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S16 Interventi terapeutici nel paziente psichiatrico ad imminente rischio suicidario

CooRdinatoRe M. Raja

l’utilizzo di antipsicotici atipici, e in particolare di clozapina, nel paziente ad imminente rischio di suicidio

A. Azzoni, M. Raja

Servizio Psichiatrico, Ospedale Santo Spirito in Sassia, Roma

Il suicidio è l’evenienza più grave che possa verificar- si nel corso di un trattamento psichiatrico. È quindi necessario che il clinico non solo ponga scrupolosa e costante attenzione al rischio suicidiario del pazien- te, ma indaghi attivamente su di esso al fine di attuare in tempo tutte le possibili strategie di prevenzione, sia farmacologiche che non farmacologiche. L’introduzio- ne in terapia degli antipsicotici atipici sembra avere almeno in parte migliorato la prognosi dei disturbi psi- cotici, grazie a vari fattori, quali l’efficacia ma anche la buona tollerabilità e conseguentemente un aumento della compliance al trattamento. Esistono pochi dati in letteratura sulla metodologia e sull’efficacia della prevenzione del suicidio nei pazienti psicotici. Questo vale anche per quanto riguarda l’impiego degli antipsi- cotici atipici. L’unica eccezione è costituita dagli studi sulla clozapina, che sembrano avere ormai documen- tato una reale efficacia del farmaco nella riduzione del rischio suicidiario. Ciò vale soprattutto per studi con- dotti su pazienti schizofrenici, mentre per ora molto minori sono le evidenze per quanto riguarda i pazienti bipolari e schizoaffettivi. Quattro su sei studi retrospet- tivi mostrano una capacità di clozapina di ridurre il comportamento suicidiario 1. Uno studio multicentrico

randomizzato mostra inoltre la superiorità di clozapi- na su olanzapina nel prevenire i tentativi di suicidio in pazienti schizofrenici e schizoaffettivi 2. Una meta-

analisi del 2005 3 e una review del 2007 4 sembrano

confermare tali risultati. Una menzione merita anche la quetiapina, per la sua notevole efficacia nel miglio- ramento del sonno.

bibliografia

1 Llorca PM, Pere JJ. Encephale 2004. 2 Meltzer HY, et al. Arch Gen Psychiatry 2003. 3 Hennen J, Baldessarini RJ. Schizophr Res 2005. 4 Aguilar EJ, Siris SG. Psychopharmacol Bull 2007.

ecT nel paziente ad imminente rischio suicidario

G.P. Minnai

Primario Reparto Psichiatria, Ospedale S. Martino, Oristano

Nonostante le terapie il tasso di suicidio continua ad essere elevato. Anzi secondo recenti dati il tasso sembra addirittura aumentato negli ultimi anni. Il sostanziale aumento del suicidio sembra dovuto a diverse cause tra le quali l’inefficacia degli interventi psicosociali e dei trattamenti farmacologici (WHO, 2003).

Il 90% dei suicidi sono legati a disturbi psichiatrici e soprattutto a disturbi dell’umore (Tondo et al., 2000). Il rapporto del tasso di suicidio fra i pazienti bipolari e la popolazione generale è di 23,4:1.

Da una metanalisi di Tondo et al. (2001) risulta che l’unico farmaco efficace nella prevenzione del suicidio è il litio. Il litio è però un farmaco essenzialmente profi- lattico con una efficacia in acuto nella mania. Il suicidio è una emergenza che si presenta prevalentemente nelle fasi acute dei disturbi dell’umore, soprattutto negli stati depressivi o misti, per cui necessita di trattamenti effica- ci e ad effetto rapido.

I farmaci antidepressivi sono oggi le sostanze più usate nel trattamento dei disturbi affettivi. Il loro impatto sul rischio del suicidio non è ben definito e, comunque, essi sono generalmente ritenuti meno efficaci dell’ECT nel- la risoluzione della depressione e dei pensieri suicidari. In un lavoro del 1978, che valutava il comportamento suicidario 6 mesi dopo il trattamento di 519 pazienti depressi, Avery e Winokur trovarono che i tentativi di suicidio nei pazienti trattati con ECT erano lo 0,8% ri- spetto al 4,2% dei pazienti trattati con adeguate dosi di antidepressivi e al 7% dei pazienti trattati con dosi inadeguate di antidepressivi.

Khan et al. (2003) trovano che gli antidepressivi hanno la stessa efficacia del placebo nel ridurre il tasso di sui- cidio nei pazienti con depressione grave.

Anche l’esperienza con l’ECT non è del tutto chiara. Un raffronto della frequenza del suicidio in differenti de- cadi dimostra che i tassi erano decisamente più bassi quando l’ECT era il trattamento dominante per i disturbi mentali.

In un lavoro del 1999 Prudic e Sackeim hanno esamina- to i cambiamenti dell’item 3 (idee e tentativi di suicidio) della scala di Hamilton per la depressione in pazienti depressi trattati con ECT. Sia il tasso di suicidio che della

mortalità erano ridotti a seguito del trattamento. Il pun- teggio medio di 1,8 all’inizio del trattamento si era ridot- to allo 0,1 nei responders e allo 0,9 nei non responders. Inoltre vi era una maggiore riduzione del punteggio del- l’item 3 rispetto alla riduzione del punteggio negli altri item della HDRS. Questi dati sono stati sostanzialmente confermati da uno studio recente (2005).

Sia l’APA che la NICE sostengono che la riduzione del rischio suicidario giustifichi l’uso dell’ECT.

In effetti la terapia elettroconvulsivante viene definita dalla Task Force dell’APA una terapia efficace, rapida e sicura, e queste sue caratteristiche di efficacia e rapidità la rendono terapia di elezione nei pazienti ad imminen- te rischio suicidario.

antidepressants in depressed patients with current risk of suicidal behaviour

Z. Rihmer

Department of Clinical and Theorethical Mental Health, Semmelweis University, Faculty of Medicine, Budapest, Hungary

A In spite of the fact that around two-thirds of suicide victims have current major depressive episode, and up- to half of them contact different levels of health-care services during the last 4 weeks of their life, over 80% of depressed suicides are untreated or inadequately treated.

However, several large-scale, naturalistic, observa- tional follow-up studies show that succesful acute and long-term treatment of major depression (with antide- pressants) and bipolar disorders (with mood stabiliz- ers, antidepressants and/or antipsychotics) markedly reduces the risk of further suicide attempts and com- mitted suicide. However, the suicide risk of antide- pressant-treated patients is not negligable and suicidal behaviour in depressives taking antidepressants is rela- tively most frequent among the most severe, frequently anxious/psychotic cases, among nonresponders, (in- cluding insufficiently treated patients), and in the first 10-14 days of the therapy, several days before the start of action of the drugs.

Major depressives with anxiety symptoms or with psy- chotic features (many of them are currently suicidal) respond poorly to antidepressant monotherapy but con- comitant use of anxiolytics, mood stabilizers or atypical antipsychotics markedly increases the rate of early re- sponse even in nonanxious/nonpsychotic unipolar and bipolar depressives. As antidepressant monotherapy can induce agitated, overstimulated, suicidal clinical condition (mixed depression or “activation syndrome”) in depressed patients with bipolar or bipolar spectrum disorder, simultaneous administration of mood stabiliz- ers in these cases is essential. The acute antidepressant pharmacotherapy of depressed patients with imminent suicide risk should be supplemented with appropriate dose of anxyolitics/sleeping pills, atypical antipsychot-

ics and/or mood stabilizers, of course in combination with close observation and psycho-social suppport.

references

Akiskal H. Targeting suicide prevention to modifiable risk fac-

tors: has bipolar II been overlooked? Acta Psychiatr Scand

2007;116:395-402.

Rihmer Z, Akiskal H. Do antidepressants t(h)reat(en) depres-

sives? Toward a clinically judicious formulation of the anti- depressant-suicidality FDA advisory in light of declining na- tional suicide statistics from many countries. J Affect Disord

2006;94:3-13.

Rihmer Z. Pharmacological prevention of suicide in bipolar pa-

tients — A realizable targe. J Affect Disord 2007;103:1-3.

Sali di litio e anticonvulsivanti nel paziente con rischio di suicidio

L. Tondo

Dipartimento Psicologia, Università di Cagliari; Harvard Medical School-McLean Hospital, Boston; Centro Bini, Cagliari

Gli ultimi dati disponibili dell’OMS mostrano che il tasso internazionale di suicidio è di 13,3 (per 100mi- la), aumentato dal 1955 al 2001 del 3,3% ma diminui- to dal 1990 al 2001 dell’11,7% con ampie variazioni regionali. In Italia il tasso più recente è di 5,6. La di- minuzione degli ultimi 20 anni può essere associata a un miglioramento per quanto riguarda l’accesso alle terapie mediche e psicosociali per i disturbi mentali, tra cui un ruolo rilevante è rivestito dai trattamenti con antidepressivi e stabilizzanti dell’umore. La maggior parte degli studi che mostrano una relazione inversa tra suicidio e uso di antidepressivi (diminuzione dei tassi di suicidio in relazione a un aumento dell’uso di antidepressivi) sono basati su disegni di tipo ecologico che non fornisce informazioni a livello individuale tan- to che non si può sapere se la persona che ha commes- so il suicidio usava antidepressivi o meno. Al fine di mettere in atto una prevenzione del suicidio è impor- tante sapere che: a) la morte per suicidio è quasi sem- pre preceduta da altri comportamenti come tentativi, gesti o ideazione; b) il 90% di tutti i suicidi è associato a un disturbo psichiatrico e che i disturbi dell’umore, unipolari depressivi e bipolari sono all’origine di circa la metà di tutti i suicidi; c) il rapporto fra tentativi e sui- cidi nella popolazione generale è di circa 20:1, mentre lo stesso rapporto è di 5:1 nel disturbo bipolare (BP), indicando una maggiore letalità dei tentativi in pazien- ti che ne soffrono. Inoltre, il Rapporto Standardizzato di Mortalità raggiunge i suoi valori più alti in questo disturbo (circa 20; valori normali = 1) rispetto a tutti gli altri disturbi psichiatrici, con una minima differenza fra BP tipo I o II o depressioni ricorrenti. Ciò nonostante, il suicidio nei disturbi dell’umore può essere prevenuto conoscendo i fattori clinici e psicosociali che ne au-

mentano il rischio. Gli interventi precoci sono anche più importanti perché il suicidio avviene nei primi anni dall’inizio della malattia. Da un punto di vista medico, l’uso di antidepressivi non è stato associato a una ridu- zione del rischio di suicidio. Nel DB, l’unico trattamen- to che ha mostrato una chiara riduzione del rischio di suicidio è la terapia di mantenimento con sali di litio. La spiegazione più probabile per un’azione anti-suici- dio del trattamento è attribuibile a una riduzione della

durata e dell’intensità degli episodi depressivi e misti, più che maniacali, che sono responsabili della mag- gior parte dei comportamenti suicidari. Sebbene una prevenzione delle ricadute si verifichi anche durante terapia con anticonvulsivanti, i dati sul rischio di sui- cidio nei pazienti che seguono questi trattamenti non mettono in evidenza una riduzione del rischio. Questa osservazione ha fatto pensare che i sali di litio possano avere una funzione specifica “anti-suicidaria”.

MercOledì 11 FebbraIO 2009 – Ore 15.30-17.30

Sala PintuRiCChio

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