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CooRdinatoRi G.C. Nivoli, L. Lorettu

aspetti giuridici della responsabilità dello psichiatra

P. Piras

Sassari

Sono noti i recenti casi giudiziari, nei quali è stata af- fermata la responsabilità penale dello psichiatra per atti auto o eterolesivi del paziente. Tali pronunce giurispru- denziali hanno creato una certa, comprensibile preoc- cupazione. La lettura attenta di quelle e di altre pronun- ce evidenzia tuttavia che lo spettro della responsabilità penale può essere allontanato. Occorre in primo luogo seguire linee guida oggetto di approvazione da parte delle società scientifiche. O rifarsi comunque a lettera- tura accreditata, preferibilmente a livello internaziona- le. In secondo luogo non si devono escludere misure estreme, trattamento sanitario obbligatorio o addirittura contenzione. La prima espressamente prevista dall’ordi- namento, la seconda ammissibile nei limiti dello stato di necessità.

la responsabilità dello psichiatra tra cura e custodia

L. Lorettu

Clinica Psichiatrica, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Sassari

Le cure psichiatriche in passato hanno privilegiato l’aspetto del controllo sociale rispetto a quello della tu- tela della salute. La legge 104, che ha promosso l’isti- tuzione dei manicomi ha legato il ricovero ospedaliero ad una necessità di tutela sociale nei confronti di un individuo “pericoloso per se e per gli altri”. Tale motiva- zione alle cure psichiatriche ha condizionato per lungo tempo l’assistenza psichiatrica. Dopo la 180 l’assistenza psichiatrica ha avuto come obbiettivo la cura dell’in- dividuo, pertanto le motivazioni al ricovero in regime di Trattamento Sanitario Obbligatorio ruotano attorno alla psicopatologia e non sono finalizzate al controllo sociale.

Tuttavia in questi 30 anni sono cambiate tante cose nel- l’ambito della problematica, più generale, della respon- sabilità professionale dello psichiatra confrontando lo psichiatra con aspetti giuridici che in qualche maniera ripropongono la tematica del controllo sociale. Si assiste infatti ad una “sfasatura” tra ciò che appare la tendenza della giurisprudenza (con il riconoscimen- to della responsabilità professionale per gli psichiatri in

ragione del comportamento auto o eteroaggressivo del paziente, e pertanto una richiesta di custodia) e quella che è la regolamentazione della assistenza psichiatrica (che privilegia la cura dell’individuo al di fuori di qual- siasi ipotesi di controllo sociale).

Verranno presentate le riflessioni critiche di alcuni casi giudiziari concernenti la problematica della responsabi- lità dello psichiatra tra cura e custodia.

Problemi psichiatrico forensi: dalla psichiatria difensiva alle good clinical practice

C. Mencacci, G. Cerveri, F. Durbano

Dipartimento di Neuroscienze, AO Fatebenefratelli- Oftalmico-Melloni, Milano

A trent’anni dalla pubblicazione della Legge 180/78, si è assistito a una notevole modificazione delle con- dizioni che hanno determinato lo sviluppo, non tan- to dell’orientamento a una psichiatria di comunità, quanto del tipo di modello organizzativo e di servizi. Appare importante che gli operatori siano consape- voli di tali modificazioni e disponibili a loro volta a un’evoluzione che segua i percorsi della psichiatria in termini di approccio al malato. “I servizi psichiatrici, infatti, dopo più di due decenni di sviluppo in assen- za di una cornice organizzativa e tecnica omogenea sul territorio, hanno avviato un percorso di profonda trasformazione a vari livelli (culturale, professionale, organizzativo e tecnico), con significative ripercussio- ni sul modo di “fare psichiatria” e sulla stessa identità professionale degli operatori, in modo particolare dello psichiatra. Tale percorso non cadeva dall’alto in modo casuale, ma coincideva con una fase di crisi dei servi- zi, determinata da un lato dall’incremento dell’utenza affetta da disturbi mentali gravi e invalidanti di vario tipo, da prendere in carico per periodi di lunga dura- ta, e dall’altro dalle modificazioni della domanda di cura che afferiva ai servizi ma anche della cultura e delle aspettative (implicite/esplicite) di tutti gli attori in gioco (utenti e familiari, amministratori e politici, tecnici e opinion maker, corpo sociale, Associazioni, Advocacy, Privato Sociale), che mettevano in crisi la tenuta delle reti di supporto sociale e la possibilità di integrazione dei soggetti deboli in generale e dei pa- zienti psichiatrici in modo specifico”. Il nostro paese è cambiato: denatalità, invecchiamento, distanza tra le generazioni, riduzione componenti nuclei sociali, nuclei famigliari atipici, esodo centri storici, aumento

aree sub urbane, aumento reddito, maggiore occupa- zione femminile, maggiore istruzione, immigrazione, ma la psichiatria non ancora.

Osserviamo sempre più come la dimensione sociale della psichiatria sfoci ad un “drammatico equivoco sul piano operativo, in quanto le è stato e le viene ancora attribuito (vedi recente sentenza sul collega di Bologna) un dovere di controllo e di sorveglianza mal conciliabile con la sua funzione clinico-terapeutica” ma anche come a sua volta la Follia abbia assunto la fisionomia di malattia mentale, uscendo “per la mag- gior parte delle sue forme espressive, dall’area delle possessioni demoniache, delle verità sovrannaturali e delle proteste sociali”.

Zygmunt Barman, sociologo a Leeds e Varsavia ha ap- profondito nelle sue opere l’analisi della post-moderni- tà, ed in essa delle questioni etiche e della responsabi- lità individuale e sociale e scrive: “Ritengo che il futuro del lavoro sociale, e più in generale dello stato sociale, non dipenda da classificazioni o procedure né da un atteggiamento riduzionistico rispetto alla varietà e alla complessità dei bisogni e dei problemi umani. Dipende, invece dagli standard morali della società di cui siamo tutti abitanti. Sono questi standard etici, ben più della razionalità e dell’accuratezza degli operatori sociali, a trovarsi, oggi, in crisi e a repentaglio”.

D’altro canto K.S. Kendler in Toward a philosophi- cal structure for psychiatry (Am J Psychiatry 2005) si interroga su: come si pongono in relazione mente e cervello? Come si può riuscire a integrare le moltepli- ci prospettive con cui si cerca di spiegare la malattia psichiatrica? Vengono proposte e sostenute otto affer- mazioni:

la psichiatria ha le sue radici nelle esperienze men- tali che il soggetto fa in prima persona;

il dualismo cartesiano della sostanza è falso; l’epifenomenalismo è falso;

i rapporti di causalità cervello -> mente e mente -> cervello sono reali;

i disturbi psichiatrici sono complessi dal punto di vista eziologico e non si può pensare di trovare una causa unica che ne spieghi l’origine in termini semplici;

il pluralismo nelle spiegazioni è preferibile ad ap- procci monistici, in particolare al riduzionismo bio- logico; ❚ ❚ ❚ ❚ ❚ ❚

la psichiatria deve superare la “battaglia di paradig- mi” pre-scientifica per abbracciare la complessità e dare supporto a modelli che spieghino, ma che siano rigorosi da un punto di vista empirico e plu- ralisti;

la psichiatria deve sforzarsi di evitare il riduzio- nismo frammentario con l’obiettivo di un’integra- zione organica che cerchi di spiegare i percorsi eziologici complessi della malattia, passo dopo passo.

La psichiatria si presenta con due facce (Giano Bi- fronte) quella di una scienza naturalistica (quando osserva e descrive le manifestazioni psicopatologiche derivanti da alterazioni encefaliche morfologiche co- me nelle demenze o funzionali come nella schizo- frenia o nei disturbi dell’umore) e quella di scienza umana, ermeneutica e sociale (quando è tesa a deci- frare il senso delle esperienze psicopatologiche, inter- personali). Oggi la tendenza è considerare la duplice valenza della Psichiatria come scienza biologica e come scienza di relazione, e a non cadere nella ten- tazione di porsi in una dimensione eccessivamente filosofica e teoretica. Tale concetto è riassumibile in “La psichiatria è moderna perché riconosce, in quan- to scienza biologica, di non dare risposte sul senso dell’esistenza e perché accetta, in quanto scienza del- la relazione, di partecipare all’avventura umana e alla sua storia”.

la responsabilità delle aziende sanitarie

E. Mazzeo

Professore di Medicina Legale Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università di Sassari

Muovendo dalle ormai numerose sentenze delle Corti di merito e della Cassazione, che stigmatizzano la natura contrattuale del rapporto esistente fra struttura sanitaria, personale sanitario e persona assistita, l’intervento si prefigge di delineare i doveri prestazionali-organizzati- vi, di natura protettiva e quindi di garanzia di incolu- mità incombenti sulle Aziende Sanitarie, dalla cui inos- servanza, se produttiva di danno all’utente, discendono ipotesi di reato e di responsabilità.

MercOledì 11 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30

Sala Mantegna

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