Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita, Università degli Studi dell’Insubria, Varese
Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1:62-64 © Mattioli 1885
S t o r i a d e l l a s a n i t à p u b b l i c a
È da pochi mesi in libreria una nuova edizione del volume “La mia mamma” di Paolo Mantegazza, libretto apparso a Milano nel 1876 e dimenticato nel tempo (1), tornato oggi a nostra disposizione con due ampie introduzioni di Gianna Parri e Massimo Rossi (2). Vogliamo riferirci ad esso per riprendere a parla- re di Mantegazza qui a Monza, considerando che la nostra storiografia non sembra essere stata sempre at- tenta a questo straordinario scienziato, tanto popolare tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (3). A noi interessa considerare i primi anni di attività del Mantegazza, quelli impegnati nei viaggi di conoscenza in paesi lontani, in dialogo costante con l’allora amico Cesare Lombroso (4), quando molti dei suoi interessi di ricerca erano sostanzialmente concentrati sulle te- matiche di prevenzione ed igiene.
L’uomo quarantacinquenne che scriveva della mamma (5), nel 1876 era già a Firenze, capitale del regno, a ricoprire la cattedra di Antropologia nell’I- stituto superiore di studi pratici e di perfezionamen- to, ma non si era staccato dal suo prolifico compito di scrittore di igiene, che concepiva come un insieme di regole e stile di vita dei singoli individui, senza trascu- rare l’importanza degli interventi di sanità pubblica.
Di certo il giovane Mantegazza vide l’esempio di impegno sociale e preventivo di Laura Solera che fondò in Milano, nel 1850, il Pio Istituto per bambini lattanti e slattati, ausilio alle madri operaie che dove- vano allattare conciliando il loro tempo con il lavoro dell’officina.
L’opera pedagogica della mamma aveva già agito sulle inclinazioni del figlio giovinetto, se di lei scrive “studiò la chimica, perché nella mia adolescenza era la mia scienza prediletta e tradusse da sola un volume della “Chimica” di Dumas, e le famose lettere chimi-
che di Liebig, per poter leggere e studiare meglio quei libri”.
E l’uomo adulto, ripercorrendo gli anni infanti- li, vedeva l’efficacia di una pedagogia moderna, arte che doveva educare già in famiglia a superare i dog- mi, prima del compito delle scuole “Se le madri però adempissero tutte, mediocremente almeno, al com- pito dell’educazione del cuore, rimarrebbe al maestro la missione più facile [...] Nell’educare però nessun maestro, per quanto dotto a insegnare, potrà mai so- stituirsi tutto alla madre”. Ecco una inequivocabile di- chiarazione a fondamento del modello materno, che fu sprone nel grande sforzo che Mantegazza compì lun- go tutta la sua vita per la divulgazione dei principi di educazione igienica e preventiva alle famiglie. Ricor- do qui il fortunato periodico “Igea. Giornale d’igiene e medicina preventiva”, fondato con Gemello Gorini nel 1862, per essere insieme un giornale scientifico e di divulgazione, pubblicato fino al 1873, quando mutò nome nel giornale “Il medico di casa”. Nei primi anni di consolidamento della carriera accademica di Man- tegazza, già molto fertile di iniziative, la popolarità crebbe nel 1864 con il volume “Elementi d’igiene”, che ebbe numerose edizioni successive, presentandosi come un libro che “potesse essere letto dai medici e dai profani dell’arte”. Seguì pochi anni dopo la collana dei suoi “Almanacchi” igienico popolari, avviati nel 1866 e pubblicati regolarmente fino al 1905, maggiore esem- pio di strumento divulgativo, avvicinabile “dall’operaio, dal contadino, da qualunque uomo che sapesse legge- re e avesse la mente sana”. Il carattere popolare della pubblicazione favoriva la circolazione in strati larghi di pubblico e la capacità dello scrittore, che si esprimeva con uno stile piano, sapeva arricchire un discorso di divulgazione scientifica con gli ingredienti necessari a
Una nota sul giovane Mantegazza 63
rendere la lettura piacevole: citazioni, divagazioni, os- servazioni e ricordi di viaggio. Questa iniziativa rese davvero popolare il nome di Mantegazza e ne fece cer- tamente il medico più letto dal grande pubblico italia- no del suo tempo, cui si rivolgeva regolarmente ogni anno con multiforme attenzione. La “ricerca fisiologi- ca”, sulla quale poggiava le sue parole convincenti per i lettori, non era sempre inserita in una rigorosa visione scientifica ed indugiava piuttosto a frasi moraleggian- ti, precetti e consigli di buon senso comune, capaci di essere immediatamente ascoltati. I volumetti, apparsi presso diversi editori e talvolta con il titolo “Enciclo- pedia igienica”, presentavano una varietà di argomenti e precetti per una vita sana sotto il profilo fisico insie- me a quelli di una vita ordinata moralmente Anche il popolare “Dizionario d’igiene per le famiglie”, scritto nel 1881 in collaborazione con Neera (Anna Radius Zuccari, 1846-1918), rispondeva alla stessa esigenza di educazione igienica preventiva.
Mantegazza fu dunque efficace divulgatore dell’I- giene, convinto che i medici dovessero porsi come “apostoli del benessere sociale, educatori delle nuove generazioni”, come lo era stata la madre a protezione dell’infanzia più debole. Agì in continuazione dell’e- sempio materno allargando il suo messaggio, con la si- curezza delle proprie dottrine scientifiche, per fornire regole igieniche e per diffondere nelle classi medie le norme di un vivere sano, in cui si contemperassero e si ottimizzassero il piacere ed il lavoro, contrastando costumi insalubri e pregiudizi ancora correnti nelle abitudini della gente.
Quando poi la medicina lavorava all’indagine sulla natura femminile per concludere che l’inferiorità della donna era legata a realtà biologiche e non a condizio- namenti sociali o culturali (6), il Mantegazza fecondo divulgatore di temi medici, igienistici ed antropologici nel 1891 apriva il volume “Fisiologia della donna” con una immaginifica dedica: “Alle figlie di Eva ora angeli ed ora demoni ora schiave ed ora tiranne ora adorate sugli altari ora calpestate nel fango sperando che un giorno sien chiamate soltanto la metà perfetta dell’uo- mo perfetto”. Non vedeva la donna come immodifi- cabilmente inferiore all’uomo, la riteneva privilegiata nelle peculiarità affettive e notava in lei la forza di un vincolo più stretto ed immediato con la natura. Con- fessava di non possedere chiavi certe di interpretazione
e consegnava ad un capitolo del libro un’antologia di frammenti sulla donna, raccolti da pensatori di ogni parte del mondo e dallo “studio della natura”. Nel- le prime pagine era icastico: la donna è stata studiata poco e studiata male. Apprezzabile era la sua inten- zione di confutare l’ampia letteratura misogina e di- mostrare, con slanci più lirici che scientifici, la sterilità di molti giudizi correnti, alcuni dei quali penetravano nei parlamenti o montavano in cattedra per affermare una minorità della donna. Tuttavia, era ancora in fasce lo studio di una biologia comparata che mettesse in chiaro le differenze fisiologiche e lo stesso Mantegazza doveva accontentarsi di un rifugio temporaneo nella autorevolezza delle affermazioni che si ripetevano da un trattato all’altro (7). Sicché non mancò talvolta di scivolare egli stesso in uno dei deragliamenti comuni a molti esponenti della scienza medica di allora, che affermava una minorità della donna, con espressioni di palese confessione di un intendere di maschio. Cercava tuttavia di non inciampare troppo nelle idee di inferio- rità che correvano allora e si affacciava con una men- talità sociale aggiornata quando, scrivendo della donna nelle gerarchie sociali e nelle proiezioni dell’avvenire, ammetteva che le si potesse aprire la strada verso certi impieghi borghesi. Era forse il tentativo di svincolarsi dai lacci del dettato fisiologico o forse l’intento di non dimenticare l’opera della madre, che aveva dato avvio al cammino verso l’emancipazione femminile con la fondazione in Milano nel 1870 della prima scuola pro- fessionale femminile.
Laura Solera fu dunque guida indiscussa per il giovane Mantegazza, che di lei ha scritto nel suo diario “conserverò sempre un’eterna gratitudine alla mia buo- na mamma; giacchè io, nell’essere fisico, intellettuale e morale sento di essere formato dalle sue cure, dal suo ingegno e dal suo cuore” (8).
Bibliografia
1. Armocida G. “La mia mamma” di Paolo Mantegazza. Il Ron- dò 1992:55-75.
2. Mantegazza P. La mia mamma. Laura Solera Mantegazza. Germignaga: Magazzeno Storico Verbanese - La Compagnia de’ Bindoni; 2018.
3. Armocida G, Rigo GS. Mantegazza Paolo. Dizionario Bio- grafico degli Italiani, vol. LXIX. Roma: 2007:172-5.
I. Gorini
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4. Armocida G, Tavani M. Otto lettere di Cesare Lombroso a Paolo Mantegazza (1858-1866). Rivista di Storia della Me- dicina, 2004; XIV ns (XXXV), 1-2:63-70.
5. Laura Solera morì a sessanta anni, il 15 settembre 1873 alla Sabbioncella sul Lago Maggiore.
6. Armocida G. Donne naturalmente. Discussioni scientifiche ottocentesche intorno alle “naturali” disuguaglianze tra ma- schi e femmine. Milano: Franco Angeli; 2011.
7. Armocida G, Gorini I. Di buoni costumi. Ragionamenti storico-medici intorno all’Eros. Milano: Juvence Historica; 2018.
8. Cianfriglia F. Paolo Mantegazza “poligamo di molte scienze” (1831-1910): animazione e organizzazione culturale, divul- gazione scientifica e attività politico-istituzionale nell’Italia postunitaria. Tesi di dottorato a.a. 2006-2007:11
Corrispondenza: Ilaria Gorini
Dipartimento di Biotecnologie e Scienze della Vita Università degli Studi dell’Insubria, Varese E-mail: [email protected]