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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Foggia, Foggia

Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 187-189 © Mattioli 1885

M e d i c a l h u m a n i t i e s

È attualmente generalmente condivisa l’idea che la medicina si sia «disumanizzata» negli ultimi cin- quant’anni. Questo processo, da cui deriva la sfiducia dei pazienti ed il loro crescente risentimento, è legato a diverse cause, da più parti oggi citate:

• la preminenza attribuita al ragionamento scien- tifico rispetto al ragionamento clinico, basato anche sull’anamnesi e sull’esame obiettivo • l’accettazione, da parte della comunità medica, di

una verità fondata principalmente su prove sta- tistiche (e derivata dal ricorso improprio all’E- vidence Based Medicine), a detrimento della considerazione della singolarità di ogni paziente; • le difficili condizioni di lavoro dei professioni- sti della salute, prodotte dai tagli del personale, dai turni stressanti e dalla eccessiva «burocrati- cizzazione». Questi fattori limitano il tempo da dedicare al colloquio con il paziente e non sono favorevoli allo svolgersi di una comunicazione soddisfacente;

• il diffondersi del pensiero e delle pratiche «ma- nageriali» nei contesti sanitari, testimoniato per- sino dal linguaggio corrente riferito al contesto sanitario: L’Ospedale è diventato “Azienda”, il paziente “utente”;

• lo sviluppo di tecnologie per la diagnosi e la cura, che mantengono i professionisti lontani dal con- tatto con il corpo del paziente (1); la medicina è diventata “scienza tecnologica”, che fonda i suoi progressi sulle nuove indagini diagnostiche, sulla biotecnologia, sull’uso dell’informatica e di in- ternet. Il “sovraccarico tecnologico” la ha privata della sua dimensione umana ed ha soprattutto provocato un progressivo distacco del medico dal paziente.

Quasi per controbilanciare questa tendenza, si moltiplicano da tempo i tentativi finalizzati ad avvici- nare il medico ai pazienti, alle persone.

Questi tentativi si inscrivono nel quadro di una esplicita volontà di «re-umanizzare» la medicina, espressa da correnti di pensiero e tradotta in esperien- ze pratiche.

Saranno qui considerate quelle che concernono il mio campo di ricerca: la pedagogia medica.

La pedagogia medica si interessa alla formazio- ne dei futuri Medici (formazione iniziale), dei medici (Educazione Continua del Medico), ma anche dei pa- zienti, attraverso l’Educazione Terapeutica di Pazien- ti (ETP), che si rivolge prevalentemente alle persone affette da malattie croniche, affinché grazie all’acqui- sizione di competenze di autocura e psicosociali, di- ventino capaci di gestire quotidianamente la malattia, prevenirne le crisi e ritardarne le complicanze. (2). Si tratta di realizzare un “passaggio” al paziente di com- petenze mediche, attuato dal personale sanitario negli Ospedali e nelle strutture sanitarie del territorio (3).

Resa ufficiale e praticata sistematicamente nei Pa- esi del Nord Europa ed in tutti i Paesi anglosassoni, l’ETP non è nata, in realtà, solo dalla volontà di «uma- nizzare» la medicina. Di fatto, l’esponenziale crescita epidemiologica delle malattie croniche ha creato l’e- sigenza di rendere i pazienti autonomi nel gestire la/ le loro malattia/e, ma questa branca non si sarebbe mai sviluppata se i medici si fossero rifiutati di riconsidera- re il loro rapporto con il paziente, accettando di condi- videre con lui il loro sapere.

In questo senso l’ETP partecipa a pieno titolo al processo di «umanizzazione» della medicina.

Nella formazione del medico si possono identifi- care diverse innovazioni introdotte nei curricula e le-

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gate anch’esse al movimento di «umanizzazione» della medicina.

La più importante è l’insegnamento delle Medical

Humanities, avviato negli Stati Uniti ed ora diffuso in

tutte le scuole di medicina europee.

Le Medical Humanities gettano una luce diversa sulla scienza medica e sottolineano i valori che sono alla base della pratica della medicina.

Il loro scopo non è di dare una vernice cultura- le al corso di studi, ma di stimolare la riflessione sulla complessità della medicina e dell’individuo, contestua- lizzare, elaborare giudizi, partecipare al miglioramento della relazione terapeutica.

Si propongono di ridare importanza alla persona, evidenziandone le differenti parti costitutive, modella- te dai suoi valori, dalle sue rappresentazioni, dalla sua cultura, dalla sua formazione, dal suo entourage, dal suo statuto sociale e professionale.

Le discipline insegnate variano da una facoltà all’altra (psicologia, sociologia della salute, antropo- logia, storia della medicina, filosofia, etica, letteratura, musica, arti visive) (4-6); in tutte le sedi si riscontra, però, la mancanza di una «federazione» di tutti questi campi che potrebbe avvenire attorno a temi vicini alla pratica quotidiana del medico per dare una coerenza ed una coesione all’insegnamento, ma anche alla ricerca.

Nel campo della formazione del medico, il pro- cesso di “umanizzazione” della medicina viene realiz- zato anche attraverso la formazione alla comunicazio- ne medico-paziente, che si attua con le simulazioni di visite mediche (7). Se nei Paesi Europei queste attivi- tà si svolgono nel corso del curriculum solo da alcuni anni, negli USA, le visite mediche con i pazienti simu- lati (attori regolarmente retribuiti per giocare il ruolo di pazienti) fanno anche parte dei test degli esami di stato.

La formazione alla metodologia dell’ETP, che viene insegnata in diversi curricula, così come quella della medicina narrativa (8) partecipa al tentativo di sensibilizzare e sviluppare le capacità comunicative con il paziente: lo studente ha la possibilità di prendere atto che una nuova relazione deve instaurarsi nella prati- ca clinica, una relazione partecipativa, in cui ognuno ha un suo ruolo e riconosce quello dell’altro, ognuno concorre alla costruzione del sapere (co-costruzione), ognuno co-opera nei processi decisionali e nelle azioni

di cura (alleanza terapeutica), ed è co-responsabile del loro esito. Si tratta di una relazione che si basa sulla partnership tra curante e curato.

Una recente innovazione nella formazione del medico, infine, si inscrive nel processo di «umanizza- zione» della medicina: l’insegnamento impartito dai pazienti agli studenti del corso di studi. Intervengono per offrire una testimonianza delle loro condizioni, del rapporto che hanno con la malattia, con il dolore ma anche le implicazioni materiali, economiche e profes- sionali della malattia (9-11); sono «esperti nella propria esperienza di malattia»; un sapere «profano», diverso e rilevante, anche se non scientifico. Sono solitamente volontari, selezionati sulla base di diversi criteri: dura- ta della malattia, condizioni di salute stabili, distacco emotivo, capacità comunicative; inoltre non devono avere nulla da rivendicare né mettere in dubbio, quan- do si esprimono, le competenze del medico. Hanno un buon livello di health literacy, vengono formati per assicurare la qualità del loro contributo, e pagati; lo stesso paziente non interviene molte volte. Prima della lezione, il paziente narra la sua storia, individua con il docente gli aspetti complementari che possono essere appresi, seleziona con lui i contenuti «trasversali» a più tipi di pazienti ed individua i concetti principali.

Numerose revisioni della letteratura hanno evi- denziato i benefici della presenza dei pazienti nel contesto della formazione: gli studenti sviluppano le «collaborative skills», le abilità riflessive, le abilità di comunicazione, (i pazienti stessi spesso intervengono per esplicitare, dal loro punto di vista, le regole di una buona e attenta comunicazione). Si riduce il gap tra pratica e teoria. Inoltre, i docenti ed i professionisti sono indotti a riconoscere la prospettiva del pazien- te ed i pazienti sviluppano le loro conoscenze anche sui servizi assistenziali, accrescono la loro autostima e l’empowerment.

Così, il paziente, che viene educato dal medico (ETP), oggi lo educa a sua volta. Si tratta di una nuova tappa della Storia dell’Insegnamento della Medicina, della Storia della Medicina: il riconoscimento di un nuovo ruolo del paziente nella relazione con il medico; ma anche di una nuova istanza della Pedagogia Medi- ca: il “patient-oriented learning” (12).

È un risultato del fenomeno di empowerment del paziente, che partecipa oggi attivamente a diverse at-

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tività che hanno luogo nel sistema formativo (prende parte alla pianificazione di programmi, all’insegna- mento e alla valutazione) e sanitario (collabora alla pianificazione e alla conduzione di programmi di ETP, nella ricerca, nella gestione delle istituzioni assisten- ziali, nelle decisioni legislative) (13). È il risultato prodotto dal desiderio di riunire malati e curanti per rendere la medicina più “umana”.

Bibliografia

1. Albano MG, D’Ivernois JF. La problématique de la distance dans la formation des médecins. Pédagogie médicale 2016; 17:127-34.

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3. D’Ivernois JF, Gagnayre R. Apprendre à éduquer le patient. Paris: Maloine; 2016.

4. Armocida E, Nicoli Aldini N. Teaching and learning the Hi- story of Medicine in the university: some considerations after the students’ final exams. Med Histor 2018; 2:41-8. 5. Gensini GF, Conti A, Lippi D, Conti AA. Full Integration of

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12. Spencer J, Blackmore D, Heard S, McCrorie P, McHaffie D, Scherpbier A, Gupta TS, Singh K, Southgate L. Patient- oriented learning: a review of the role of the patient in the education of medical students. Med Educ 2000; 34:851-7. 13. Towle A, Bainbridge L, Godolphin W, Katz A, Kline C,

Lown B, Madularu I, Solomon P, Thistlethwaite J. Active patient involvement in the education of health professionals. Med Educ 2010; 44(1):64-74.

Corrispondenza: Maria Grazia Albano

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi di Foggia, Foggia

Arte e scienza. Speziali nell’umanizzazione delle cure

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