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Direttore Generale di CPA, Associazione produttori principi attivi farmaceutici, Presidente di Anemocyte Srl (biotech company)

Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 89-90 © Mattioli 1885

S t o r i a d e l f a r m a c o

Le origini dell’alchimia, termine coniato nel pe- riodo ellenistico egizio per descrivere un complesso di conoscenze pratiche, filosofiche ed esoteriche, sembre- rebbero trovare fondamento nello sciamanesimo degli antichi popoli della regione dei Monti Altai nel sud della Siberia.

Gli sciamani, con la loro perfetta conoscenza delle piante, delle radici, dei frutti e dei funghi, furono i pri- mi ad utilizzare i vegetali per curare le malattie umane.

L’antichissimo sapere e l’affinamento dell’uso del- le tecniche delle “acque distillate” li portò ad isolare i principi fitoterapici conferendo ai “preparati” una maggiore efficacia.

Con il passare dei secoli le conoscenze sciamani- che si diffusero gradualmente nelle aree geografiche limitrofe quali la Cina e l’India e successivamente al mondo medio orientale ed egizio.

Con l’ellenizzazione dell’Egitto, i Greci, e più tar- di i Romani, assimilarono tale sapere pratico adattan- dolo al loro pensiero filosofico-scientifico.

Il massimo splendore dell’alchimia è comunque legato al mondo islamico e soprattutto al califfo Ha- rum al-Rashid (786-809 d.C.), detto l’Illuminato.

Il califfo fu, infatti, il promotore della prima “Casa della Sapienza” pensata per favorire la riunione di tutte le conoscenze dei popoli appartenenti al califfato.

L’iniziativa ottenne un esteso successo richiaman- do, nel perfetto spirito di tolleranza e mecenatismo, “saggi” di ogni provenienza culturale e religiosa del mondo. Il primo passo di Harum al-Rashid, per re- alizzare la propria idea, consistette nel trasferimento della capitale del califfato dalla siriana Damasco alla irachena Bagdad, mentre il secondo fu la costituzione delle più grandi e ricche biblioteche del mondo islami-

co culle di centri di studio e università pubbliche. Con l’espansione islamica nel sud della Spagna, negli ultimi secoli del I millennio d.C., la cultura scientifica araba, nella quale l’astronomia, l’astrologia e l’alchimia avevano un riconoscimento significativo, incominciò la propria diffusione in tutto l’Occidente europeo.

L’integrazione sociale tra occupati ed occupanti avvenne nel completo rispetto della diversità di am- bedue le popolazioni innescando un proficuo travaso delle conoscenze e l’insorgere dell’interesse di molti a tradurre, dall’arabo al latino, le opere dei più grandi “scienziati” islamici.

L’alchimia, in tal modo, si affermò libera da ogni condanna e pregiudizio religioso allontanando da sé l’ombra della “magia” anche se all’epoca il termine non aveva la medesima accezione di oggi.

Nel tardo Medioevo, con l’invenzione della stam- pa, gli scritti alchemici cominciarono ad acquisire sempre maggiore notorietà e ad entrare nelle più im- portanti corti europee lasciando gli “scriptorium” e gli scaffali delle biblioteche dei monasteri.

La Chiesa cattolica cercò da subito di ostacolar- ne la diffusione con la bolla papale, “Spondite pariter”, emanata da Giovanni XXII, nel 1317, contro l’alchimia e coloro che la praticavano in quanto accusati di eresia.

L’accusa fu una minaccia reale, ma non fu mai un ostacolo alla divulgazione delle scienze alchemiche an- che se l’istituzionalizzazione attraverso gli studi uni- versitari, come sapere degno di essere insegnato, non avvenne mai. I nobili e i signori la incoraggiavano e la finanziavano spesso di nascosto sperando, soprattutto, nel ritorno economico che le ricerche avrebbero potuto portare loro.

M. Fumagalli

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Firenze fu uno dei maggiori centri di tale visione e Cosimo I de’ Medici (1517-1574), al fine di rendere la Toscana libera dalle influenze del potere temporale dei Papi e diventare lui stesso il mecenate del rifiorire della cultura rinascimentale, promosse la traduzione e la riproduzione, prima in latino e poi in volgare, del “Corpus Alchemico” d’Ermete Trismegisto.

Ciò fu l’origine della fusione tra l’antica “arte” e l’emergente capacità produttiva artigianale fiorentina.

Con l’affermazione delle tecniche di distillazione, cristallizzazione, calcinazione e sublimazione il prin- cipio alchemico “Solve e Coagula” divenne il sistema per produrre le “quintessenze” dei corpi fino ad allora ottenute in modo imperfetto.

La medicina galenica e delle acque distillate, dopo secoli e secoli di assoluto dominio, incominciò il suo declino a fronte di una visione medico farmacologica più moderna e precorritrice del pensiero paracelsiano.

L’unione tra la dottrina alchemica dell’“elisir” e le nuove pratiche di preparazione indussero i “medici spe- ziali” ad usare l’acqua ardente, l’alcool e anche l’arcana “quintessenza” per confezionare “medicamenti” più ef- ficaci e qualitativamente superiori a quelli disponibili. Un ulteriore cambiamento della nuova tendenza farma- cologica avvenne a cavallo tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo quando cominciò ad affermarsi l’uso dei preparati spagirici ovvero quei preparati che seguivano il principio paracelsiano “spao e agheiro” – dividi e riunisci – per identificare preparati minerali purificati.

È proprio con il pensiero di Paracelso, pseudo- nimo latino del più “bombastico” Teofrasto Bombast von Honheim, che le scienze “medico spagiriche” ac- quisirono una nota rivoluzionaria e coraggiosa trasfor- mando la concezione antica in una visione interamente innovativa e da lui stesso immaginata: la “iatrochimica” ovvero l’arte medica e chimica al servizio della salute degli uomini.

Paracelso può essere considerato, quindi, lo spar- tiacque tra il buon uso delle conoscenze alchemiche e la medicina-farmaceutica basata sulla “chimica” dei sali inorganici.

Dall’arte, definita dall’abate Johann Tritemius come un qualcosa di “absconditum”, ovvero un sapere “nascosto”, l’alchimia conquistò con la visione paracel- siana un ruolo di “proto scienza farmaceutica” e, se si vuole, anticipatrice della chimica farmaceutica del XIX secolo.

L’alchimia della trasmutazione dei vili metalli in oro con il Rinascimento poco per volta acquisì sempre più un significato esoterico entrando a far parte di quel- le conoscenze filosofiche dei diversi ordini massonici.

Per concludere citerei una frase apparsa nell’opera “Teatro farmaceutico spagirico” del medico napoleta- no Giuseppe Donzelli che esaltò la “spagiria” asseren- do, presso i medici della sua epoca, che i medicamenti chimici se “posti in opera con giusto modo, misura e tempo” avrebbero prodotto “effetti meravigliosi” e di- chiarò che “gli oppositori della Chimica vivono sì per- fidamente ostinati in quella loro ignoranza che hanno in ludibrio l’istessa verità e latrano infruttuosamente allo splendore della Luna mentre dai loro latrati non si ritarda il corso né si offende il lume di quella”.

Bibliografia

1. Fumagalli M. Dizionario di Alchimia e di Chimica Farma- ceutica Antiquaria. Dalla ricerca dell’Oro Filosofale all’Arte Spagirica di Paracelso. Roma: Edizione Mediterranee; 2000. 2. Fumagalli M. Imago sapientiae. Roma: Edizione Mediter-

ranee; 2018.

3. Carbonelli G. Sulle fonti storiche dell’alchimia in Italia. Roma: Ist. Serono; 1926.

4. Donzelli G. Il Teatro Farmaceutico dogmatico spagirico. Ve- nezia: Stamperia; 1696.

Corrispondenza: Marcello Fumagalli Direttore Generale di CPA,

Associazione produttori principi attivi farmaceutici Presidente di Anemocyte Srl (biotech company) E-mail: marcello.fumagalli@cpa-italy.org

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