Museo Martinitt e Stelline, Milano; 2Amici del Trivulzio Onlus, Milano
Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 31-33 © Mattioli 1885
S t o r i a d e l l a s a n i t à p u b b l i c a
Il Settecento rappresentò per la Lombardia “au- striaca” un periodo di grandi riforme, in un contesto storico in cui si assistette – sulla spinta delle idee illu- ministiche – a trasformazioni in ambito politico, eco- nomico, culturale, scientifico e sociale, con una costante interrelazione fra i diversi ambiti, favorita da un fervore intellettuale, grazie all’azione riformatrice di matrice te- resiana. Le riforme coinvolsero il sistema amministrati- vo ed economico (che concentrava le direzioni politiche e finanziarie del Regno), il sistema giudiziario, l’istru- zione, la sanità e la beneficenza, con una sempre mag- giore attenzione all’aspetto culturale, grazie ad una par- tecipazione attiva degli intellettuali alla vita pubblica.
Grazie alle riforme e alla politica di Maria Teresa, volte alla creazione di uno Stato moderno, burocrati- co e accentrato, grandi furono i benefici per la città di Milano, che ebbe modo di riprendersi dai colpi subiti in passato.
In questo contesto, importanti furono anche le riforme che coinvolsero il mondo scientifico ed uni- versitario, in una fase in cui le profonde trasformazio- ni che la storia stava operando portavano a sostanziali cambiamenti anche nel campo della medicina, pronta ad adeguarsi ai nuovi schemi dottrinali.
Si assisteva ad un intreccio fra politica e nuove idee della scienza, con un reciproco interscambio ed influenzamento.
La medicina assunse così un ruolo “sociale”, por- tando allo sviluppo del concetto che la tutela della sa- lute dei cittadini fosse compito di ogni buon governo, attento al bene del paese. In Lombardia si assistette ad una riforma dell’organizzazione sanitaria e degli studi medici, ad un’attenzione verso l’igiene e la politica sa- nitaria. La medicina non ebbe più solo il compito di
curare il malato, ma anche quello di guidare i gover- ni nelle scelte di “polizia medica”, intesa come “arte di difesa della salute”: si iniziò a parlare di prevenzione, di igiene, di salubrità degli ambienti, di alimentazione.
Nel campo della Medicina si assistette ad una vera rivoluzione, che vide la “riabilitazione” dell’atto chirur- gico, acquisendo una sua autonomia ed una propria dignità anche nel mondo accademico.
Nacquero nuove specializzazioni, si sviluppò il ruolo della prevenzione e della medicina sociale, con il fine di superare il freno della malattia al progresso dei popoli. La medicina milanese si aprì così alla novi- tà delle regole per un vivere salubre, della misurazione della qualità dell’aria e degli alimenti e Milano seppe trarne stimolo per il rinnovamento di molte sue strut- ture politiche e sociali.
In questo contesto, Milano e la Lombardia furono animati da grandi nomi di medici e chirurghi, spin- ti ad aggiornare le proprie idee, adattando la pratica professionale al clima sociale e scientifico che si stava rinnovando.
Con le riforme della Lombardia austriaca di metà Settecento, si assistette ad un graduale trasferimento sotto il controllo statale delle istituzioni di ricovero, at- traverso una riorganizzazione del sistema assistenziale, finora affidato alla carità e alla beneficenza, verso un sistema volto a garantire un controllo sociale, anche nel campo dell’assistenza sanitaria.
La riforma delle istituzioni sanitarie e di assisten- za risentì dell’approccio scientifico, governato dal ruo- lo assunto dall’autorità della medicina, sempre più at- tenta a conservare la salute, operando nei luoghi delle grandi concentrazioni di uomini contro gli errori delle vecchie istituzioni.
C. Cenedella, M. Zanobio
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Il medico si affiancò così al legislatore e al tecnico anche nella realizzazione dei luoghi destinati ad acco- gliere il malato.
Ed anche il Pio Albergo Trivulzio, sorto nel 1771 in forza delle disposizioni testamentarie del principe Antonio Tolomeo Trivulzio, fu parte attiva in questo processo di trasformazione, come testimonia il “Primo Regolamento capitolarmente stabilito pel buon gover- no del Pio Albergo Trivulzi”, che nel 1791 affrontò in modo puntuale l’organizzazione dell’Istituto, che da luogo di profondo significato sociale si distinse anche per la cura delle patologie croniche, tenute spesso ai margini degli interessi degli ospedali dell’epoca.
Il Pio Albergo Trivulzio fu così esempio di quell’intreccio fra politica dell’assistenza e della prov- videnza e attenzione alla salute, promossa da una me- dicina in fase di aggiornamento dottrinale, di fronte alle innovazioni portate dal progresso scientifico.
La lettura del richiamato Primo regolamento ci consente di comprendere l’organizzazione della vita all’interno dell’Istituto: dall’ammissione al ricovero al trasporto in infermeria per la pulizia e per dotare la persona di biancheria e vestiario, dal tipo di vitto all’organizzazione della giornata, che prevedeva atti- vità lavorative all’interno dell’Istituto per le persone sane, dall’assistenza medica a quella farmaceutica. Le norme contenute nel Regolamento dimostrano un’at- tenzione verso il problema della cronicità, con una sen- sibilità nuova rispetto al passato, laddove gli ospedali erano soliti dedicarsi al campo delle malattie acute.
Il Regolamento del 1791 rappresenta un punto di svolta, seguito alle riforme degli anni Ottanta del secolo, volute da Giuseppe II, che spinsero nella dire- zione di una trasformazione radicale, per l’affermazio- ne di un completo controllo statale sui luoghi pii: nel 1784 vennero sciolti i Capitoli dei deputati, composti da ecclesiastici ed esponenti del patriziato cittadino, e vennero dati pieni poteri alla nuova Giunta per le Pie Fondazioni, attraverso l’attività di amministrato- ri di nomina regia. A ciò seguirono le soppressioni di numerosi enti e ricoveri, la cui ridotta capacità di ac- coglienza, unitamente a una farraginosa gestione eco- nomica, rendeva gli stessi ormai inadeguati.
L’intervento del sovrano nell’assetto degli enti as- sistenziali non costituiva una semplice riorganizzazio- ne amministrativa; esso, invece, coinvolgeva ed esauto-
rava l’attività delle due sfere di potere che sino ad allora avevano gestito i luoghi pii: la Chiesa da un lato e il patriziato cittadino dall’altro.
Gli interventi giuseppini disposero anche la con- centrazione di tutti i luoghi assistenziali in quattro ordini distinti: ospedali, orfanotrofi e istituti di edu- cazione, luoghi pii elemosinieri, ricoveri per vecchi e incurabili. Laddove mancavano, vennero create ap- posite strutture, come la Pia Casa degli Incurabili di Abbiategrasso e la Casa di Lavoro Volontario, fondate entrambe nel 1784.
Il ricovero di Abbiategrasso, in particolare, fu il primo esempio di ospedale per cronici e lungodegen- ti; collocato nel soppresso convento di S. Chiara, ri- strutturato dall’architetto viennese Leopold Pollack: la pia casa accolse disabili, storpi, mutilati e coloro che, affetti “da male schiffoso”, si trovavano privi di mezzi di sostentamento ed erano costretti alla mendicità. I primi ricoverati, infatti, vennero raccolti dalle strade cittadine, mentre altri pervennero dalle corsie dell’O- spedale Maggiore e dal Pio Albergo Trivulzio, che sino ad allora li avevano ospitati. I mendicanti di profes- sione, invece, abili al lavoro, venivano dirottati vero la casa di lavoro volontario di Milano, collocata nei locali del soppresso ospedale di S. Vincenzo in Prato presso Porta Ticinese: la sconveniente folla dei mendichi che deturpava il decoro delle vie cittadine avrebbe trovato così una “razionale” collocazione e ciò avrebbe contri- buito a risolvere contemporaneamente problemi socia- li e di ordine pubblico. In virtù della nascita dei nuovi enti specializzati, risale a questo periodo la trasforma- zione del ricovero voluto dal principe Trivulzio, che lo avrebbe in seguito qualificato esclusivamente come ospizio per vecchi.
Le riforme radicali nella direzione e nell’ammini- strazione degli istituti assistenziali e benefici volute da Giuseppe II ebbero vita relativamente breve: nel 1791 il fratello Leopoldo II sanciva nuovamente la presenza dei Capitoli dei deputati, composti dal clero e dal pa- triziato cittadino, a capo dei luoghi pii.
Nello stesso anno, con la dettagliata esposizione dell’operato di monsignor Daverio, regio economo, esecutore testamentario del principe Trivulzio e regio amministratore del luogo pio, si chiudeva apparen- temente un’epoca densa di continui riforme tendenti a conferire un impianto sempre più pubblicistico nel
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campo dell’assistenza. In quell’anno il Capitolo dei deputati approvava il primo regolamento di gestione del luogo pio, basato sulla concreta esperienza del ven- tennio precedente. Non sembra esagerato affermare che questo primo regolamento rappresenta in un certo senso una sintesi dell’ideologia riformista del secolo.
Al testamento stesso, la cui conoscenza risultava essenziale per l’esatto adempimento delle volontà del Trivulzio, i deputati avevano fatto seguire alcune brevi notizie storiche, articolando poi il testo del regolamen- to in 31 capitoli, che prendevano in esame ogni aspetto della vita amministrativa, economica e socio-sanitaria del luogo pio, a cominciare delle attribuzioni conferite al consiglio di amministrazione. Seguiva il complesso delle norme relative all’accoglienza e al trattamento dei poveri, che costituiva una parte importante nella strut-
tura del regolamento stesso, anche se quella principale era occupata dalla dettagliata descrizione dell’organico del personale al completo, con la specifica delle fun- zioni e dei compiti per ciascuna figura, sulla scia delle riforme dei sovrani che avevano inteso creare, non solo a livello governativo ma anche nei singoli enti, appa- rati amministrativi moderni. Anche il regolamento del Trivulzio, come quello di altri enti assistenziali voluti o riformati per volere imperiale, fu sottoposto all’attento vaglio di Vienna, che lo approvò definitivamente.
Corrispondenza: Cristina Cenedella
Museo Martinitt e Stelline, Milano