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Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Catania, Catania

Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 184-186 © Mattioli 1885

M e d i c a l h u m a n i t i e s

Il principio del “Consenso informato” che suppor- ta la liceità di un atto medico consacra al tempo stesso il concetto dell’autonomia e della autodeterminazione decisionale del paziente che necessita e richiede una prestazione medico chirurgica. Questo concetto giu- ridico del consenso informato rappresenta un concetto nuovo e al tempo stesso, per alcuni aspetti, non recente (1).

Già fra gli antichi Egizi e dopo, nella civiltà gre- ca e poi romana, si ritrovano documenti che attestano come l’operato del medico avesse in qualche modo l’e- sigenza di una qualche approvazione preliminare del malato. Nella storia della medicina ed in seguito nel campo della Bioetica medica, attraverso vari esempi ed una significativa rielaborazione dottrinale del rap- porto medico-paziente, si è giunti nella nostra epoca moderna, da Norimberga, 1946, in poi, ad un nuovo concetto dell’atto medico richiesto ed accettato da un paziente, che ha rivoluzionato per sempre, la plurimil- lenaria concezione unilaterale e paternalistica del me- dico, per lasciare spazio al nuovo rapporto fra medico e paziente (2), con le sue implicazioni anche bioetiche, e si è reso necessario, ineludibilmente, la scoperta di uno spazio di valori condivisi, a sostegno di una nuova alle- anza medico paziente e di una non più procrastinabile umanizzazione della medicina, di fronte allo strapotere della tecnologia nelle scelte diagnostiche e decisiona- li. Alcune testimonianze sulla tematica del consenso informato, possono già ricondursi al filosofo greco Platone (Leggi, IV) che al riguardo di alcuni aspet- ti dell’operato dei medici nel suo tempo, sottolineava che a curare la malattia degli uomini liberi è il medico libero, che deve predisporre il malato ad una opera di convincimento.

Platone metteva in relazione la pratica dell’infor- mazione e del consenso con lo status di un malato defi- nito libero. In precedenza Ippocrate aveva sottolineato per il medico la necessità di ottenere la collaborazio- ne del paziente. Nella storia del consenso informato significativo risulta ricordare un episodio riguardante Alessandro Magno, ferito gravemente durante la sua vittoriosa avanzata in Asia. Il medico militare, Filip- po di Acarnania, al seguito del condottiero macedone, chiese ed ottenne dall’imperatore, l’autorizzazione ad attuare su di lui le cure del caso, illustrandogli anche gli eventuali rischi. Critobulo, altro medico al segui- to di Alessandro, dopo la battaglia di Mallia, in India, fu anch’egli costretto a seguire l’esempio di Filippo di Acarnania, per ottenere il consenso dell’imperatore, per estrarre la punta di una freccia dal corpo dell’il- lustre paziente. Comunque, in questi episodi citati, il rapporto medico-paziente si correlava ad individui di rango e di potere. Da Ippocrate in poi, il rapporto tra medico e paziente si basa, principalmente, su due cri- teri: il dovere del medico di operare solo per il bene del malato, e l’obbligo di quest’ultimo di accettare passi- vamente ogni decisione adottata dal medico, e questa visione, si trasmise in Medicina, anche con l’avvento del Cristianesimo, periodo in cui il ruolo del medico continuò ad essere di tipo “paternalistico”. La fase pa- ternalistica del rapporto medico-paziente, risulta es- sersi trasmessa fino al XX secolo. A Norimberga, il 19 dicembre 1946, dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e l’obbrobrio dei campi nazisti di sterminio, dove i medici nazisti, avevano agito con feroce crudeltà nel condurre spietati ed atroci esperimenti, su indifesi soggetti, ebrei per la maggior parte, i seguaci della dot- trina del “Menghelismo, da Mengele, spietato medico

La storia del consenso informato e le sue implicazioni in Bioetica 185

nazista, furono, finalmente, processati e condannati. Nella famosa sentenza emanata nell’ottobre del 1947, i giudici delle nazioni vincitrici, incorporarono un importante documento, noto come il “Codice di No- rimberga”, contenente principi e regole per condurre esperimenti clinici sui malati, ed i diritti fondamentali di questi ultimi a darne il consenso informato.

Quindi, in relazione alle sole sperimentazioni su- gli esseri umani, fu affermata, finalmente, la ineludibile necessità etica del consenso e della autorizzazione con- divisa del soggetto malato su ogni esperimento clinico condotto sulla propria persona.

È necessario, per verità storica, ricordare anche una direttiva del ministro degli interni prussiano, del 1891, che stabiliva la sperimentazione del trattamento della tubercolosi con tubercolina effettuata su carcerati, solo con il loro consenso. La storia del consenso in- formato risulta costellata da numerosi casi correlati al nascente diritto dei malati in relazione al loro consenso da esprimere su ogni azione medica. Ricordiamo il caso Slater, del 1767, caratterizzato da un episodio di errato intervento di due ortopedici, Baker e Stapleton, i quali si accorsero, (3) con ritardo, della guarigione parziale di una frattura della gamba del paziente, e presero la decisione, senza informare Slater, di fratturargli nuo- vamente la gamba, per una più corretta riduzione della frattura. La condanna dei giudici, per i due medici or- topedici, venne motivata con la mancata informazione del paziente. Un altro processo, basato sulle stesse con- clusioni, riguarda, nel 1871, il caso Carpenter. I primi anni del 1900 vedono crescere di numero le decisioni giurisprudenziali che rafforzano la necessità dell’ac- quisizione del consenso informato del paziente, e la condanna dei medici che lo avevano omesso (4). Nel 1905, la signora Mohr, operata per otite all’orecchio destro, dal dott. Williams, denunciò il medico, per non essere stata informata anche dell’intervento chirurgico a carico dell’orecchio sinistro. Il caso più famoso nella storia del consenso informato riguarda Martin Salgo, nel 1957, il quale per una aortografia translombare, rimase paralizzato agli arti inferiori, perché il medico non lo aveva informato del possibile rischio collatera- le, che purtroppo, si avverò. Con la sentenza sul caso Martin Salgo, i giudici statunitensi sottolinearono, sulla scia giurisprudenziale già avviata, la necessità e l’obbligo del medico di informare il paziente per otte-

nere il suo consenso informato. Anche il caso Cooper, nel 1971, riguarda una sentenza basata sulla motiva- zione che il consenso informato deve essere l’obiettivo principale del medico nel suo rapporto con il paziente. All’inizio degli anni Novanta, in Italia si fa strada una linea giurisprudenziale e dottrinale del consenso infor- mato, (4) che trova il suo culmine con la sentenza di condanna per il reato di omicidio preterintenzionale emessa dalla Corte di Assise di Firenze, il 18 ottobre 1990 e confermata dalla V sezione della Cassazione penale n. 699 del 21 aprile 1992, nei confronti del chi- rurgo Prof. Massimo, che aveva operato una paziente anziana per un intervento chirurgico di tipo addomi- nale, senza informarla in maniera esauriente e comple- ta. La comunicazione fra medico e paziente, dopo una millenaria alleanza, (6) di tipo paternalistico, è entrata in crisi, sfociando nella cosiddetta “medicina difensiva” che ha reso progressivamente diffidenti i medici, (7) che hanno reagito in modo a volte conflittuale (8) con i pazienti. La comunicazione medico-paziente deve essere ristabilita con una nuova alleanza terapeutica, (9) basata su un nuovo rapporto di fiducia, imperniato, sicuramente, sul rispetto dei diritti del paziente, garan- titi dal consenso informato e sulla umanizzazione della Medicina, per rendere i medici sempre più disponibili a svolgere un ruolo attivo e più umano che possa essere supportato anche dai principi della moderna Bioetica Medica.

Bibliografia

1. Agrimi J, Cristiani C. Malato, medico e medicina nel Medio- evo. Torino: Loescher Editore; 1980.

2. Bilancetti M. Le conseguenze di rilevanza penale e civile del consenso invalido. Il consenso informato: un continente an- cora da esplorare. Riv Ital Med Legale 2003; 6:946-53. 3. Christianson W, Sherman M. The history of patient consent

in the United States. Regulatory Affairs 1990; 40.

4. Dalla Vorgia P, Lascaratos J, Skiadas P, Garanis-Papadatos P. Is consent in medicine a concept only of modern times? J Med Ethics 2001; 27(1):59-61.

5. Faden A, Beauchamp S. A history and theory of informed consent. New York: Oxford University Press; 1986.

6. Feola T, Antignani P, Durante C, Spalletta M. Consenso in- formato. Torino: Ed Minerva Medica; 2001.

7. Kour NW, Rauf A. Informed patient consent - Histori- cal perspective and clinician’s view. Singapore Med J 1992; 33:44-6.

I. Vecchio

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8. Lascaratos J, Dalla Vorgia P. The disease of Alexander The Great in Cilicia. Int J Risk Safety Med 1998; 11:65-8. 9. Nelson-Marten P, Rich BA. A Historical perspective of

informed consent in clinical practice and research. Semin Oncol Nurs 1999; 15(2):81-8.

10. Shorter E. The troubled history of doctors and patients. New York: Simon and Shuster Ed.; 1985.

Corrispondenza: Ignazio Vecchio

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi di Catania, Catania E-mail: [email protected]

Insegnamento e “umanizzazione” della Medicina

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