sia materno/genitoriale che del bambino). Questa metodologia prevede un’inte- grazione di interventi multiprofessionali finalizzati alla realizzazione di un percorso assistenziale che articoli risposte altamente qualificate su tutto il ventaglio delle necessità emergenti, dalla prevenzione primaria al rile- vamento dei fattori di rischio individuali e sociali, fino ai quadri di psicopatologia materna ad esordio perinatale. Il presente lavoro si focalizza nell’analisi di una casisti- ca di donne in gravidanza seguite dalla 27-30° sett E.G. fino ai 6 mesi del figlio.

Obiettivi: definizione del protocollo di utilizzo degli

strumenti di rilevamento dei fattori di rischio per disagio perinatale; verifica della fruibilità e dell’efficacia dell’in- tervento integrato multidisciplinare messo a punto dalla nostra struttura.

Metodi: è stata effettuata l’analisi di una casistica di 508

donne, seguite per il percorso di accompagnamento alla nascita, sottoposte ad un colloquio conoscitivo indivi- duale semistrutturato iniziale e a valutazione testologica con EPDS e STAI- Y sia in gravidanza che dopo 3 mesi dalla nascita. Nello stesso tempo, si sono analizzate le richieste dirette di valutazione e presa in carico tera- peutica effettuate per disagio psichico materno e/o re- lazionale, pervenute al servizio indipendentemente dal rilevamento testologico (dati anamnestici, presenza di fattori di rischio, motivo della consultazione, inquadra- mento diagnostico, tipologia dell’intervento effettuato, esito, follow-up).

risultati: l’analisi della casistica mostra un continuum

fra fattori di rischio per depressione materna in anam- nesi, maternity blues, problematiche relazionali precoci m-b: legate all’acquisizione dei processi di autoregola- zione e franchi quadri di DPP. I test si dimostrano utili nel rilevare i fattori di rischio ma, nella nostra esperien- za, non aumentano la fruibilità dell’intervento, che ri- sulta invece sensibile (precocità dell’intervento e bassi drop-out) all’accoglienza individualizzata effettuata nel pre-parto da figure professionali supportive.

depressione materna e psicopatologia infantile: studio di una popolazione clinica

A. Gritti, F. Salerno, L. Cutolo, S. Pisano

Clinica di Neuropsichiatria Infantile Seconda Università di Napoli, Dipartimento di Psichiatria, Neuropsichiatria Infantile, Dermatovenereologia, Audiofonologia

Introduzione: il rischio psicopatologico nei figli di ma-

dri depresse è ben documentato in letteratura. Studi longitudinali su vaste coorti mostrano che l’esordio dei disturbi nella prole si colloca nell’intero arco di tempo dall’infanzia alla prima età adulta (Ensminger, 2003). La tipologia dei disturbi riscontrati nei figli rientra in un’ampia gamma di quadri clinici (Beardslee, 1983; Be- ck, 1999; Weissman, 1997): disturbi depressivi e/o di ansia, disturbi del comportamento, dell’apprendimento e della scolarizzazione. In sintesi, lo sviluppo di un bam- bino in presenza di depressione materna può orientarsi in senso psicopatologico seguendo traiettorie cliniche diverse da internalizzate ad esternalizzate. In un prece- dente studio (Gritti et al., 2006) abbiamo rilevato che la depressione post-partum può essere un fattore di rischio relativo per disturbi pervasivi dello sviluppo.

Abbiamo quindi avviato una ulteriore ricerca – ancora in corso – su una popolazione infantile e adolescenzia- le con disturbi psicopatologici, al fine di stimare la fre- quenza di depressione materna ed individuare possibili associazioni ricorrenti tra depressione materna e tipolo- gia del disturbo clinico nel bambino.

Metodi: sono stati arruolati nello studio i SS. consecu-

tivamente osservati presso la nostra clinica con disturbi psicopatologici. Le diagnosi sono state poste in base ai criteri del DSM-IV, mediante un protocollo clinico-os- servativo standard, integrato da strumenti di rilevamento diagnostico: K-SADS; CBCL, CARS. La depressione ma- terna è stata valutata con la Structured Clinical Interview for DSM-IV Axis I Disorders (SCID-I) per il rilevamento del disturbo depressivo materno, attuale, lifetime, post- partum. È stato, inoltre, effettuato un colloquio semidi- rettivo, ad integrazione di dati, con particolare riguardo alla individuazione di condizioni depressive a bassa espressività clinica.

risultati: verranno illustrati i risultati dello studio con-

dotto, valutando la frequenza e tipologia della depres- sione materna in rapporto al quadro clinico presentato dai bambini.

conclusioni: saranno discussi i risultati ottenuti, metten-

VeNerdì 13 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30 Sala PeRugino

S51. Neuroplasticità e psicopatologia

CooRdinatoRe M. De Vanna Neuroplasticità e psicopatologia G. Biggio

Dipartimento di Biologia Sperimentale, Università di Cagliari

La plasticità neuronale, fenomeno alla base della fun- zione del sistema nervoso centrale è la capacità delle cellule di acquisire informazioni dall’ambiente esterno e di processarle per ottenere risposte adeguate allo sti- molo. Così gli stimoli emozionali, farmacologici e le al- terazioni delle secrezioni endocrine hanno la capacità di indurre modificazioni sia a livello morfologico che funzionale delle cellule nervose che si manifestano con un aumento o una diminuzione delle spine dendritiche. Modificazioni della plasticità neuronale sono state asso- ciate ad effetti terapeutici a lungo termine di differenti psicofarmaci. I meccanismi adattativi che contribuisco- no al fenomeno di plasticità neuronale includono la neurogenesi, cioè la produzione di nuove cellule neu- ronali e la sintesi di speciali fattori trofici quali il BDNF. Questi fenomeni subiscono un’importante riduzione in diverse malattie mentali quali psicosi, depressione e PTSD. Gli studi di neurobiologia sperimentale hanno suggerito che l’efficacia degli antipsicotici atipici e degli antidepressivi sia almeno in parte mediata dalla capaci- tà di questi farmaci di stimolare il trofismo neuronale, indurre neurogenesi e in generale di esercitare effetti neuroprotettivi. Nel loro insieme questi studi sperimen- tali e clinici suggeriscono che il fenomeno della plasti- cità neuronale è cruciale nella fisiopatologia e terapia della psicoterapia.

Fattori neurotrofici e psicosi funzionali

M. De Vanna, C. Alagni, D. Carlino

UCO di Clinica Psichiatrica, Dipartimento di Scienze Cliniche, Morfologiche e Tecnologiche, Università di Trieste

Obiettivi: il Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF),

membro della famiglia delle neurotrofine (NT), svolge un ruolo centrale in molte funzioni del SNC, dalla dif- ferenziazione e dalla sopravvivenza neuronale alla si- naptogenesi e a forme attività-dipendenti di plasticità sinaptica.

Diversi studi hanno dimostrato che livelli sierici e liquo- rali anomali di BDNF sono coinvolti nella fisiopatologia delle psicosi funzionali.

Al contrario, non esistono studi in letteratura sul possi- bile ruolo della forma immatura del BDNF (proBDNF) nell’uomo. Infatti, il proBDNF come altre proNT svolge un ruolo cruciale nelle vie di traduzione del segnale in- teragendo con il recettore per le NT p75 (p75NTR).

Le proNT sembrano avere effetti biologici opposti a quelli della forma matura.

Sulla base di queste evidenze, abbiamo studiato il rap- porto proBDNF/BDNF tra pazienti affetti da schizofrenia cronica e controlli sani.

Metodi: i livelli totali di BDNF sono stati misurati uti-

lizzando uno specifico kit ELISA in 40 soggetti affetti da schizofrenia e 40 controlli sani. Per valutare il rapporto proBDNF/BDNF è stato predisposto un apposito western blot. Per rilevare differenze tra i due gruppi in termini di livelli sierici totali di BDNF e proBDNF/BDNF è stato utilizzato il test one-way ANOVA (p < 0,05).

risultati: non sono emerse differenze significative pa-

zienti e controlli per quanto riguarda i livelli sierici totali di BDNF. Al contrario, un ridotto proBDNF/BDNF è sta- to osservato nei pazienti.

conclusioni: questo studio dimostra che il proBDNF

può essere misurato nel siero umano e che il rapporto proBDNF/BDNF è alterato in pazienti schizofrenici cro- nici, modificando i processi di plasticità neuronale.

Neuroplasticità, stimolazione magnetica transcranica e disturbi d’ansia

S. Pallanti* **, S. Bernardi**

* Mount Sinai School of Medicine, NY; ** Università di

Firenze, IT

La stimolazione magnetica transcranica (TMS), tecni- ca non invasiva di stimolazione diretta, ha capacità di stimolo della neuroplasticità simili a quelle activity-de- pendent. Nella versione ad impulsi ripetitivi (rTMS) è stata candidata come trattamento in un crescente nu- mero di disturbi appartenenti alla neuropsichiatria pa- tologie resistenti, in particolare nei disturbi dell’umo- re. L’interferenza reversibile della TMS ha permesso la mappatura di diverse funzioni sensoriali, motorie e co- gnitive a livello cerebrale, permettendo la formulazione di modelli psicopatologici, nonché la formulazione di ipotesi di meccanismi d’azione di farmaci. La letteratura si sta ad oggi concentrando anche sulla vasta categoria dei disturbi d’ansia (panico, disturbo post traumatico da stress, ansia sociale). Mentre la stimolazione della corteccia prefrontale dorsolaterale di destra (DLPFC) è

stata spesso citata come efficace nella riduzione dei sin- tomi ansiosi nel disturbo post traumatico da stress e nel disturbo da attacchi di panico, al momento non sono presenti in letteratura trial clinici né studi neurofisiologi- ci nel disturbo da ansia sociale (SAD). Dati di neuroim- magine hanno evidenziato una ridotta attivazione della testa del nucleo caudato di sinistra durante compiti di apprendimento implicito in pazienti con SAD 1. Questo

dato, correlato al ridotto funzionamento dopaminergi- co, ai sintomi motori dell’ansia sociale e all’elevata pre- valenza di tale comorbidità nella malattia di Parkinson, suggerisce l’ipotesi di una disfunzione dopaminergica a livello striatale. Tenendo in mente l’ipotesi di una disfunzione dopaminergica striatale nel SAD abbiamo condotto uno studio elettrofisiologico con TMS.

Metodo: 15 soggetti con diagnosi di SAD secondo DSM-

IV-TR e 11 controlli sani sono stati valutati con: Mini- International Neuropsychiatric Interview, Liebowitz Social Anxiety Scale e Tridimensional Personality Que- stionnaire (TPQ). Con TMS a impulsi singolo ed appaiati sulla corteccia motoria destra sono state quindi confron- tate le seguenti variabili di eccitabilità corticale: inibi- zione intracorticale a breve intervallo (SICI), inibizione intracorticale ad intervallo lungo (LICI), facilitazione intracorticale (ICF). Gli outcome sono stati misurati tra- mite ampiezza del potenziale motorio (MEP) e silenzio corticale (CSP).

risultati: i pazienti con SAD avevano maggior punteg-

gio di Harm Avoidance (HA) e un minor punteggio di Novelty Seeking (NS) rispetto ai controlli sani. Non era- no presenti differenze statisticamente significative nelle misure di eccitabilità corticale tra i gruppi. Comunque, nel gruppo pazienti, è stata evidenziata una correlazio- ne positiva tra la durata del CSP ed i punteggi del NS. La stessa variabile temperamentale era negativamente correlata con LICI. Queste correlazioni tra i NS e i livelli di eccitabilità corticale dei circuiti inibitori nei pazienti con SAD suggeriscono che l’ipotesi della disfunzione dopaminergica possa essere correlata alle caratteristiche del deficit di NS in questa patologia.

conclusioni: l’ipotesi della compromissione della tra-

smissione dopaminergica a livello del nucleo caudato di sinistra in pazienti con SAD 1 viene supportata da

questa indagine e da dati preliminari che verranno pre- sentati nel corso della lettura su misure di eccitabilità corticale in questa popolazione sotto stimolazione an- siosa. I dati suggeriscono inoltre la candidabilità del nucleo caudato come area target indiretta nel tratta- mento rTMS del SAD. È stato evidenziato infatti che la stimolazione ad alta frequenza della corteccia pre- frontale tramite TMS comporta il rilascio di dopamina a livello del caudato ipsilaterale 2. Questo effetto è ipo-

tizzato essere indiretto, dovuto alla stimolazione delle afferenze glutamatergiche (AMPA) allo striato piuttosto che ad un potenziamento della trasmissione gabaergi- ca, con un incremento dell’eccitabilità corticale simile alla long term potentiation 3.

bibliografia

1 Sareen J, Campbell DW, Leslie WD, Malisza KL, Stein MB,

Paulus MP, et al. Striatal function in generalized social pho-

bia: a functional magnetic resonance imaging study. Biol

Psychiatry 2007;61:396-404.

2 Strafella AP, Paus T, Barrett J. Repetitive transcranial magnetic stimulation of the human prefrontal cortex induces dopamine release in the caudate nucleus. J Neurosci 2001;21:RC157. 3 Fitzgerald PB, Fountain S, Daskalakis ZJ. A comprehensive

review of the effects of rTMS on motor cortical excitability and inhibition. Clin Neurophysiol 2006;117:2584-96.

endofenotipi ed emozioni nelle psicosi

R. Pacifico, A. Splendiani*, G. Lanni*, M. Gallucci*,

A. Rossi

Dipartimento di Medicina Sperimentale, * Dipartimento

di Diagnostica per Immagini, Università dell’Aquila Nello studio dei rapporti tra neuroplasticità e psicopa- tologia la sostanza bianca (SB) sta assumendo un ruolo rilevante. Di particolare interesse è il ruolo che assumo- no i processi di mielinizzazione nella patofisiologia di alcuni disturbi psichiatrici quali depressione maggiore, disturbo ossessivo compulsivo e schizofrenia.

In questo ambito è di particolare rilievo la correlazione spaziale e temporale tra il completamento del processo di mielinizzazione e l’insorgenza della schizofrenia. La SB è una struttura dinamica e la sua espansione procede linearmente dai 4 ai 20 anni con la crescita assonale e il processo di mielinizzazione. La mielinizzazione delle connessioni cortico-corticali e sub-corticali continua fi- no all’età adulta con i lobi frontali e temporali che sono gli ultimi a completare tale processo e che rappresenta- no le regioni critiche per lo sviluppo della sintomatolo- gia schizofrenica.

Dati a favore dell’ipotesi che alterazioni della SB, a livello delle connessioni fronto-temporali, siano implicate nel- la patofisiologia di tale disturbo, provengono da analisi microscopiche post-mortem che evidenziano anormalità citoarchitetturali dei neuroni correlabili a disfunzioni de- gli oligodendrociti, importanti per la protezione e il me- tabolismo neuronale e per la funzionalità sinaptica; da studi di neuroimaging: l’MR DTI ha rilevato la riduzione dell’anisotropia frazionata della SB a livello prefrontale, temporo-parietale e parieto-occipitale, dello splenio del corpo calloso e del cingolo. Tali alterazioni potrebbero creare un ostacolo funzionale alle connessioni intra- ed inter-emisferiche spiegando i deficit cognitivi e la sinto- matologia negativa della schizofrenia e sottolineando che si possa effettivamente parlare di “sindrome da discon- nessione”. Ulteriori informazioni provengono da studi di genetica che avvalorano l’ipotesi che disfunzioni degli oligodendrociti, a cui conseguono alterazioni nel mante- nimento e nella riparazione della mielina, contribuiscono all’insorgenza della schizofrenia.

Verranno discussi i risultati preliminari relativi ad uno studio di MR DTI in persone affette da schizofrenia.

VeNerdì 13 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30

Sala BoRRoMini

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