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CooRdinatoRe E. Caffo

adolescenti e giovani adulti autori di reato: quali interventi sono davvero efficaci?

E. Caffo

Università di Modena e Reggio Emilia

I disturbi comportamentali e la devianza minorile ha co- sti elevatissimi sia in termini di sofferenza individuale, sia in termini di costi sociali per il sistema sociale, educa- tivo nonché giudiziario e penale (Romeo, Knapp, Scott, 2006; Scott, Knapp, Henderson, Maughan, 2001). La sempre maggiore conoscenza dei fattori di rischio della devianza minorile e della violenza adolescenziale (di cui è un esempio l’essere stati vittima di traumi in età infantile) rende dunque necessario agire non solo per una presa in carico puntuale ed efficace dei soggetti che entrano in contatto con il sistema della giustizia, ma anche preventivamente.

L’Autore si soffermerà dunque sulle buone prassi attual- mente esistenti nell’ambito della valutazione e del trat- tamento degli adolescenti e dei giovani adulti autori di reato.

Un’analisi delle ricerche esistenti, consente di eviden- ziare che i migliori trattamenti per giovani autori di reato includono tecniche cognitivo comportamentali e della terapia familiare e sono focalizzati sulla natura multidimensionale del fenomeno: il trattamento infatti si focalizza sui fattori del contesto di vita dell’adolescen- te che contribuiscono all’emergere dei comportamenti devianti. I primi obiettivi sono la riduzione del tasso di recidiva e dei problemi clinici migliorando il funziona- mento dell’adolescente e del giovane adulto (relazioni familiari e performance scolastica), ma anche ridurre i tempi di detenzione. La famiglia, la scuola e la comuni- tà, invece, vengono aiutate a creare un ambiente più sa- no mobilitando tutte le risorse a che sono disposizione.

esordio precoce di comportamenti dirompenti quale modello per studiare la psicopatologia evolutiva dei disturbi cronici

B.L. Leventhal

Institute for Juvenile Research, The University of Illinois College of Medicine, Chicago, IL

Introduction: youth violence has long been a matter of

great concern for parents, educators, communities and students of developmental psychopathology. There are many factors that contribute to this phenomenon but a

clear picture of etiology and treatment has been difficult to discern. Ironically, despite assertions to the contrary, in general, there has been a decline in youth violence. One exception to this is the most common form of youth violence, bullying. Using bullying as a model, we will examine etiologic models and evidence for treatment success.

Methods: a systematic review of the scientific literature

as well as integration of data from a longitudinal, natu- ralistic study of bullying in a school age population.

results: bullying remains the most common form of

youth violence. Depending on the sample and country, it affects as many as 25-40% of all youth. The fact that it is so common often leads to the conclusion that it is a “normative” component of child development. Studies suggest that bullying is a complex condition with a mul- tifactorial etiology. There is ample evidence to suggest that bullying may a cause developmental psychopathol- ogy as well as increased suicidal thoughts and behaviors as well as other aggression, poor school performance and later problems with occupational and social adapta- tion. There are considerable differences among the three distinct bullying phenotypes: perpetrators, victims and victim-perpetrators, with some evidence that the out- comes for bullies are as bad, or worse, than for victims. And, as with other forms of childhood onset disorders, there are sex differences.

conclusions: bullying is a common condition that leads

to severe adverse outcomes for youth, outcomes that affect later adult development. This preventable phe- nomenon is a significant public health problem for our youth and serves as a model for studying the causes, consequences and interventions for other forms of youth violence.

contrastare le condotte aggressive e violente in adolescenza: il ruolo delle convinzioni

di autoefficacia

G.V. Caprara, M. Gerbino*

Facoltà di Psicologia 2, * Centro Interuniversitario per la

Ricerca sulla Genesi e sullo Sviluppo delle Motivazioni Prosociali e Antisociali, Sapienza Università di Roma Tra i fattori di rischio che contribuiscono a promuovere e a mantenere le condotte aggressivo-violente dall’in- fanzia all’adolescenza l’esposizione a modelli familiari aggressivi e le difficoltà di autoregolazione (emotiva e comportamentale) hanno un ruolo importante nel tra-

sformare comportamenti occasionali in modalità eletti- ve di relazione con il proprio contesto. Diventa quindi importante identificare quei fattori che intervengono nel contrastare l’influenza negativa che l’esposizione a tali fattori può avere sui percorsi di sviluppo delle condot- te aggressive. A questo proposito diversi studi hanno evidenziato il ruolo delle convinzioni di autoefficacia nella regolazione delle proprie emozioni e nella gestio- ne delle proprie relazioni interpersonali come fattori di promozione dell’adattamento.

Il presente contributo è parte di un progetto di ricerca longitudinale condotto a Genzano di Roma sui precur- sori e sui percorsi di sviluppo adattivi e disadattivi dal- l’infanzia alla prima età adulta. Al presente studio han- no partecipato circa 400 adolescenti, seguiti dai 13 ai 18 anni. L’obiettivo è stato esaminare il ruolo delle con- vinzioni di autoefficacia emotiva e interpersonale nel ridurre nel corso del tempo gli effetti dell’esposizione a modelli familiari aggressivi e delle difficoltà di autorego- lazione degli adolescenti sui comportamenti aggressivi. I risultati, pur evidenziando una certa stabilità delle con- dotte aggressive e confermando gli effetti negativi dei fattori di rischio considerati, attestano il ruolo di pro- tezione svolto dalle convinzioni di autoefficacia nella transizione verso la vita adulta.

Dal momento che esiste un’ampia gamma di strumenti standardizzati per la valutazione delle convinzioni di autoefficacia e che la letteratura scientifica ha fornito chiare Linee Guida per l’adozione di pratiche efficaci per lo sviluppo di tali convinzioni, le indicazioni che emergono dal presente studio forniscono informazioni importanti sia per la valutazione sia per gli interventi con gli adolescenti.

le emergenze psichiatriche in età giovanile: quale modello organizzativo?

M. Casacchia, R. Pollice, P. Pomero, V. Marola, M. Giannangeli, R. Roncone

Servizio Psichiatrico Universitario Diagnosi e Cura, ASL 4, L’Aquila

Introduzione: i comportamenti aggressivi nell’età gio-

vanile sembrano aumentare di frequenza diventando oggetto di studi scientifici finalizzati a coglierne le mo- tivazioni profonde. Alcuni comportamenti, che a volte presuppongono una diagnosi bene precisa, altre volte sembrano l’epifenomeno di malattie a rischio, raggiun- gono una tale intensità per la quale si deve ricorrere ad una proposta di ricovero.

Il presente studio riporta i dati dei ricoveri presso il Ser- vizio Psichiatrico Universitario di Diagnosi e Cura del- l’Ospedale “S. Salvatore” de L’Aquila di giovani con età inferiore a 18 anni.

Materiale e metodo: nell’ultimo triennio sono stati ri-

coverati 23 giovani di età inferiore ai 18 anni presso il Servizio Psichiatrico Universitario di Diagnosi e Cura in quanto il loro quadro clinico caratterizzato da com-

portamenti aggressivi ed impulsivi rendeva necessario il ricovero in un ambiente protetto.

I soggetti, di età media di 16 anni, (range 15-17) sono stati sottoposti ai seguenti strumenti valutativi: BPRS per il quadro psicopatologico, la MOAS per la dimensione aggressiva, le Storie di Teoria della Mente per la cogni- zione sociale.

risultati: la valutazione psicopatologica e cognitiva ha

dimostrato che alcuni comportamenti aggressivi sem- bravano correlabili ad un deficit di teoria della mente suggerendo una difficoltà ad instaurare rapporti inter- soggettivi validi. Una revisione della letteratura non ha permesso di identificare con sicurezza un modello orga- nizzativo- assistenziale più opportuno.

conclusioni: i ricoveri di giovani sotto i 18 anni, pur

non frequenti, rappresentano a volte una necessità; è opportuno pertanto che a questo problema si riservi una maggiore attenzione considerato la delicatezza di rico- verare un giovane in un ambiente ospedaliero.

abuso di sostanze, esordi psicotici e comportamenti aggressivi

P.M. Furlan, R.L. Picci

Università di Torino, Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale, AOU “San Luigi Gonzaga”, ASL TO3 L’abuso di sostanze è un fenomeno che in Europa sta subendo una trasformazione per caratteristiche e abitu- dini di consumo, con un trend in crescita nell’incidenza di uso di cocaina come seconda droga maggiormente utilizzata dopo la cannabis (Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, 2007).

Un certo numero di studi ha mostrato una correlazione tra l’abuso di sostanze e l’esordio schizofrenico (Arendt et al., 2005; Mauri et al., 2006; Thirthalli et al., 2006; Barnett et al., 2007), con una concordanza della lettera- tura per quanto concerne le seguenti caratteristiche dei soggetti schizofrenici con condotte di abuso: precoce età di esordio e più frequente sesso maschile, elevata incidenza di disturbo antisociale di personalità e/o di disturbi della condotta (Cantwell et al., 1999; Cantor- Graae et al., 2001; Salyers and Mueser, 2001; Kavanagh et al., 2004; Mauri et al., 2006), più grave sintomatolo- gia positiva all’esordio e peggiore decorso (Barnett et al., 2007; Hides et al., 2006; Mauri et al. 2006; Kava- nagh et al., 2004; Cantor-Graae et al., 2001). La sin- tomatologia psicotica più frequentemente rilevata è ca- ratterizzata da: comportamenti antisociali, oppositività, non cooperazione (Rabinowitz et al., 1998; Hambrecht e Hafner, 1996; Allebeck et al., 1993). I dati sul decorso della sintomatologia psicotica nel tempo e sulla progno- si dei pazienti positivi per l’utilizzo di sostanze hanno evidenziato un più elevato costo sanitario, un peggiore adattamento sociale con più gravi atteggiamenti ostili, più frequenti disturbi del pensiero e meno gravi sintomi negativi (Mauri et al., 2006; Hambrecht et al., 1996). Presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC)

dell’Ospedale “San Luigi Gonzaga” di Orbassano (To- rino, Italia) è stato condotto uno studio osservazionale per la valutazione della frequenza di comorbidità tra abuso di sostanze ed esordio schizofrenico e delle ca- ratteristiche sintomatologiche dei soggetti con condotte di abuso. Sono stati inseriti nello studio 130 soggetti al primo ricovero per schizofrenia (dal 1° gennaio 2001 al 1° gennaio 2007): di essi il 53,9% presentava anamnesi positiva per uso di sostanze.

La ricerca ha sostanzialmente confermato i dati della letteratura internazionale circa pazienti al primo episo- dio schizofrenico con condotte di abuso: in particolare, l’età di esordio del disturbo psicotico e di primo ricove- ro è sensibilmente inferiore per i substance abusers, che evidenziano, rispetto ai controlli, maggiore gravità del- l’espressività psicopatologica, soprattutto per la sinto- matologia positiva e i comportamenti aggressivi, e mag- giore resistenza iniziale ai trattamenti farmacologici.

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Thirthalli J, Benegal V. Psychosis among substance users. Curr Opin Psychiatry 2006;19:239-45.

SabaTO 14 FebbraIO 2009 – Ore 11.10-13.10

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