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Farmacia Picciola, Trieste

Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 190-192 © Mattioli 1885

M e d i c a l h u m a n i t i e s

Il Farmaco nasce prima dell’uomo (le modalità autoterapiche degli animali sono molteplici) che uti- lizzerà, e poi manipolerà, i mezzi che trova a disposi- zione: quindi il regno minerale, vegetale, animale, ma anche la magia, l’astrologia, l’esorcismo che continua- no ad accompagnarci.

Teniamo presente quanto scrive Nick Ross nella prefazione “Questo è un libro che fa bene alla salu- te […] Alcuni medici asseriscono che la medicina è scienza ed arte. Ma per quanto ciò suoni bene, è una contraddizione in termini” (1). Lungi da noi l’inten- zione di affrontare un tema la cui complessità è stata ampiamente discussa (anche se non risolta) da molti Grandi tra i quali l’indimenticabile Gillo Dorfles che già vent’anni fa rimase turbato da quest’era tecnologica che ritiene responsabile “di una perdita della “ritualità” nella distribuzione o nell’assaporamento d’ogni “pa- sto” estetico”. Noi vorremmo limitarci a citare alcune coincidenze artistiche che hanno riguardato il nostro mondo professionale.

Tra il 2011 e il 2013 sono stati pubblicati una deci- na di libri nell’ambito di un progetto dell’Università di Verona sul tema “Salute, malattia e luoghi di cura nella tradizione letteraria”. Ovviamente vengono riportati gli Autori che hanno interpretato in vario modo il vis- suto dell’ammalato: Thomas Mann nella magia della “Montagna incantata” insegna come in letteratura vi sia una larga componente medica, al contrario Virginia Woolf nel suo saggio “Sulla malattia” dimentica la pe- ste del Manzoni e del Camus, il disperato blues della tubercolosi (Victoria Spivey 1927) o il cancro che uc- cide “El Niño Stanton” di García Lorca.

La tragedia descritta da Kafka, che viene comple- tamente trasfigurata in un recente bozzetto dove attor- no ad un Gregor Samsa a letto in camicia da notte per-

fettamente normale e orripilato, si aggirano i parenti trasformati in giganteschi scarafaggi, forse è stata fonte di ispirazione per l’anestesista Marco Venturino che nel suo racconto “2” Cosa sognano i pesci rossi”, cerca di capire il muto monologo dell’imprenditore isolato nel suo coma irreversibile che sente, vede e non può far altro. Gustave Flaubert nipote, figlio e fratello di me- dici rifiuta la professione ma descrive i tre medici nella Madame Bovary che, Pietro Valdoni classificherà in un onesto operaio (Charles Bovary), uno scaltro artigiano (Canivet) e un geniale artista (Larivière); il farmacista Homais “con la sua giuliva spocchia antireligiosa” non ci fa una bella figura.

Nella letteratura termale i bagni diventano una ambigua fonte di benessere tra mondanità e medicina come nel Mont Oriol del Maupassant. Saranno uno spassoso vissuto della incerta salute di Italo Svevo; ma anche del Michel de Montaigne, che realmente soffriva del “mal della pietra” e frequentava quelli di Lucca, per il quale “Essere già soggetto ad una colica e dover poi astenermi dal mangiar ostriche, sono due mali invece di uno: la malattia ci dà noia da un lato, la medicina da un altro lato …credere nella medicina è una follia”(2) ma non crederci, come dirà il fragile Marcel Proust, sareb- be una follia ancora maggiore ed aggiungeva che tutto quello che il suo medico sapeva lo doveva a lui, antici- pando così un approccio olistico moderno ed alla pari, ufficializzato oggi dall’Accademia dei Pazienti Onlus.

La più artistica delle malattie, dopo la romantica TBC, sarà la tragica sifilide che ha appestato la mag- gior parte dei più rinomati Artisti senza distinzione di sponda. Guy de Maupassant scrive in una lettera “Ho la sifilide! Finalmente! […] quindi non ho più paura di prenderla!”. Oscar Wilde, Flaubert, Baudelaire, Sten- dhal, Heine, Lenin (ma non è sicuro) e tanti altri e quasi

Arte e scienza Speziali nell’umanizzazione delle cure 191

sempre la malattia è contratta nelle case di tolleranza variamente citate come luoghi di pubblica insicurezza ( Joyce), paradisi in vendita, il buio non luogo e le prosti- tute cardiologicamente paragonate da Balzac a “il cuore è come una puttana, quando smette di battere è finita”. Maria Teresa d’Asburgo aveva già capito tutto e dice che “per abolire la prostituzione bisognerebbe abolire gli uo- mini” concetto estraneo alla illuminata Regina che ha avuto 16 figli in 19 anni. Nel frattempo la terapia passa dal mercurio e i suoi sali, al guaiaco, la salsapariglia e finalmente al Salvarsan e al successivo Neosalvarsan che verranno ricordati anche in letteratura come il proiettile magico antenato della chemioterapia.

Nell’antichità le grandi trattazioni riguardanti il sesso erano incentrate sul significato di “farlo bene”, mentre il geniale e temuto Aretino ne sviscererà impu- dicamente i lati truffaldini da parte di tutti e due i ge- neri e perfidamente paragonerà la valentìa della brava mezzana a quella del bravo medico.

La politica di centro-sinistra si illuderà di elimi- nare la prostituzione chiudendo le case, più tardi quella di sinistra vorrà eliminare la follia chiudendo i mani- comi.

La creatività e l’opera del genio sono da sempre og- getto di speculazioni filosofiche che vi troveranno, oltre all’indiscussa superiorità intellettuale, anche una leggera traccia di follia: in letteratura sarà un tema ricorrente. L’arte era già stata utilizzata come antidoto al disagio psichico sia come musica, lettura, scrittura o teatro, più recentemente come pittura che permette un principio di organizzazione mentale. Tra i molti medici che han- no artisticamente interpretato la loro quotidianità con la follia, Mario Tobino, nella dolente ripulsa alla legge 180 di Basaglia, ha anche rivendicato la sua ascendenza.

Non dimentichiamo che per staccarsi dalla con- tinua intrusione divina nelle malattie e dalla costante presenza delle varie superstizioni, il medico doveva e tuttora deve usare il puro ragionamento che è la ma- teria prima della filosofia che ha fatto parte degli studi delle arti sanitarie fino al 1800.

Ricordiamo la nota frase di Ippocrate “Il medico che si fa filosofo diventa pari a un dio”, di Aristotele che sosteneva che “la filosofia nasce dalla meraviglia” o di Galeno “Nullus medicus nisi philosophus” e dall’e- saltante soddisfazione di Galileo Galilei per “la bellez- za del perfetto ragionamento”

Nella grande Vienna di Francesco Giuseppe, un impellente bisogno di cambiamento, di andare oltre l’aspetto superficiale dei fenomeni, sarà la culla della psicanalisi, portata a Trieste da Edoardo Weiss.

È innegabile che le nuove teorie abbiano influen- zato il pensiero contemporaneo: Italo Svevo, che della malattia aveva una vera ossessione e che vedeva i me- dici tutti votati al fallimento aveva giudicato “grande uomo quel nostro Freud, ma più per i romanzieri che per gli ammalati. Un mio cugino (omosessuale e mor- finomane) uscì dalla cura durata per vari anni addirit- tura distrutto”.

Stimolante, intelligente e utopistica (difatti è sta- ta respinta da varie associazioni) l’ipotesi di ospitare il medico in confacenti locali della farmacia (come avvie- ne in Canada), sia per le cronicità che per i problemi logistici: indiscutibile e rilevante la comodità delle vac- cinazioni. Nella tesi di laurea sulla “Regolamentazione tra professionisti medici e speziali nella Firenze di fine Cinquecento e inizio Seicento” correlatrice Donatel- la Lippi troviamo che “sono documentati a Firenze, Bologna, Roma, più casi di speziali che stipendiarono medici per offrire un “servizio di prima assistenza agli ammalati”; tuttavia nell’età moderna, tali accordi fu- rono disincentivati, se non proibiti”. Comunque sono sempre necessarie iniziative accompagnate da una co- stante informazione sanitaria e di counselling cercando di contrastare gli sconsiderati vari Robert Kennedy jr che si è “dichiarato assertore del legame eziologico tra vaccini e autismo”. Nel 1818 il dottor Bertrand presen- ta le sue “Osservazioni” all’Alto Magistrato locale dove dimostra che il crudele vaiolo può venir debellato sola- mente se le leggi verranno scrupolosamente applicate.

È interessante la breve riflessione conclusiva della manifestazione dell’Università di Verona: “l’iniziativa è

stata attivata in un momento quanto mai problematico della pratica clinica che […] ha un profondo bisogno di umanesimo; la medicina in altre parole, ha un biso- gno assoluto di letteratura”. In chiusura Carlo Chiurco, docente di filosofia morale nello stesso ateneo, ha te- nuto il corso di Human caring per il personale infer- mieristico da estendere quanto prima anche agli altri operatori sanitari.

Mauro Giacca, genetista, sostiene che “La scien- za può benissimo andare avanti senza lo studio del- le lettere: chi invece non può farne a meno è il buon

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scienziato, che per essere tale, ha certamente bisogno di un contributo umanistico”. In Russia Anton Cechov umanizza il problema “La Medicina è la mia legittima sposa, la letteratura è la mia amante: quando mi stanco di una mi rivolgo all’altra”.

Bibliografia

1. Mosconi P, D’Amico R (eds.) Dove sono le prove. Una mi-

gliore ricerca per una migliore assistenza sanitaria. Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”; 2013:XIX-XXI. 2. Montaigne M. Montaigne presentato da André Gide. Vero-

na: Mondadori; 1950: 179. Corrispondenza:

Giorgio du Ban

Farmacia Picciola, Trieste E-mail: gduban@inwind.it

Musei e Medical Humanities: una risorsa nella formazione di

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