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1Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive, Alma Mater Studiorum-Università di Bologna, Bologna; 2Scuola di Specializza-

zione in Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Parma, Parma

Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 59-61 © Mattioli 1885

S t o r i a d e l l a s a n i t à p u b b l i c a

El Alamein, in Egitto, è stato lo scenario di una delle più importanti e decisive battaglie della Seconda guerra mondiale. Con la vittoria degli Alleati sull’Asse nel novembre 1942 si è giunti alla fine delle guerra del deserto. Gli storici ancora oggi dibattono sui fattori che hanno permesso agli Alleati di sconfiggere l’Asse; ne sono degli esempi la superiorità tecnica, la superio- rità numerica e la capacità di leadership di Montgome- ry (1887-1976) (1).

Nella tattica militare un ruolo fondamentale è stato senza dubbio svolto dalla gestione delle condi- zioni igieniche del fronte. L’organizzazione sanitaria dell’Ottava Armata dell’esercito britannico fu intera- mente rivista dopo che la stessa si dimostrò inadeguata durante la precedente esperienza nel deserto occiden- tale. La rigida e macchinosa organizzazione sanitaria non era in grado di prestare assistenza medica ed igie- nistica ai piccoli gruppi di militari sparsi nel deserto. Si creò, quindi, un apparato snello e dinamico per cui gli assistenti sanitari erano sempre presenti dove ce ne fosse bisogno e le truppe in marcia venivano costante- mente rifornite di beni di prima necessità. Il proble- ma molto importante dell’alimentazione dell’esercito venne preso in esame e furono elaborate nuove diete e metodi di cottura. Le condizioni di vita estreme alle quali erano sottoposti i militari nelle aree desertiche facilitarono la gestione delle acque reflue delle unità di campo, in parte perché la razione d’acqua era così scarsa da non permettere accumuli, in parte perché la capacità di assorbimento ed evaporazione ambientale era elevatissima.

Le nuove strategie igienico-militari prevedevano, saggiamente, anche la cura dei prigionieri di guerra e la

pulizia delle aree conquistate per difendere le proprie truppe dalle pericolose “armi biologiche” del nemico.

Le linee e i campi militari dell’Asse a El Alamein, come anche le basi di Matruh, Tobruk, Derna e Ben- gasi erano sommerse da feci umane e rifiuti che giace- vano ovunque. Di conseguenza la prevalenza delle più comuni malattie infettive era molto elevata, soprattut- to tra i soldati italo-tedeschi. In seguito il comandante tedesco Erwin Rommel (1891-1944) fu accusato di negligenza per non essere riuscito a promuovere stra- tegie di igiene pubblica e non aver previsto le conse- guenze sfavorevoli di un’alta morbilità tra le sue trup- pe. Tra l’ottobre e il novembre 1942 per ogni tedesco che abbandonava il fronte per incidenti bellici tre lo lasciavano per malattia.

Viceversa alcuni autori descrivono un quadro di benessere relativo di cui godevano le truppe britanni- che; per cui, anche durante i mesi critici della battaglia di El Alamein (settembre-novembre 1942), il tasso di ospedalizzazione era molto basso (inferiore a 2 su 1.000) (2).

È dimostrato che le truppe dell’Asse avessero una probabilità di ammalarsi 2,6 volte superiore rispetto alla controparte inglese. Mark Harrison ha stimato che quasi un tedesco su cinque risultava malato durante la battaglia; con l’élite della 15^ Divisione Panzer che presentava un tasso di malattia del 38%.

Le malattie infettive più comuni registrate duran- te le campagne in Africa occidentale, e, in particolare, durante la battaglia di El Alamain, sono state: forme di diarrea e dissenteria, febbri di origine sconosciuta, gastroenteriti, infezioni della pelle e dei tessuti molli ed epatiti.

O. Simonetti, E. Armocida

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Le tre ben note malattie epidemiche delle epoche precedenti, ovvero peste, tifo e vaiolo non compaiono nei registri degli Alleati della battaglia di El Alamain, sebbene tutte erano endemiche in Medio Oriente du- rante la Seconda guerra mondiale. Questo successo è stato raggiunto grazie alla vaccinazione delle trup- pe inglesi; prima di lasciare la patria, infatti, i militari venivano vaccinati per febbre tifoide, paratifo, colera, vaiolo, tetano e febbre gialla(3).

Nell’Ottava Armata britannica soltanto la coper- tura vaccinale per il tifo esantematico era bassa a causa della scarsa disponibilità del vaccino stesso. Tuttavia, non sono state registrate grandi epidemie grazie all’ef- ficiente sistema di servizi igienici e lavanderie mobili che garantivano un buon controllo dell’infestazione da pidocchi nelle truppe britanniche e tra i prigionieri tedeschi, questi ultimi notoriamente avevano un tas- so di infestazione molto elevato (2). L’introduzione di polveri insetticide per uso militare, oltre ai programmi di igiene, sembra aver contribuito a mantenere l’Ot- tava Armata libera dal vettore pidocchio. Dal 1942 sono state investite molte risorse del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e della Fondazione Rockfeller nella scoperta di un efficace prodotto in- setticida dopo la sfortuna delle precedenti polveri svi- luppate. Nello stesso anno la FDA approvò l’uso del DDT (diclorodifeniltricloroetano), scoperto in Ger- mania nel 1874, e ne promosse il suo impiego militare su larga scala attraverso i noti «salt-shacker».

Le cattive condizioni sanitarie di El Alamein pro- dussero un’emergenza mai affrontata prima: le mosche. Un’unità speciale di controllo della mosca fu creata da- gli inglesi. Questa unità era composta da cinque uffi- ciali e circa 200 o 300 soldati di altri ranghi, con diver- si sottufficiali che fungevano da supervisori. L’unità fu inviata a ripulire l’area di El Alamein dalle sorgenti di riproduzione delle mosche. Il lavoro fu accurato ed ef- ficace, estendendosi anche alla «terra di nessuno», dove i cadaveri e altri rifiuti organici costituivano una delle maggiori fonti di riproduzione delle mosche.

Le malattie trasmesse dagli escrementi hanno avuto un picco di incidenza nell’esercito britannico du- rante la ritirata delle forze dell’Asse. Il motivo erano le condizioni insalubri in cui le truppe nemiche e gli in- digeni avevano lasciato i territori occupati. La diarrea del viaggiatore è sempre stata una causa importante di

morbilità e mortalità negli scenari di guerra, svolgendo un ruolo cruciale sia come forma endemica che epi- demica nelle campagne africane della Seconda guerra mondiale.

Si trova scritto in uno dei rapporti di igiene del Regno Unito: “Tuttavia, è stato incoraggiante osserva- re la differenza tra i servizi igienico-sanitari nemici e il tasso di dissenteria / diarrea rispetto ai nostri. Il nemi- co sembra non avere una concezione delle misure più elementari e ha un tasso di dissenteria / diarrea così più alto del nostro che si ritiene che le pessime condizioni fisiche delle sue truppe abbiano avuto un ruolo impor- tante nella recente vittoria a El Alamein” (2).

Come descritto da ufficiali medici prigionieri cat- turati dagli inglesi, si stima che il 40-50% delle truppe italo-tedesche soffrisse di diarrea durante il conflitto di El Alamein. Le buone norme di comportamento adottate dagli inglesi erano semplici ma efficaci, come la maggior attenzione nel pulire completamente lo sca- tolame e nel bruciare e smaltire sistematicamente tali rifiuti (2). Queste precauzioni hanno contribuito a ri- durre la trasmissione di malattie oro-fecali.

Anche la febbre tifoide era diffusa nell’Africa oc- cidentale, sia negli ospedali generali che negli ospedali per prigionieri di guerra. Vi furono due grandi epide- mie: la prima registrata nell’estate del 1941 e la secon- da nell’inverno del 1942. Il livello di endemicità era più alto tra le truppe e i prigionieri italo-tedeschi, pro- babilmente a causa di un vaccino T.A.B. meno efficace (2). Ne è prova il fatto che quando i prigionieri italiani e tedeschi furono vaccinati con il preparato inglese si è assistito ad una calo del livello di endemia della febbre tifoide stessa e il livello endemico è rimasto basso an- che in seguito.

La malaria, che nel 1942 era endemica nel Nord Africa, non rappresentò un problema per l’Ottava Armata. La diagnosi era semplice e, come descritto dall’ufficiale medico britannico Hunt, grazie al chini- no endovenoso, su oltre 1.000 pazienti ricoverati nella sua divisione nel Regno Unito non si registrò un solo decesso.

L’epatite rappresentò un’emergenza sanitaria per l’esercito britannico. All’epoca le conoscenze sui virus epatotropi e sulle loro caratteristiche eziopatogeneti- che erano molto scarse. Sembra che le epatiti a trasmis- sione orofecale siano state numericamente maggiori

La battaglia nelle battaglie: le malattie infettive sul fronte di El Alamein 61

rispetto a quelle a trasmissione ematica (quest’ultima favorita certamente dall’utilizzo massivo della medici- na trasfusionale), sebbene sia difficile oggi stabilire con certezza con quali proporzioni si manifestarono (4).

In conclusione si può affermare che la medicina preventiva abbia contribuito a determinare l’esito della battaglia di El Alamein.

Bibliografia

1. Fennell J. “Steel my soldiers’ hearts”: El Alamein Reapprai- sed. J Mil Strat Stud 2011; 14:1-31.

2. Gear H.S. Hygiene aspects of the El Alamein victory. Br Med J 1944; 1(4341):383-7.

3. Mellanby E. Medical research in wartime. Br Med J 1943; 2(4315):351-6.

4. Cullinan ER, King RC, Rivers JS. Prognosis of Infective He- patitis. Br Med J 1958; 1(5083):1315-7.

Corrispondenza: Emanuele Armocida

Scuola di Specializzazione in Medicina del Lavoro Università degli Studi di Parma, Parma

Una nota sul giovane Mantegazza

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