A.N.S.M.I Piemonte e Valle d’Aosta, Società Italiana di Storia della Medicina, Cultrice di Storia della Croce Rossa e della Me- dicina
Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 47-49 © Mattioli 1885
S t o r i a d e l l a s a n i t à p u b b l i c a
Prima e durante la Grande guerra una cinquanti- na di donne medico e farmaciste furono arruolate dalla Croce Rossa Italiana come ufficiali medici e ufficiali farmacisti e molte di loro transitarono alla Sanità Mi- litare per il periodo di servizio in zona di guerra, per periodi più o meno lunghi (1).
Finita la necessità militare, queste donne furono poste in congedo, alcune anche nel 1920, ma molte di loro continuarono a lavorare alle conseguenze della guerra sui militari e sulla popolazione civile come ad esempio la cura e la prevenzione della tubercolosi. La Croce Rossa Italiana partecipa attivamente, con perso- nale e sedi apposite, alla lotta alla tubercolosi durante e dopo la Prima guerra mondiale occupandosi prima dei militari e delle loro famiglie, poi della popolazione indigente.
Un resoconto pubblicato del Professor Cesare Ba- duel pubblicato nel 1928 ci informa del lavoro svolto dal 1917 al 1928 circa il contributo della Croce Rossa Italiana nella lotta contro la tubercolosi 1917-28 (2). Per prima cosa viene istituita presso il Comitato Cen- trale la Commissione per le Opere Antitubercolari. Nel 1917 l’impegno riguarda il ricovero e l’assistenza ai militari tubercolosi e alle loro famiglie, l’azione veniva esplicata attraverso sanatori, ospedali ed ospizi marini, asili scuola e scuole all’aperto, dispensari antituberco- lari, colonie profilattiche estive, oltre ai treni ospeda- le usati per il trasporto dei tubercolosi rientrati dalla prigionia: dal 1917 fino al 1919 furono gestiti 1370 posti letto e vennero ricoverati 15.893 tubercolosi. Nel 1919 su iniziativa della Croce Rossa Americana, viene organizzata a Cannes una conferenza durante la quale la Croce Rossa Americana, Inglese, Francese, Giappo-
nese ed Italiana decidono che sia opportuno dedicarsi ad opere di assistenza sociale in tempo di pace. Viene così istituita la Lega delle Società di Croce Rossa, cui aderiscono 56 Società Nazionali, che si pone proprio queste attività come fine (3).
Nel 1924 la Lega raccomanda alle 56 Società Na- zionali di intensificare la lotta alla tubercolosi con la formazione delle infermiere visitatrici e l’impianto di dispensari per la profilassi della tubercolosi.
Nel dopoguerra, quindi, la Croce Rossa Italiana apre e gestisce sanatori, come Cuasso al Monte (Va- rese), l’Eremo di Lanzo (Torino), il Cesare Battisti (Roma) ed altre istituzioni e attività quali la Colonia estiva attendata Baragazze e l’Ospizio Marino di Val- doltra (Trieste). Nel nostro Paese la Croce Rossa offre anche assistenza alla prima infanzia e ovviamente at- tende alla formazione del personale specializzato.
Tra i medici che si dedicarono alla lotta alla tu- bercolosi ha un ruolo importante Clelia Lollini (1, 4). Nata a Roma il 1° maggio 1890, muore a Tripoli il 24 novembre 1963. Figlia ultimogenita di Vittorio Lollini, avvocato e deputato socialista e di Elisa Lollini Agnini, femminista e giornalista, nel 1914 si laurea in medicina, e poi dall’ottobre 1917 al novembre 1918 è a Venezia, sottotenente medico e chirurga presso l’ospedale mili- tare SS. Giovanni e Paolo dove si occupa dei congelati. Quale giovanissima rappresentante italiana, partecipa al congresso della “Medical Women’s International As- sociation”, a New York nel 1919 con Angiola Borrino, Matilde Bonnet e Myra Carcupino Ferrari. Oggetto del Convegno di Igiene sociale indetto dalla YWCA è la lotta alla tubercolosi. Al ritorno lei stessa si scopre am- malata e dopo la cura, durante la quale studia la malattia
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e le terapie, si dedica completamente alla tisiologia. Nel 1921 fonda assieme a Myra Carcupino-Ferrari l’As- sociazione Italiana Donne Medico. Nel 1926 pubblica “Un centro sanatoriale in formazione a Cuasso al Mon- te” (5), istituto nel quale ha frattanto assunto il ruolo di assistente, poi dal 1930 al 1938 dirige il “Consorzio Antitubercolare di Massa”, quindi Clelia Lollini si tra- sferisce in Libia, allora colonia italiana, dove organizza il dispensario antitubercolare di Tripoli; l’arabo diviene così la sua quinta lingua. Per più di un ventennio si de- dica alla cura delle popolazioni del Nord Africa, sempre continuando a produrre articoli e monografie di buon livello scientifico. A Tripoli morì, per i postumi di un intervento agli occhi, nel 1963. Nell’articolo relativo al Centro Sanatoriale di Cuasso al Monte la studiosa rac- conta che, nel luogo scelto dalla Croce Rossa di Milano nel 1917, un tubercolosario iniziò a funzionare nel 1918 presso il Convento dei Cenobiti per ospitare un centina- io di ammalati di guerra (5). Nel settembre 1920 il nuo- vo sanatorio ospita 180 posti letto. La cura sanatoriale è “igienico-dietetica”: vita all’aria aperta in ambiente salu- bre, buona alimentazione, riposo alternato a moto e, in certi casi, a lavoro. Solo nel 6/7% dei casi la cura consiste in uno pneumotorace. Altra terapia è “la cura del lavo- ro”: suggerita dall’inglese Paterson, inizia con passeggia- te e poi piccoli lavori (sia quelli svolti prima del ricovero che di servizio alla struttura). In seguito viene fondata la Colonia-Scuola Agricola annessa al sanatorio che, in funzione fino al 1925, è finanziata dalla Croce Rossa di Milano e da altri donatori. Qui vengono proposte due ore di lavoro al giorno, poi scuola, studio e riposo; la dot- toressa Lollini figura come responsabile sanitaria di quel progetto. A Cuasso al Monte esiste ormai un gruppo di istituzioni sanatoriali: il sanatorio popolare della Croce Rossa, il sanatorio privato Villa Elios, la Colonia-Scuola Agricola, un ulteriore sanatorio all’epoca in fase di pro- getto, pensioni adibite a ricovero degli ammalati.
Accanto alla figura di Clelia Lollini occorre ricor- dare almeno le figure de “La Dottoressa” Anna Dado Saffiotti e di Elena Fambri.
Anna Dado, in Saffiotti, nasce a Mazara del Vallo il 26 novembre 1890 da Garibaldi Dado e Rosa Fiocchi. Muore a Mazara del Vallo il 7 febbraio 1982. Si laurea in medicina il 5 aprile 1916 e si arruola in Cro- ce Rossa il 29 aprile 1916 come sottotenente medico per l’ospedale da guerra n. 44 della Croce Rossa di Pa-
lermo che sarà allestito in Puglia (1). Nel 1920 segue un corso come ufficiale sanitario presso l’Università di Palermo e nello stesso anno, vinto il concorso, diviene Ufficiale Sanitario del Comune di Mazara del Vallo, incarico che manterrà fino al pensionamento nel 1964. Sposa Vincenzo Saffiotti, farmacista facente parte del- lo staff dell’ospedale da guerra e conosciuto durante il servizio presso quel nosocomio. Anna Dado rimane vedova dopo la nascita del sesto figliolo, tuttavia con il suo lavoro porterà tutti i figli alla laurea.
Elena Fambri, figlia del “fu” Paolo (o Paulo) e di Rita Levi, nasce a Venezia l’8 luglio 1886 e frequenta la facoltà di medicina prima a Padova e poi a Roma dove si laurea il 24 luglio 1912 (1). Nel 1915 è stata assistente presso la Clinica psichiatrica dell’Università di Modena, diretta dal Professor Arturo Donaggio. Si arruola a Venezia l’8 luglio del 1915 con il numero di matricola 24. Riceve la Croce di Guerra per il servizio prestato presso l’ospedale n. 235, situato a Gradisca e gestito dalla Sesta compagnia di Sanità di Bologna. Igienista, fonda con Ettore Levi l’Istituto per l’igiene, la previdenza e l’assistenza (IPAS). Questo istituto fu amministrato dalla Cassa Nazionale per le Assicura- zioni Sociali, poi sostituita nel 1933 dall’Istituto Na- zionale Fascista della Previdenza Sociale. I compiti di detta istituzione erano la “propaganda, consultazione, coordinamento e studio sulle cause degli evitabili dan- ni sociali, sui danni morali e soprattutto economici agli individui e alla comunità”. Ricchissima la sua produ- zione sia di testi che di altri supporti didattici per la diffusione dell’igiene nelle case e nei posti di lavoro, tra questi la serie di “Guida per il maestro – l’insegna- mento dell’igiene nella scuola elementare”. Tali pub- blicazioni si rivolgevano, appunto, ai maestri in consi- derazione del fatto che l’igiene, con la riforma Gentile, era diventata materia obbligatoria nella scuola. La dot- toressa Fambri, che fu inoltre docente presso la scuola per infermiere e assistenti sanitarie visitatrici, dedicò decisamente la sua vita alla divulgazione dell’igiene.
Concludendo, dopo l’impegno durante la guerra alle donne laureate si propongono attività giudicate più consone come la pediatria o l’igiene, nelle quali peral- tro queste pioniere eccelleranno. La brevità dello spazio concesso in questi atti non consente di citare le tante altre professioniste che si dedicarono a questa carriera.
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Bibliografia
1. Branca E. Dottoresse al fronte? La C.R.I. e le donne medico nella Grande Guerra: Anna Dado Saffiotti e le altre. Torino: Associazione Nazionale Sanità Militare Italiana; 2015. 2. Baduel C. Il contributo della Croce Rossa Italiana nella lotta
contro la Tubercolosi 1917-1928. Roma: Croce Rossa Italia- na; 1928.
3. Baduel C. Croce Rossa. In: Enciclopedia Italiana. Roma: Isti- tuto della Enciclopedia Italiana; 1931.
4. Mori S. Clelia Lollini. In: Enciclopedia delle donne. Edizio-
ne online. (http://www.enciclopediadelledonne.it/ biografie/ clelia-lollini/)
5. Lollini C. Un centro sanatoriale in formazione a Cuasso al Monte; 1926.
Corrispondenza: Elena Branca
A.N.S.M.I Piemonte e Valle d’Aosta Società Italiana di Storia della Medicina E-mail: [email protected]