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1 Dipartimento di Medicina e Chirurgia. Università degli Studi di Milano-Bicocca, Monza; 2SC Medicina del Lavoro, Azienda

Socio-Sanitaria Territoriale di Lecco

Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 150-152 © Mattioli 1885

S t o r i a d e l l a M e d i c i n a d e l L a v o r o

Introduzione

Nel 1972 vennero istituiti i primi due Servizi di Medicina del Lavoro Ospedalieri. Nasce così il “mo- dello lombardo” di prevenzione negli ambienti di la- voro che prevede la collocazione di servizi specialistici di medicina del lavoro, di laboratorio tossicologico e di igiene industriale, all’interno degli ospedali provincia- li. Bergamo e Lecco vennero identificati per primi, in quanto posti al centro di comprensori ad alta densità di rischi lavorativi con necessità di supporto specialistico.

Successivamente venne istituita la UOOML di Desio (1977), seguita da Milano I.C.P. (1978), Varese (1980), Cremona (1981), Sesto S.G. (1984, oggi chiu- sa), Pavia e Brescia (1987), Milano CEMOC (1989, oggi chiusa), Garbagnate (2001), Monza, Milano Ospedale Sacco e Milano Ospedale San Paolo (2016).

La denominazione di Unità Operative Ospedalie- re di Medicina del Lavoro (UOOML) è curiosamen- te sopravvissuta fino ad oggi, resistendo ai numerosi mutamenti delle organizzazioni sanitarie regionali e ospedaliere in particolare. Venne definita infatti, du- rante un periodo storico complesso, per identificare la volontà regionale di supportare tutte le componenti del contesto lavorativo, senza preclusioni o distinzioni os- sia rivolgendosi ai servizi territoriali di prevenzione, ai lavoratori, ai sindacati e ovviamente anche alle aziende, così come alle ulteriori organizzazioni ed enti.

Per comprendere la bontà del “modello” è neces- sario analizzare però il contesto iniziale e l’evoluzio- ne storica, con uno sguardo più attento ai momenti di svolta e alle possibili evoluzioni future.

Le origini

Negli anni Settanta la disciplina della Medicina del Lavoro aveva sostenuto le spinte verso il decentra- mento regionale, ritenuto opportuno per contrastare l’inefficacia dell’organizzazione governativa accentrata e verticale. Negli stessi anni il movimento sindacale promuoveva la “lotta di classe”, che prevedeva la “cen- tralità della classe operaia” e pertanto era molto forte la sensibilità sui temi della “lotta per salute nella fabbri- ca” e la conseguente prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali.

Su quest’onda nel 1970, con la legge 300, venne promulgato lo Statuto dei lavoratori. Due anni dopo, in Lombardia, la legge regionale n. 37 del 5.12.1972 isti- tuì 131 Consigli Sanitari di Zona (CSZ), che si confi- guravano come aggregazioni di comuni dotati di veri e propri organi politici per la promozione e la gestione degli interventi sanitari della comunità, ivi compresa la “salute nella fabbrica”. I CSZ divennero, quindi, luoghi privilegiati di dibattito sia in ambito medico-scientifico, che sindacale e politico. Si trattò di una vera e propria “rivoluzione” che tentava la via sperimentale di una sa- nità pubblica partecipata, realizzata grazie alla spinta introdotta proprio dallo Statuto dei lavoratori.

Nell’ambito dei CSZ e dei Servizi Medicina Am- biente Lavoro (SMAL), cioè ambiti territoriali cui era deputata la prevenzione delle malattie da lavoro, si concretizzava il rapporto diretto con il sindacato, gli operai e le direzioni aziendali.

Il sindacato, da parte sua, aveva sviluppato un mo- dello rivendicativo che prevedeva un “ruolo autonomo

Un’esperienza lombarda. Nascita e sviluppo delle UOOML 151

ed esclusivo dei lavoratori riguardo ai problemi della protezione della salute dei lavoratori nella fabbrica”. Il punto chiave si riassumeva nel “rifiuto della delega” che portava ad indicare la “soggettività operaia” e i “grup- pi omogenei di lavorazione/rischio” come modello da affiancare o eventualmente contrapporre ai pareri de- gli esperti, anche se basati su metodi scientifici quali il monitoraggio ambientale o biologico. Questo approc- cio era stato sperimentato e successivamente teorizza- to a partire dalle lotte sindacali nelle Fucine Breda di Sesto San Giovanni e nella Montedison di Castellan- za (1968-1970), dove gli operai, si erano schierati in contrasto con le indagini della Clinica del Lavoro di Milano e dei medici di fabbrica, iniziando studi au- tonomi sulle esposizioni e le conseguenti malattie. Le conoscenze acquisite avevano permesso di spingersi fino a contestare la validità dei TLV e a mettere in di- scussione le conoscenze specialistiche degli “esperti”. Il consiglio di fabbrica o l’assemblea di gruppo omoge- neo, quale organo democratico, sovrano e decisionale della volontà dei lavoratori di una determinata azienda, dovevano validare sempre il parere degli esperti, anche in ottemperanza al principio del “rifiuto della delega”. Ovviamente, nelle realtà più periferiche e caratteriz- zate da scontri meno aspri, prevaleva il modello col- laborativo tra sindacato, esperti e direzione aziendale, mediato da SMAL e CSZ.

Le prime UOOML vennero fondate proprio nel 1972, ponendo all’interno della “fabbrica della salute” (ospedale) i medici specialisti e tecnici della medicina del lavoro. Il “modello” lombardo identificava le UO- OML come secondo livello di un sistema integrato territoriale di prevenzione.

Le aziende si rivolgevano ai CSZ/SMAL che occupavano il primo livello e, se necessario, venivano chiamate in causa le UOOML per l’assistenza specia- listica ambulatoriale e di laboratorio. Al terzo livello, le cliniche universitarie di medicina del lavoro, forniva- no le corsie per i lavoratori malati e le strutture super- specialistiche, immerse nell’ambiente multidisciplinare necessario per affrontare le tematiche emergenti dal variegato tessuto industriale e agricolo lombardo. La struttura a livelli non era definita su un piano gerar- chico, bensì di collaborazione ed integrazione, dove l’ospedale (UOOML) e le università venivano spinte a operare per curare e prevenire le patologie professionali.

A conferma di quanto citato è necessario notare che le UOOML erano convenzionate in modo esclu- sivo e gratuito con i CSZ, proprio per garantire la mas- sima collaborazione.

La delibera regionale III/50765 del 16.4.1985 de- finiva così le prestazioni delle UOOML:

• Supporto e consulenza nell’ambito della tutela della salute nei luoghi di lavoro, anche con inda- gini di comparto;

• Prestazioni clinico-specialistiche ai fini di pre- venzione, diagnosi, cura, reinserimento; • Prestazioni di monitoraggio biologico-ambien-

tale nell’ambito della medicina e dell’igiene del lavoro;

• Sorveglianza sanitaria degli esposti a rischio sul- la base della programmazione degli interventi; • Indagini epidemiologiche nel settore specialisti-

co della medicina del lavoro; • Studio dei fattori ergonomici.

Nell’ambito delle funzioni, definite sempre dalla stessa delibera, figuravano:

• Integrazione specialistica polifunzionale del- le attività dei servizi e presidi delle USSL nel campo delle malattie collegate in modo diretto o indiretto al lavoro;

• Prestazione mediche e igienistiche;

• Formazione degli operatori medici e tecnici già in attività;

• Ricerca applicata alle esigenze emergenti dai ba- cini di utenza o dai progetti regionali;

• Funzioni operative di norma su richiesta degli enti responsabili dei servizi di zona e dagli stessi economicamente garantite;

• Collegamenti regionali per raccordo ed indi- rizzo.

A riprova della validità del modello collaborati- vo va citato il numero di indagini comuni effettuate in collaborazione tra primo livello (CSZ-SMAL-USL- UOTSLL) e secondo livello (UOOML) fino al 1997, pari a oltre 1000 e distribuite su tutte le province.

I tempi attuali

Le UOOML si sono mostrate efficaci anche suc- cessivamente all’avvento delle numerose normative di

G. De Vito, M. Belingheri, M. Marinelli, et al.

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riordino delle tematiche della sicurezza, quali il D.Lgs. 626/1994 e il D.Lgs.81/2008.

In particolare, i testi unici sopracitati hanno, al- meno inizialmente, aumentato esponenzialmente la domanda di conoscenze specialistiche e necessità di la- boratori super partes. Anche le sfide determinate dalla diminuzione dei rischi tradizionali e la comparsa delle basse dosi, hanno agito più come uno stimolo scienti- fico a rispondere a problematiche complesse, piuttosto che a suggerire il ridimensionamento delle strutture ospedaliere. Assistiamo, infatti, alla comparsa di nuovi rischi che si affiancano ai precedenti e che richiedono approcci integrati.

L’atto legislativo regionale più recente è stato det- tato proprio dalla necessità di rispondere alle richie- ste dovute alla sempre maggior complessità dei temi di prevenzione e sicurezza. La Regione Lombardia ha infatti favorito la massima integrazione delle strutture mediante la costituzione della “Rete delle UOOML”, ratificata con Deliberazione Regione Lombardia X/6359 del 20.3.2017, ai sensi della Legge Regionale 11.08.2015 n. 23. Con l’avvento della “Rete” è stato istituito un tavolo tecnico di coordinamento costante che consente di definire metodi comuni, economie di scala ed eventuali proposte di sviluppo.

Conclusioni

L’istituzione della “Rete” ha permesso di supe- rare la struttura a tre livelli inglobando le università,

in quanto le cliniche universitarie in molte realtà già coincidevano con le UOOML. Il “nuovo modello” di prevenzione lombardo, è figlio dell’evoluzione storica che è stata ricordata nei passaggi precedenti. Esso non può essere considerato un mero cambiamento, ma solo un’evoluzione, in quanto basato sul medesimo princi- pio di collaborazione volontaria e facilitata tra struttu- re che ha visto le UOOML protagoniste per quasi 50 anni. Il punto di forza è sempre lo stesso, il rapporto paritetico tra gli enti territoriali per fornire un servizio specialistico nell’ambito della medicina del lavoro.

Bibliografia

1. Cirla AM, Feltrin G. Un modello di “Occupational, Envi- romental and Community Medicine”. Storia e evoluzione del-le Unità Operative Ospedaliere di Medicina del Lavo- ro (UOOML) in Lombardia. G Ital Med Lav Erg 1998; 20:172-181.

2. Grieco A, Scotti PG, Foà V, Merluzzi F, Sala C, Zedda S, Bertazzi PA. Modello di strutturazione territoriale integrata dei servizi di medicina del lavoro. Med Lav 1976; 67:240-60. 3. Maccacaro GA. L’uso di classe della medicina. Modena,

25.02.1972.

4. Zedda S, Cirla AM, Sala C. Medicina del Lavoro e territorio. Milano: Mazzotta Editore; 1977.

Corrispondenza: Giovanni De Vito

Dipartimento di Medicina e Chirurgia

Università degli Studi di Milano-Bicocca, Monza E-mail: giovanni.devito@unimib.it

L’evoluzione della prevenzione nei luoghi di lavoro: da un

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